I grani antichi
Il profumo e il gusto del pane caldo al mattino è un piacere che riesco a concedermi almeno un paio di volte a settimana. E da brava siciliana, per impastarlo, uso ormai solo farine e semole da grani che vengono definiti “antichi” (in realtà erano coltivati fino al secolo scorso). Il mio preferito è il Perciasacchi che ho scoperto essere niente meno che il fratello gemello del famoso grano nord americano commercializzato come Kamut e considerato un super food. Infatti, le mie pagnotte sono morbidissime e profumate, nutrienti ma leggere. È solo suggestione o davvero questi grani sono più buoni?
Pane con farine di grani antichi: la qualità è indiscutibile
La qualità è indiscutibile, come mi spiegano Giuseppe e Francesco Sammartino, due amici coltivatori e mugnai che a Caltagirone gestiscono lo storico Molino Crisafulli. «Sono biologici in maniera naturale: le spighe sono altissime e hanno un apparato radicale profondo, per questo combattono da sole le erbe infestanti e non c’è alcun bisogno di antiparassitari e diserbanti».
A giugno, quando ho partecipato alla mietitura, oltre a passeggiare incantata tra spighe scurissime alte quanto me che frusciavano al vento, ho assaggiato i chicchi direttamente dalle piante: sono morbidi dentro, croccanti fuori e sanno già di pane. Quello buono fatto come una volta, intendo. «La macinatura tradizionale garantisce che tutti i nutrienti siano preservati» mi spiegano Giuseppe e Francesco mostrandomi due moderne macine a pietra riservate a queste moliture speciali. «Per questo la farina è anche più saporita e proteica».
L’indice glicemico è più basso
L’indice glicemico, poi, è più basso. «La struttura glutinica di questi grani è più semplice e l’intestino li digerisce meglio» spiega Simona Santini, nutrizionista. «Prevengono le infiammazioni e per questo andrebbero privilegiati anche da chi non ha problemi intestinali. E hanno anche un indice glicemico più basso che li rende adatti pure ai diabetici». A supporto ci sono gli studi scientifici, come quello della Fondazione Policlinico Gemelli di Roma: i pazienti con sintomi da colon irritabile, come diarrea e meteorismo (quindi sensibili al glutine sebbene non celiaci), nutriti con prodotti da grani antichi hanno registrato una riduzione di tutti i problemi. Ecco perché anche mio marito, che spesso ha problemi intestinali, mangia a cuor leggero le mie pagnotte di Margherito, la varietà gemella del più famoso Senatore Cappelli, e non ha gonfiori né pesantezza. Lo stesso quando gli propongo la pasta artigianale a base di Russello, altra varietà tradizionale siciliana, più adatta per la pasta. O i dolci impastati con Majorca o Romano, uniche opzioni di grano tenero siciliano.
La riscoperta di varietà di grano dimenticate
Dove abito io posso vedere i campi da cui viene il grano che finisce sulla mia tavola e comprare i prodotti al mulino che garantisce tutta la filiera. Ma chi non può, come fa a essere certo di provenienza e autenticità? Qui mi aiuta Giuseppe Li Rosi, fondatore di Simenza, associazione di agricoltori custodi dei grani siciliani che ha reso possibile la riscoperta di varietà dimenticate e puntato sul “grano evolutivo”. È quello coltivato mixando migliaia di sementi diverse in modo che le spighe, crescendo insieme, si difendano e proteggano l’una l’altra.
Il 19% degli italiani ha aumentato il consumo di pane ottenuto da farine di grani antichi e il 18% da farine macinate a pietra
(dati Associazione industriali mugnai d’Italia)
«Stiamo ricostruendo le filiere, mettendo in rete coltivatori e trasformatori e speriamo di arrivare presto alle certificazioni. Nel frattempo, il consumatore può verificare la dicitura bio, perché questi grani vengono coltivati solo così. Poi, oltre alla scritta “grani antichi siciliani” deve cercare il nome della varietà. E non valgono diciture come “Grano duro tipo Perciasacchi”. O è Perciasacchi o non lo è». Ma la dritta più preziosa è quella con la quale Li Rosi mi saluta dopo l’intervista: «Comunque tutta l’Italia è piena di varietà tradizionali e pregiate che pian piano vengono riscoperte e valorizzate. In Toscana, Veneto, Emilia… Basta cercare quella più vicina a casa nostra e andare a trovare coltivatori e mugnai».
Grani siciliani, direttamente dal campo alla tavola
“Adotta un raccolto” è l’iniziativa di Petra per portare i grani custoditi in Sicilia nella cucina contemporanea. In pratica, pastifici pizzaioli e cuochi che adottano un raccolto ricevono la farina macinata in un molino realizzato appositamente per la macinazione di piccoli lotti di grano. Qui arrivano dal campo in sacchi che portano già il nome di chi riceverà la farina.
E chi non impasta per lavoro? Può acquistare su farinapetra.it le pregiate farine biologiche a marchio Petra da grani siciliani. Sono due: la varietà Majorca (si chiama 0202), dolce aromatica e perfetta per frolle o torte, e la varietà evolutiva (0201) ideale per pane e pizza. Quest’ultima deriva da grani che nel tempo si sono adattati a clima e ambiente diventando resistenti in maniera naturale a malattie e infestanti.