Se lo guardi dall’alto, Varese Ligure, nell’Alta Val di Vara, nel cuore della provincia più green d’Italia (La Spezia, dove oltre l’80% del territorio è coperto da boschi), ti colpisce per 2 cose: i colori, un mare verde punteggiato dal viola dei fiori dell’erba medica, e la forma, che ricorda il simbolo dell’euro. «Ma il benessere e la “fama” questo borgo se li è dovuti conquistare nel tempo, con fatica, forza di volontà e inventiva».
L’inventiva, o meglio l’intuizione geniale, a cui si riferisce il sindaco Gian Carlo Lucchetti, è quella che negli anni ’90 hanno avuto l’allora primo cittadino Maurizio Caranza, uomo coraggioso e visionario, e la sua vice, e assessore all’Ambiente, Michela Marcone. «Il borgo stava morendo: c’erano solo anziani e un po’ di agricoltura di sussistenza. Niente di più. È allora, nel 1996, che con Maurizio abbiamo deciso di provarci, di scommettere sul biologico» racconta Michela, con la stessa emozione di quei tempi, nonostante siano passati più di 20 anni.
Il primo Comune d’Europa sostenibile al 100%
Era una scommessa azzardata, difficile da vincere, perché all’epoca parole come biologico e sostenibilità erano quasi sconosciute. «Non è stato facile convincere gli anziani: erano stanchi e spaventati dalla troppa burocrazia. Ma, pur di non vedere scomparire il loro borgo, si sono fidati e lasciati guidare in questa trasformazione» continua Marcone. A prenderli per mano, con pazienza, amore e talento, ci hanno pensato Maurizio e Michela. «Nonostante lo scetticismo di alcuni, in poco tempo siamo riusciti a invertire la rotta e molte aziende sono diventate bio» dice Michela con un sorriso soddisfatto e fiero. E di motivi per essere orgogliosa ne ha molti. Perché nel 1999 Varese Ligure diventa il primo Comune in Europa a ottenere la certificazione ambientale ISO 14001: insomma, il primo Comune 100% sostenibile. Un grande successo che, come spesso succede, fa da apripista. «Le buone pratiche sono contagiose» scherza il sindaco Lucchetti.
E infatti dopo il riconoscimento di Bruxelles, “l’onda bio” non si arresta: nasce il Biodistretto Val di Vara (www.biodistrettovaldivara.it), che comprende 7 Comuni (Varese Ligure, Maissana, Carro, Carrodano, Zignago, Sesta Godano e Rocchetta Vara) e riunisce 95 delle 98 aziende del territorio, il 60% della superficie agricola utile diventa bio, le stalle e i piccoli alberghi riprendono a funzionare, gli anziani tornano a sorridere e i giovani a lavorare e ad appassionarsi a questa terra, tanto aspra quanto bella.
A farlo sono soprattutto le ragazze. «Il 70% delle imprese agricole oggi è gestito da donne» conferma il sindaco. Il motivo? «In lavori del genere la forza fisica conta, certo, ma sono più importanti pazienza, cura, attenzione. E noi donne, si sa, in questo siamo imbattibili» dice Cristina Adelmi, 45 anni, di Varese Ligure, che di cura ne sa qualcosa visto quella che ci mette tutte le mattine, alle 7 in punto, per mungere le sue 12 mucche. «D’estate la sveglia suona un po’ prima perché gli animali sono in quella che io chiamo la “residenza estiva”, in cima al monte, dove c’è più fresco e la qualità dell’erba è migliore».
E dove è più facile rispettare il distanziamento sociale, così lo definiscono in modo scherzoso, tipico degli allevamenti estensivi (l’opposto di quelli intensivi), in cui ogni mucca deve avere almeno un ettaro di terreno a disposizione. Tante piccole attenzioni necessarie a ottenere la certificazione bio, ma soprattutto a rendere quel latte unico. «Ogni volta che ne bevo un sorso resto stupita dal suo sapore, incredibilmente buono» racconta Sabina Molinari, 41 anni, anche lei proprietaria di un’azienda agricola con mucche da latte bio.
Buono come lo sono i formaggi in cui quel latte viene trasformato dalla Cooperativa casearia di cui Sabina è socia: conta su 18 stalle e 100 quintali di latte alla settimana. «Il mio preferito? Lo stagionato di Vàise, che in ligure sta per Varese» dice Sabina. Ugualmente saporita e unica è la birra “Bio per caso” che Elisa Lavagnino, 38 anni, di Tavarone, ex ricercatrice di ingegneria, produce nel birrificio che ha aperto recuperando gli spazi dove i suoi nonni facevano vini e spume (www.tavernadelvara.it). «Ho 500 piante di luppolo che coltivo senza concimi chimici ma solo con il letame dei nostri cavalli, e per fare la birra bio utilizzo il fiore fresco della pianta. Il risultato? Una bionda chiara, fresca, con sentori floreali. Squisita d’estate» conclude.
Nell’Alta Val di Vara l’entusiasmo per il biologico continua ad aumentare. Lo dimostra il +25% di aziende nate negli ultimi 4-5 anni, molte delle quali gestite da under 40
L’Alta Val di Vara non è un’eccellenza solo per il bio, ma anche per la sostenibilità ambientale. «Da anni abbiamo 4 pale eoliche, a cui dovrebbe aggiungersene un’altra, che forniscono l’energia elettrica alle case di Varese Ligure, sul palazzo del Comune e la scuola ci sono i pannelli fotovoltaici, la mensa scolastica serve solo pasti a km zero e biologici, tutta l’illuminazione delle strade è a led e abbiamo appena installato 6 colonnine per la ricarica delle auto elettriche» racconta soddisfatto il sindaco. Tante piccole grandi iniziative che dimostrano come la scommessa iniziale sia stata vinta.
«Questo paese era agonizzante, invece eccoci ancora qui. Per farcela siamo stati cocciuti» dice Cristina Marcone. E hanno avuto coraggio, aggiungiamo noi. Proprio come quello di Elisa Filipelli, 26 anni, e di sua sorella Alice, 24, di Scuratbò, le ultime 2 ragazze che hanno deciso di investire in questa terra. La prima allevando mucche da carne bio (di pomeriggio perché al mattino fa la postina), la seconda aprendo un’azienda di frutti rossi (600 piantine in tutto tra lamponi, ribes, mirtilli)che sta ottenendo la certificazione bio.