Ci sono film che ti rimangono dentro, anche dopo che sei uscita dal cinema e la storia si è conclusa. Non servono finali tragici o storie lontane dalla realtà, personaggi che trasmettono emozioni destinate ad incastrarsi in qualche parte di noi. È il caso di La Vita Accanto, il nuovo film di Marco Tullio Giordana al cinema dal 22 agosto in tutte le sale italiane. Racconta di Rebecca (Beatrice Barison), una ragazza “segnata”: da una macchia sul viso, da una famiglia schiacciata da mille ipocrisie borghesi, da una vita che la vuole ubbidiente e senza pretese. Eppure grazie alla musica, per la quale ha un talento innato, coltivato grazie alla zia pianista (Sonia Bergamasco), riesce a ribaltare la situazione. A raccontarsi come vuole, a cambiare il suo destino, a lasciare un segno.

La potenza delle emozioni trasmesse da ogni personaggio colpisce come un tuono e l’idea che quelle storie, quei segreti e quei rancori non siano reali, siano contenuti in qualche ora di rappresentazione fittizia e che li dobbiamo poi abbandonare, sembra quasi contro natura. È proprio per la forza incredibile con cui Rebecca si è imposta che si fa fatica a non vederla in Beatrice Barison, mentre si accomoda per una chiacchierata di qualche minuto. Insieme, parliamo di cosa vuol dire diventare grandi con la musica come alleata e maestra, ma anche di sfide, curiosità, scelte di vita che aprono strade inaspettate. 

La vita accanto: l’esordio di Beatrice Barison 

Abito Paul Smith, foto di Alessandro Treves

Non si direbbe, ma La Vita Accanto è il suo debutto come attrice. L’energia di Beatrice la rende naturalmente magnetica, perfetta per i riflettori ai quali è già abituata in quanto concertista. Accompagnata – mai nascosta – dal pianoforte, ha cominciato a suonare a 8 anni e non ha più smesso: a 18 si è diplomata al Conservatorio, a 27 ha ottenuto il diploma di Alta Formazione all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma e dal 2020 insegna. Da anni viaggia per l’Europa grazie alle sue esibizioni, senza farsi mancare una laurea in economia e ora anche l’esordio da attrice. 

«Non si direbbe vedendo il mio curriculum, ma in realtà sono molto curiosa, mi piace buttarmi!», scherza Beatrice raccontando il suo arrivo inaspettato su un set così importante. «La musica è sempre stata parte di me, non è stata una sorpresa aver preso la scelta di continuare a studiare e poi renderla un lavoro. Ho iniziato da bambina, fa parte di me, ora sono quattro giorni che non suono e mi manca da morire!». 

La musica, il pianoforte e tutte le altre passioni 

Abito Paul Smith, foto di Alessandro Treves

Tra Conservatorio, Accademia e concerti, Beatrice ha anche cominciato l’università. Ha scelto la facoltà di Economia, che le ha consentito di poter frequentare le lezioni senza troppe rinunce e di avere una formazione completa. «Poi così la mamma sa cosa rispondere alla domanda su cosa faccio, che dire alle amiche ‘concertista’ è un po’ complesso», scherza sempre lei. Il pianoforte è un alleato, un protagonista, ma non è mai totalizzante nella sua vita: «La musica è il motore della mia esistenza, di questo sono certa, ma non ho paura di lanciarmi in altre sfide». 

Per questo la chiamata di Marco Tullio Giordana l’ha colta di sorpresa, ma non l’ha colta impreparata. «Non avevo mai pensato di poter fare l’attrice, mi sentivo impacciata e imbarazzata. Però ho detto, perché non provare?», racconta Barison.

Beatrice Barison, la perfetta Rebecca 

Per rappresentare Rebecca – che proprio grazie alla musica trova il modo non solo di conoscersi ma di esprimersi – non si poteva scegliere un’attrice estranea al mondo della musica. «Non è facile imitare i movimenti e penso sia ancora più difficile imparare la mimica facciale. Chi suona interpreta naturalmente la musica, spesso quando suono faccio espressioni che nella vita non farei mai: mi riguardo e mi chiedo cosa stessi facendo», ride Beatrice, «ma è così che si sente ogni nota: con il cuore – prima – le dita e l’intero corpo poi». 

Accanto a lei, oltre a Giordana, un cast pieno di nomi importanti: Sonia Bergamasco, Valentina Bellè, Paolo Pierobon. «Io i primi giorni ero davvero spaventata, ma mi hanno messo tutti a mio agio», racconta Beatrice. «Paradossalmente, le scene che ho vissuto con più ansia erano quelle dove dovevo suonare: volevo essere perfetta – ero stata scelta per questo – e non deludere nessuno». 

Beatrice Barison: entusiasmo, curiosità e voglia di migliorarsi

Ce l’ha fatta, è evidente: in La vita accanto, più che un’esordiente, sembra una professionista che non ha niente da invidiare ai grandi nomi che le sfilano accanto. «Sono contenta di essermi buttata perché ho scoperto nel cinema tante affinità con la musica: da concertista sono scesa a patti con il fatto che ho tutti gli occhi puntati su di me, sono al centro dell’attenzione anche se accompagnata dal pianoforte. Certo, la macchina da presa è molto più invasiva, ma ti impone di tirare fuori le tue emozioni e farle sentire al pubblico, che è quello che cerco di fare anche quando suono». 

Suonare e recitare non sono che due modalità di espressione diverse che – se vissute con curiosità e intelligenza – possono arricchirsi a vicenda. «Recitare mi ha sicuramente fatto crescere, come persona e come concertista. Anche solo essere stata all’altezza della fiducia del regista e del cast mi ha arricchita: più sicura di me stessa, perché ho superato una sfida. Ho più fiducia nelle mie capacità», racconta Beatrice. «Ho imparato tanto da ognuno degli attori del cast – che anche solo con uno sguardo mi aiutavano a calarmi nella parte e a mettere da parte la paura – ma anche da Rebecca». 

Lo scambio tra Beatrice e Rebecca

Non è un personaggio semplice, infatti, quello al centro del film. Rebecca vive gli anni della formazione, del passaggio dall’innocenza all’adolescenza e della consapevolezza che il mondo (prima a casa e poi fuori) è pieno di segreti, pericoli, ipocrisie. Ma anche di cose bellissime, come l’amicizia tra donne che permette di abbattere i muri e mostrarsi vulnerabili, la musica che permette di guardare il mondo attraverso una lente diversa, l’amore della mamma, imperfetto eppure insostituibile. 

«Tra me e Rebecca c’è stato uno scambio molto profondo. Come lei, attraverso il pianoforte riesco ad esprimermi. Anche se posso apparire timida quando suono trovo la forza per lasciarmi andare completamente», spiega Beatrice. «Insieme a lei ho imparato che a volte mostrarsi sicuri è la chiave per dare di più: gli altri ti vedono diversa e tu scopri un lato di te che non sapevi di avere». 

Sia Rebecca che Beatrice sanno cosa significa avere talento e lottare per coltivarlo. Senza l’impegno costante, anche l’artista maggiormente graziato dalla sorte non arriva oltre un certo livello. E sia Beatrice che Rebecca ogni livello lo vogliono superare, per andare sempre più in alto. «Il talento rende le cose più facili ma non è abbastanza: la musica va studiata: ogni brano va costantemente provato e riprovato, raggiungere la perfezione è quasi impossibile. Più vado avanti più mi accorgo di tutte le cose che ancora non so, tutti i generi che non ho ancora mai provato, tutto quello che ancora devo scoprire di questa passione che porto avanti da tutta la vita». 

Come il jazz, che le piacerebbe sperimentare presto, o la scrittura di un brano tutto suo. «Ci sarà un tempo, un giorno, ora non mi sento pronta», ride. Il futuro è un’altra storia. Tutta da ascoltare.