Nell’intervista della nostra direttrice Maria Elena Viola a Francesca Barra e Claudio Santamaria abbiamo scoperto la verità dietro questa storia d’amore così raccontata e contestata, poi ci siamo chiesti come fare per crescere una generazione migliore. Andiamo con ordine. La vulgata racconta che la scintilla tra Claudio Santamaria e Francesca Barra sia scoccata quando lei aveva 11 anni e lui 16, a Policoro, Basilicata, dove andavano in vacanza. Che si siano ritrovati da grandi e sposati dopo, appena 6 mesi. Due volte. Una a Las Vegas. Nell’intervallo tra il prima e il dopo, lui è diventato attore famoso e padre di una bambina, lei giornalista e scrittrice, più mamma di tre figli.
Come nei film. In realtà, non è andata proprio così. È andata meglio. Ma come accade nella vita vera, non nelle rom com. Con alti e bassi, costruendo la loro storia un pezzo alla volta. Tra i bassi ci sono stati gli attacchi degli haters, portati in tribunale per diffamazione e un aborto spontaneo. Tra gli alti la nascita di Atena 20 mesi fa e la gestione quotidiana di una famiglia allargatissima, che oltre ai figli biologici ne ha accolto un altro, Remon Karam, arrivato dall’Egitto su un barcone e trattato dagli altri come un fratello.
Un amore che dà fastidio
A molti il loro amore dà fastidio, perché lo sventolano come una bandiera. O forse perché ci siamo disabituati alle relazioni che funzionano e il troppo amore allappa. Invece di amore bisogna parlare, perché a forza di trattarlo come una cosa noiosa e sdolcinata, che esiste solo al cinema, ci siamo dimenticati “come si fa”. E a volte finiamo per scambiarlo per altro: gelosia, dipendenza, controllo, più tutti quegli altri sintomi da relazione tossica che a volte registriamo come normali, dicendo a noi stessi che va bene così. Ma non è vero.
Per questo, abbiamo scelto Francesca e Claudio per parlare di violenza, anche se loro con la violenza non c’entrano, per dire cosa è amore e cosa no. Sembra scontato, ma se tante donne vivono in relazioni maltrattanti e non se ne accorgono, mettendosi in pericolo, vuol dire che bisogna riprendere dai fondamentali e cogliere i segnali di malamore. Fermarsi in tempo.
Intervista a Claudio Santamaria e Francesca Barra
Come si costruisce una relazione sana?
Francesca «Con il lavoro quotidiano. Per noi è stato naturale, come soddisfare un bisogno che avevamo dentro. A volte si pensa di non meritare l’amore e ci si accontenta della sua caricatura. Ci si adatta. Io con Claudio per la prima volta mi sono sentita rispettata nelle mie necessità di donna, professionista, madre e questa cosa non ha sminuito la mia indipendenza o libertà. E poi ci siamo regalati tempo, che è un grande privilegio. Abbiamo condiviso le nostre passioni non solo in modo attivo, anche protettivo, avendo cura dei talenti dell’altro». Claudio «Ho cercato per molto tempo una relazione così, dove ci fosse una comunione di sentimenti e di intenti, dove non ci fosse uno che domina sull’altro. In una donna cercavo un’amica, una complice, un’amante. Ed è arrivata lei».
La storia d’amore
Com’è successo che vi siete “trovati”?
Francesca «Non è stato un colpo di fulmine, come molti pensano. Da piccoli eravamo solo gli amichetti del mare. Lui veniva in vacanza in Basilicata con i suoi cugini. Ci siamo rivisti a Roma quando mi sono iscritta all’università, ci siamo incrociati negli studi televisivi, ma niente, non c’era nessun interesse sentimentale. Poi una sera, durante un raduno con compagni di vecchia data, ci siamo ritrovati a parlare fino alle quattro del mattino. Dopo due mesi lui mi chiama e mi dice: “Sei tu. Ho capito quel giorno, mentre stavamo insieme, che sei famiglia”. Nessuno mi aveva mai detto una cosa del genere. Quando ci siamo incontrati a Firenze, per il concerto dei Radiohead, lui tremava. Lì mi sono innamorata. Perché ho riconosciuto un grande amore».
Perché dà fastidio la vostra relazione?
Francesca «Oggi si fa fatica a parlare dell’amore senza una dose di cinismo o di distacco. Alcuni disturbatori sono entrati a gamba tesa nella nostra storia, cercando di colpire me e i bambini. Abbiamo fatto una battaglia in tribunale e l’abbiamo vinta, col preciso obiettivo di scoraggiare tutti coloro che pensano che insultarti e diffamarti sul web non sia poi così grave. E invece lo è. Ora so che chi ci attacca lo fa per invidia e frustrazione personale, e lo compatisco un po’. Non dobbiamo avere paura di raccontare la felicità, altrimenti la narrazione contro la violenza come la facciamo?».
Intervista Barra-Santamaria: Educare alla non-violenza
Come si educa alla non-violenza, verbale e fisica?
Francesca «Con l’empatia. È il valore più grande che mi ha trasmesso la mia famiglia. Mettersi nei panni dell’altro. Solo così si possono evitare atteggiamenti aggressivi, violenti, bulli. E poi praticando il “dissenso con amore”. Mi piacerebbe che tutte le piazze di discussione, private e pubbliche, fossero come quella casa in Basilicata, dove tutto era un match, ma ci si rispettava, alzandosi sempre arricchiti di qualcosa». Claudio «Non deve sempre esserci un vincitore. Dovremmo, azzerare questo concetto. Si possono avere opinioni diverse, e non tramutare tutto in uno scontro. Io sono cresciuto in una casa in cui si urlava molto, ho provato rabbia per tanto tempo, poi grazie all’incontro con Francesca ho fatto pace con quella parte di me. Credo che sia fondamentale un’educazione all’amore, anche da passare ai figli. Amore significa dare, avvicinarsi all’altra persona, ma anche essere capaci di fare un passo indietro qualche volta, per cederle spazio. È come una danza, qualcosa che si fa insieme».
Intervista Barra-Santamaria: l’amore nel quotidiano
Siete gelosi?
Francesca «La gelosia tra noi è un concetto “simpatico”, perché non sfora mai l’ossessione. A volte possono dar fastidio comportamenti di altri, ma io e lui parliamo la stessa lingua e nessuno può farci del male».
Cosa vi piace di più dell’altro?
Francesca «Mi piace la sua follia e la fame di conoscenza. Claudio riesce a fare tutto e lo fa bene. Ma non è solo talento, so quanta tigna e disciplina mette in quello che fa. Uno pensa che basti avere un dono, invece ogni cosa richiede studio e rigore. Lo ammiro molto per questo». Claudio «Amo l’immensa bontà di Francesca e il suo senso di giustizia. Cosa che in negativo si trasforma in: “Ho sempre ragione io”».,
Avete una famiglia numerosa e lavorate entrambi. Come vi organizzate?
Claudio «Ognuno cerca di fare la sua parte, dando supporto all’altro nei momenti di bisogno. Quando è nata Atena, ho preso dei mesi sabbatici dal lavoro per stare vicino a Francesca. Si parla tanto di parità, ma ancora è sbilanciata nella coppia la divisione dei ruoli». Francesca «È stato un periodo molto faticoso, sentivo che tutti avevano bisogno di me. E io avevo bisogno di tempo per me e di silenzio, fondamentale per il mio lavoro. Per il resto, mi piace occuparmi della mia famiglia. Soprattutto per l’aspetto del nutrimento. Cucinare per loro, per gli amici e gli amici dei miei figli è un modo per prendermene cura. È una forma non verbale d’amore che ho imparato dai miei nonni e da mia mamma».
Non a caso ha scritto due libri di cucina.
Francesca «Nell’ultimo, Foodporn, associo storie alle ricette, raccontando il rapporto tra il cibo e i cinque sensi. Ciò che mangiamo può essere un alleato o un nemico, per la sessualità, le relazioni, l’amore. A Pantelleria ho creato una sorta di home restaurant per amici e parenti. Sforno pane e torte ogni mattina. Sogno di aprire un ristorante che si chiamerà “Le sorelle”, in onore delle mie figlie e delle amiche con cui ho costruito un patto di alleanza e complicità».
Intervista Barra-Santamaria: crescere uomini e donne migliori
A proposito di figli, come si insegnano la parità e il rispetto?
Claudio «Con l’esempio. Noi siamo animali che imparano per imitazione. La casa e la famiglia sono la scuola delle relazioni sentimentali. E non dobbiamo aver paura di passare per rompiscatole. Noi adulti dobbiamo essere l’ostacolo da superare per crescere». Francesca «Si insegna la parità anche abolendo i ruoli. A casa il maschio fa quello che fanno le sorelle, c’è collaborazione. Nessuno è privilegiato in base al genere. Ma certo, se poi quando vai fuori la realtà è un’altra, il messaggio viene vanificato o resta ambiguo. Penso ad esempio alla disparità di trattamento sul lavoro».
La violenza è frutto di una cultura che ancora discrimina le donne, ha radici profonde, non è il gesto isolato. Purtroppo interessa solo a noi, mentre dovrebbe essere una battaglia di tutti.
Claudio «Quella della differenza di stipendio tra uomini e donne è una cosa che mi ha sempre colpito, non la capisco. Eppure succede anche nel mio lavoro. A parità di ruoli, un uomo prende di più. A mio avviso i compensi dovrebbero essere equiparati».
Dove sono gli uomini?
E perché gli uomini non fanno niente? Quando si parla di diseguaglianze o violenza i maschi si defilano.
Claudio «Viviamo in una società individualista, i temi ci, interessano solo quando ne siamo toccati da vicino. Personalmente io non mi sono mai defilato, anzi. Credo che il lavoro da fare sia ancora tanto e a più livelli. Sicuramente, bisogna ripartire dalle basi: educare all’amore e al rispetto, oltre che considerare la parità di genere una cosa basilare ancora da conquistare. Ad esempio, manca completamente l’educazione sentimentale nelle scuole, cosa che invece io reputo fondamentale per educare le nuove generazioni di uomini al rispetto delle donne».
Nel suo ultimo film, Non riattaccare, è un uomo disperato che chiede soccorso al telefono a una sua ex. I maschi ci sembrano un po’ smarriti: colpa di questa avanzata femminile?
Claudio «Non so. Io penso che possa portare solo del bene. Le donne ci aiutano a dare voce alla nostra parte femminile, a entrare in contatto con la componente più sensibile e ricettiva di noi».
Intervista Barra-Santamaria: cosa si può fare per cambiare
Ogni anno, quando si arriva alla Giornata contro la violenza di genere, si fa la conta delle vittime di femminicidio, e sono sempre sopra le 100. Eppure, ci sono più leggi in difesa delle donne, si denuncia di più. Cosa manca?
Francesca «Ci vuole un cambiamento culturale profondo. Occorre che donne che sono al potere facciano cose concrete per le altre donne, estirpando un sistema patriarcale che è radicato dentro di noi e che si manifesta in tanti modi diversi, come se fosse normale. Dalla disparità di compensi alla dipendenza economica di certe donne, fino al pregiudizio secondo cui se bevi un bicchiere in più o indossi un vestito attillato, puoi incontrare il lupo. Quando sappiamo benissimo che la maggior parte delle violenze si consuma in casa, indipendentemente dall’alcol e dall’abbigliamento. Nel 2023 dovremmo combattere la violenza senza fornire un alibi a chi la attua. E senza costringere la vittima a difendersi, com’è successo alla ragazza di Palermo, violentata due volte, dal branco e dai media».
L’arte può favorire questo cambio di mentalità? Voi porterete a breve un testo a teatro.
Francesca «Lo spettacolo si intitola Lo stupro di Lucrezia, è tratto da un testo di Shakespeare e adattato a fatti di attualità. Nasce da un’idea di Elena Marazzita, che ha pensato a noi per un racconto a due voci molto potente». Claudio «Shakespeare ha la capacità di approfondire i sentimenti, l’animo umano, stimolando la rifessione. Per il resto, tutto serve per cambiare la cultura: il teatro, il cinema, i libri, i talk…».
Intervista Barra-Santamaria: L’amore è…
Serve anche passare messaggi chiari. Proviamoci: non ti ama se…,
Francesca «Non ti ama se ti giudica, se ti fa versare lacrime solo di dolore, mai di gioia. Se non ti fa andare a lavorare, o non ti fa aprire un conto in banca per tenerti legata a sé. Non ti ama se alza le mani, anche una sola volta. Se approfitta delle tue vulnerabilità per colpire dove fa più male». Claudio «Non ti ama se ti sminuisce, se ti critica costantemente, se non vuol vedere le tue qualità sbocciare, tirando fuori il meglio. Ma gode a mettere in evidenza le tue mancanze».
E invece l’amore, per voi, che cos’è?
Claudio «Condivisione, cura, divertimento, costruzione, follia, calore, comprensione. È la famiglia che ho formato con Francesca e dalla quale torno ogni giorno a casa felice». Francesca «Claudio diceva che l’amore è come quella tecnica giapponese che unisce le crepe, il kintsugi: non le nasconde ma le evidenzia con una polvere d’oro che rende l’oggetto più bello. L’amore aggiusta, salda, valorizza, non soffoca, non confina. Da ragazza non ho saputo riconoscere un rapporto manipolatorio in cui dovevo chiedere scusa e permesso per ogni cosa, in cui mi sentivo sempre sbagliata. Quando sono andata a Roma a studiare, questo ragazzo ha iniziato a colpevolizzarmi, a far sembrare sporco il fatto che fossi fuori casa. Voleva rinchiudermi. Ma io proprio lì, uscendo un pomeriggio da una proiezione del film, Lolita, ho capito che nessuno poteva dirmi come trovare la felicità. E mi sono salvata. Spero che le mie figlie non cedano mai a compromessi e ricatti emotivi. L’amore è una casa con le porte spalancate. Dobbiamo essere libere».
Video-intervista: regia Alberto Rinonapoli