La chioma cotonata, il piercing al labbro, l’eyeliner spesso e tagliente. Marisa Abela nei panni di Amy Winehouse sembra bucare lo schermo già a partire dal trailer. Si presenta al pubblico (che la attende in estasi) con una frase breve, dice tutto quello che serve sapere: «Non scrivo canzoni per diventare famosa. Scrivo canzoni perché non saprei cosa fare altrimenti».
Sono passati 13 anni dalla morte di Amy Winehouse e Back To Black, il film che racconta la sua vita dopo il successo, esce il 18 aprile. Accanto ad Abela, Jack ‘O Connel reciterà nei panni di Blacke Fielder-Civil e Juliet Cowan in quelli della madre, Janis Winehouse-Collins.
La trama del film
Il biopic, scritto da Matt Greenhalgh e girato da Sam Taylor-Johnson, racconterà come mai prima la storia della cantante londinese. Sarà proprio Amy a dare il suo punto di vista sugli anni della sua vita dopo l’album che l’ha consacrata tra le artiste più amate al mondo e l’ha portata alla fama.
L’obiettivo è quello di mostrare al pubblico la donna dietro la diva, con tutte le sue insicurezze e i suoi demoni. Non è la prima volta che il grande schermo celebra la figura di Amy Winehouse (“Amy” vinse l’Oscar nel 2015), ma Back to Black mira a dare una nuova prospettiva raccontando la fragilità di una donna che appariva dura e sicura di sé e il dolore che fece nascere alcuni dei brani più famosi della cantante.
Amy Winehouse: oltre Back to Black
Era il 2003 quando usciva per la prima volta Frank, l’album d’esordio di Amy Winehouse. Dodici canzoni composte da una giovanissima londinese dalla voce rauca e una sola cover. Le influenze jazz erano tanto ben riuscite da poterla subito paragonare a icone del mondo urban come Sarah Vaughan e Macy Gray. Amy Winehouse è stata amata fin dal primo momento: dopo l’apparizione nella trasmissione “Later… with Jools Holland” è volata immediatamente ai BRIT Awards e non ha mai smesso di collezionare premi.
Il successo mondiale è arrivato con il secondo album, Back to Black, che in poche settimane ha scalato le classifiche inglesi posizionandosi tra i brani più amati nella classifica americana Billiboard 200. È irresistibile il “no, no no” impertinente di Rehab, primo singolo, che diventa un tormentone da quasi 150.000 copie e tre Grammy Awards.
Back to Black, il terzo singolo estratto dall’album omonimo, tanto intenso da spezzare il cuore, diventa la miccia che accende la vera e propria ossessione per la cantante: say no more, le vendite dell’album aumentano sempre di più e in un solo anno il suo album ottiene un record di premi.
Love is a losing game: gli amori sbagliati di Amy Winehouse
È nel periodo dell’ascesa alla fama che Amy conosce Blake Fielder-Civil, futuro marito e amore della sua vita. È lui che la introduce alle droghe pesanti, di cui era dipendente già prima di conoscerla. Avranno sempre una relazione sbilanciata, fatta di “tira e molla” e tradimenti. Convinta che l’amore non possa esistere senza una nota di tragedia, la cantante scriverà per il marito quasi tutti i suoi struggenti successi.
Quel suo vivere l’amore drammatico, abbandonandosi al caos, le consente di regalare al mondo Love is a losing game, secondo singolo di Back to Black. Talmente bello da essere innalzato a poema persino dall’università di Cambridge, che nel 2008 lo propose come esame agli studenti di un corso di critica della poesia.
La dipendenza e la morte
Nel 2008 comincia la tournée per il secondo album, ma si mostra sempre più disorientata sul palco. Ha perso il controllo ed è dipendente da alcol e sostanze, viene fotografata e ripresa in situazioni umilianti e più volte sale sul palco a fatica. L’anno successivo, il divorzio.
Nel giugno del 2011, il tour europeo viene interrotto. Amy cerca di trovare la normalità nella relazione con il regista Reg Traviss e tenta di disintossicarsi, ma senza riuscirci. Un mese dopo, il 21 luglio 2011, viene trovata morta. Nel sangue, una concentrazione d’alcol letale. Nel cuore chissà, forse (finalmente) la pace.