Dopo il successo alla diciannovesima edizione della Festa del Cinema di Roma, Arsa, il nuovo lungometraggio di Masbedo (il duo artistico formato da Nicolò Massazza e Iacopo Bedogni) approda nelle sale in tutta Italia a partire dal 24 aprile 2025. Ad anticiparlo, una serie di anteprime che mettono in relazione i due mondi di appartenenza degli autori: arte e cinema.
Il film è il secondo lungometraggio diretto dagli artisti, dopo The Lack (2014) e racconta la storia di Arsa (Gala Zohar Martinucci), una ragazza indipendente, che si nutre sin da bambina della forza della sua immaginazione. La sua figura fragile e forte, allo stesso tempo, è in perfetta sintonia con la potenza naturale dell’isola in cui vive, Stromboli. Dopo la morte del padre, Arsa sperimenta un’urgenza creativa che la porta a creare statue «belle per finta», e la sua vita cambia quando scopre, perso come lei, il giovane Andrea (Jacopo Olmo Antinori). Per scoprire di più su Arsa, com’è nato e cosa ci vuole insegnare, ne abbiamo parlato con i registi.
Arsa, l’intervista ai Masbedo
In Arsa raccontate il lutto in diverse forme, una incarnata dalla protagonista e una dal personaggio di Andrea. In che modo si differenziano?
«Al centro del film c’è proprio la sospensione, la meditazione sul lutto. Arsa in realtà vive un lutto sano, perché aveva un bellissimo rapporto col padre (Lino Musella), che le ha trasmesso la sua fragilità senza vergogna. Lei compone il suo lutto raccogliendo i materiali di plastica e ricostruendolo come fosse una scultura, per elaborare la mancanza.
Andrea invece vive un lutto diverso, forse ancora più doloroso perché risultato di un legame inizialmente inesistente, nato dall’assenza. Ed è molto più difficile a livello psicologico superare una mancanza di questo tipo».

Alla luce di questo racconto, viene spontaneo chiedere se non ci sia anche una riflessione sul ruolo dei padri.
«Assolutamente! Si parla molto di questo ruolo oggi ed è giusto che venga ripensato. Con il nostro film abbiamo voluto mettere in atto un racconto anche psicanalitico, proponendo un padre che non rispecchia gli stereotipi delle vecchie generazioni e invece non teme di mostrarsi fragile. Si apre a sua figlia e le concede di respirare la sua conoscenza, di conoscerlo a fondo. Si dice a volte che sono i padri non conformi alle norme della tradizione quelli che trasmettono di più, e questo credo sia quello che abbiamo raccontato».
La speranza per le nuove generazioni
È un messaggio di speranza?
«Sì, soprattutto nel mondo di oggi. Che i padri trovino il tempo e la voglia di mettersi in dubbio, ma anche di insegnare ai figli la creatività, giocare con loro, raccontare le favole. Di non essere solo autorità, ma figure che insegnino a non temere i mostri delle fiabe e a scoprire il mondo».

Anche il personaggio di Arsa è un messaggio per le ragazze di domani?
«Tutto il film è un grande messaggio di speranza per le nuove generazioni. Lei è, come ci piace dire, una Emily Dickinson odierna, senza il cellulare. Come la poetessa, è artista senza volerlo, per un puro dovere di esprimersi. Le sue sculture solo elaborazione del suo sentire, ma anche gesti anticapitalisti in un mondo dove lo spreco di materiali e di “scarto” sono all’ordine del giorno. Con la sua arte di recupero Arsa ci insegna la via per un futuro necessario».
C’è una consapevolezza, o è pura espressione?
«No, non c’è nessuna idea di attivismo nella sua arte, ma davvero solo la risposta a un’urgenza che le viene dal cuore».
L’isola, protagonista nascosta

Al centro del film, oltre ad Arsa e Andrea, c’è anche l’isola di Stromboli. Com’è stato girare in questo ambiente?
«Difficilissimo, anche perché noi abbiamo scelto il punto più estremo dell’isola. Tra canneti infiniti, mare, vento, salsedine, polvere, insetti… Insomma, affrontare tutto ciò con una macchina da presa è un’avventura, anche perché si ha costantemente paura di sbagliare, rovinare i materiali, dover rifare tutto da capo.
Questa ansia l’abbiamo trasmessa nel film, dove l’isola è a tutti gli effetti un personaggio. Poi noi nel nostro lavoro ricerchiamo l’insicurezza, la temperatura emotiva alta, e sentiamo di averlo fatto anche stavolta».
Arsa, il feedback del pubblico
Il film è già stato presentato in alcune sale (Milano, Torino e Firenze), com’è la risposta del pubblico?
«Sta andando benissimo, lo notiamo perché in sala c’è un silenzio incredibile per tutta la durata del film e poi le proiezioni sono state fatte a sale sempre piene. Per un prodotto che ha una doppia narrazione, soprattutto visiva ma anche drammaturgica, non è scontato».
Avete già avuto modo di discutere del film col pubblico in sala?
«Certo, a Torino abbiamo risposto alle domande di un pubblico curiosissimo, e a Milano abbiamo esaurito ben tre sale al cinema Anteo. Non vediamo l’ora che cominci il vero e proprio tour di presentazione, dove passeremo per Bologna, Roma e Napoli».
Masbedo, fare arte oggi è un atto di fede

Tu e Iacopo, in arte Masbedo, vi descrivete “un duo artistico”. Cosa significa essere artisti oggi?
«Significa fare un atto di fede, un atto di coraggio. Lanciarsi senza paracadute. Oggi in tanti si dicono artisti e lo vogliono sembrare solo perché va di moda, è cool, ma l’arte intesa come la intendiamo noi è una sfida costante, è un eterno mito di Sisifo, come cercare costantemente di trasportare un masso pesantissimo su di una collina».
Come mai avete scelto il cinema dopo anni di mostre e performance visive?
«È sempre stato nel nostro sangue e ultimamente anche dagli ultimi progetti traspariva l’urgenza di un racconto di questo tipo. Visivo, letterario, più complesso e affascinante. Un film è come una grande orchestra, ci portiamo tutto ciò che abbiamo imparato nel corso degli anni, ma ci sembra un’evoluzione necessaria».
Non vi ha spaventato lanciarvi in un momento come questo per il cinema?
«No, anche se il cinema sta effettivamente vivendo una fase difficilissima. Noi, come i colleghi di Fandango che hanno fatto una scelta coraggiosa scegliendo di distribuire il nostro film, crediamo nel pubblico. Crediamo fermamente che portare al cinema prodotti di valore e di qualità sia un impegno per abituare il pubblico a pensare, a mettersi in dubbio, a farsi domande. E alla fine quell’impegno viene ripagato, perché gli spettatori sanno riconoscere il valore».
Vi rivedremo al cinema?
«Certo, stiamo già lavorando al nostro terzo progetto. Non sarà la fine degli altri lavori, ma di sicuro sul cinema non smetteremo di concentrarci».
Una clip in esclusiva
Arsa uscirà al cinema a partire dal 24 aprile, ma se l’intervista ti ha incuriosito ecco una clip in anteprima esclusiva.