Che lo sappiate o no. Che lo vogliate o no. Stiamo vivendo nell’era di Taylor Swift. È cominciata il 15 novembre 2022, il giorno in cui fan selezionati in base a specifici criteri di devozione hanno avuto accesso alla prevendita dei biglietti per le date americane dell’Eras Tour e contestualmente polverizzato Ticketmaster. Ci si aspettava l’assalto di 1 milione e mezzo di utenti: sono arrivati 3 miliardi di richieste. I server sono crollati, le vendite annullate, i fan insorti: persino il Congresso ha chiesto spiegazioni. Quando infne il sito è tornato a funzionare, in un giorno sono stati venduti 2 milioni di biglietti: quanti per altri mai.
Tutte le ere di Taylor Swift
L’era di Taylor Swift è un’era di record. Si compone, come il concerto, di 10 sotto-ere. Una per ogni album, uscito dal 2006, ognuna con una distinta qualità estetica e sentimentale, oltre che un pettegolezzo di riferimento. Ci sono gli inizi country: ha 16 anni e i riccioli di Holly Hobbie, ma determinazione sufficiente a trasferirsi con la famiglia dalla Pennsylvania a Nashville per farsi scritturare dalla Big Machine e pubblicare il primo album a suo nome. Fearless è il disco della maggiore età, del primo tour, dei miniabiti luccicanti. Di Kanye West che sul palco degli MTV Video Music Awards la interrompe per dire che quel premio spettava a Beyoncé, non sarà mai perdonato. Speak Now lo scrive da sola, perché non ne può più di sentirsi dire che il merito del suo successo è di chi le fa la cortesia di scriverle canzoni. Impara che il potere risiede nel controllo, innanzitutto delle storie che racconta. Comprese quelle d’amore: si taglia la frangetta, e riempie le rime di riferimenti ai molti fidanzati – preferibilmente famosi – che le hanno spezzato il cuore. Red e 1989 la consacrano principessa pop: balla sul mondo come fosse il suo liceo.
L’era più dolorosa: Reputation
A un certo punto il castello scintillante, fondato sulla poetica della ripicca e un qual senso di complicità, comincia ad appannarsi. Dopo Joe Jonas, Jake Gyllenhaal, e Harry Styles, anche il dj Calvin Harris viene promosso a sciagurato ex. Ma, mentre lei s’ingegna a distribuire cartoline del nuovo colpo di fulmine (Tom Hiddleston, attore inglese allora assai promettente) lui l’avverte: «So che adesso hai bisogno di provare a seppellire qualcun altro, ma non ti permetterò di farlo a me».
Col suo spiccato senso di sciacallo, Kanye West sceglie proprio questo momento per invischiarla in uno sgradevole siparietto di colpi bassi e telefonate registrate a tradimento. Né aiuta che Taylor si metta a litigare con Apple e Spotify. Le piattaforme streaming guadagnano a spese degli artisti, denuncia. Ha moltissima ragione, ma non sta bene che le biondine si occupino di soldi. Viziata, ipocrita, persino avida: e se il suo unico talento fosse la monetizzazione della lagna? Le danno della serpe velenosa.
Reputation: incidente di percorso o trampolino di lancio?
Lei si ritira per un po’, azzera tutti i social, e quando riemerge – più furba e più forte, appena in tempo – il serpente diventa il simbolo della metamorfosi: è l’era di Reputation, dei rossetti cupi, delle armature tempestate di paillette. C’è un altro fidanzato momentaneamente in carica, Joe Alwyn, sempre inglese, sempre attore, ma non è solo d’amore che si discute al tavolo dei grandi. La parabola di redenzione è tridimensionale: in tribunale vince contro il porco che le aveva arpionato il sedere, prima che denunciare molestie diventasse un passaggio promozionale obbligatorio, in politica dismette ogni imparzialità e si dichiara sincera, democratica, i fan del country, per tradizione conservatori se ne faranno una ragione. Ma soprattutto quando, quell’antipatico di Scooter Braun compra la Big Machine – cioè: ogni suo album fin lì – lei decide di riprendersi tutto quello che è suo, e incide di nuovo, da proprietaria unica, i vecchi album.
L’ultima era di Taylor Swift: la celebrità con maturità
Li chiama Taylor’s Version: è la dichiarazione di indipendenza definitiva. Le ere più recenti – la variopinta spensieratezza di Lover, i pandemici Folklore e poi Evermore, l’autocelebrazione di Midnights – sono istanze di una celebrità adulta, lezioni di padronanza per giovinette. Per questo, è tutto sommato inutile usare i numeri per raccontare la magnificenza dell’Eras Tour. Sì, qualunque cosa Taylor Swift abbia fatto nell’ultimo anno (compreso il film del, concerto, che uscirà nei cinema il 13 ottobre) l’ha fatta prima, meglio e guadagnando più di chiunque altro. Dicono che alla fine (l’anno prossimo sarà in Europa, a Milano il 13 e 14 luglio) avrà totalizzato incassi intorno ai 2 miliardi di dollari. Sì, per misurare l’impatto sull’economia reale il Wall Street Journal si è inventato la Taylornomics, disciplina che descrive la frenesia spendacciona degli appassionati prima, durante e dopo un concerto. Sì, quando migliaia di persone saltano negli stadi, anche i sismografi registrano l’evento. Ma soprattutto: lo spettacolo è formidabile (ha vinto 9 premi agli ultimi MTV VMA contro il Renaissance World Tour di Beyoncé e nessuno ha osato disturbare il trionfo).
L’Eras Tour: quello di Taylor Swift è il tour dell’anno
Swift canta per oltre 3 ore, sotto qualunque cielo; si tuffa di testa nel palco, invita amici famosi e addirittura ex fidanzati buoni, si cambia d’abito 16 volte, lancia cappelli, indizi e nuovi, vecchi dischi, ogni sera inserisce almeno un paio di canzoni a sorpresa, e trova il modo di rendere quello specifico concerto – uno di 146, salvo repliche, non ancora annunciate – percepito irripetibile. La partecipazione del pubblico è cruciale: ci sono cori e altri rituali, codificati da eseguire in momenti precisi.
Occorre arrivare preparati, oltre che disporre di un discreto budget. Perché nell’era di Taylor Swift bisogna anche vestirsi da Taylor Swift: è solo così che l’esperienza collettiva può diventare espressione di sé. Quasi fosse un test di personalità: tu che era ti senti? Romantica come Lover o furiosa come Reputation? Scegli il tuo album, e agghindati di conseguenza: online è tutt’un ordinare stivaletti brillantinati e collane a forma di serpente. E miliardi di perline da infilare per comporre parole o frasi di riconoscimento – In my era! – su “braccialetti dell’amicizia” che poi si portano come uno stendardo, impilati fno al gomito. È una tempesta perfetta di divismo e smania identitaria, condizione umana e contenuti per TikTok. Più delle rime, più dei pettegolezzi, più delle rivincite esemplari: il talento di Taylor Swift è farti credere ogni volta che sì, certo, belli i dischi di platino, ma quello che a lei davvero interessa è trovare sempre le parole giuste per parlare solo con te, proprio di te.