Donne e Oscar: non è Barbieland (o forse sì?)

Margot Robbie ha la nomination per il miglior film con Barbie, che ha prodotto, ma non quella come attrice protagonista. Esclusa anche Greta Gerwig dai migliori registi. Barbie (2023)

Non c’è record senza polemica. Fra i 3 titoli candidati a miglior film diretti da una donna (gli altri sono Anatomia di una caduta e Past Lives, ci torneremo), Barbie non ottiene le nomination simbolicamente più “pesanti”. Per l’attrice protagonista a Margot Robbie e per la regia a Greta Gerwig. Le due restano candidate rispettivamente come produttrice del film da 1,4 miliardi di dollari di incassi globali e per la sceneggiatura non originale (con il compagno Noah Baumbach, e rischiano seriamente di vincere). Non solo: Gerwig viene celebrata sulla copertina di Time tra le 12 donne dell’anno. Eppure non basta. Persino Hillary Clinton ha scritto sui social: «Vincere il box office ma non portare a casa l’oro può addolorare, però milioni di fan vi amano». Con inevitabile sottotesto: «So quello che si prova».

Anatomia di un fenomeno

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Sandra Hüller in Anatomia di una caduta (2023), per cui è candidata come attrice protagonista.

Resta un fatto, anzi due. È la prima volta che i film diretti da registe donne ottengono un tale riconoscimento agli Oscar. E che gli Stati Uniti dimostrano di comprendere lo spirito del tempo prima e meglio degli europei. Per il miglior film internazionale (categoria in cui gareggia il nostro Matteo Garrone con lo capitano) la Francia aveva selezionato il romantico-gastronomico La passione di Dodis Bouffant al posto della Palma d’oro, acclamatissima dalla critica di mezzo mondo, Anatomia da una caduta di Justine Triet storia di una donna – la portentosa Sandra Hüller, candidata anche come attrice protagonista – accusata della morte del marito, precipitato appunto dall’ultimo piano del loro chalet.

Ricordiamoci che la prima regista nominata agli Academy Awards è stata proprio un’europea: la nostra Lina Wertmüller, nel lontano 1977. E che alla fine la Francia nella cinquina dei migliori film stranieri non ci è entrata. Mentre Triet concorre per il best movie, la regia e la sceneggiatura originale. Touchée.

Donne e Oscar: Altro che “povere creature”…

Nell’annata di Barbie vs. il patriarcato, un altro film racconta la parabola di una donna che si libera dallo sguardo e dalle convenzioni maschili: Povere creature! di Yorgos Lanthimos. Nel film, Emma Stone si ribella allo scienziato che l’ha “creata” e scopre il sesso, il mondo, se stessa. È l’altra favorita come migliore attrice, il che la porterebbe a vincere la seconda statuetta dopo quella del 2017 per La La Land. Ma Emma, che è anche produttrice, ha già segnato un record: è la seconda volta nella storia che una donna viene nominata come produttrice e attrice dello stesso titolo, essendo Povere creature! candidato anche tra i migliori film; era successo solo nel 2021 a Frances MeDormand, che con Nomadland ha vinto entrambi i trofei.

C’erano una volta a Hollywood solo storie “bianche”

Film recenti, sia diretti da registi non americani (Parasite, 4 Oscar nel 2020) sia made in Usa ma incentrati su altre comunità (Everything Everywhere All at Once, 7 statuette l’anno scorso), dimostrano che lo sguardo si è allargato per davvero. E quest’anno arriva Past Lives, opera prima di Celine Song nominata come miglior film e per la miglior sceneggiatura originale. La love story impossibile tra un uomo e una donna sudcoreani, che il destino divide quando sono ragazzini, ha commosso critici e pubblico a partire dal Sundance Film Festival del 2023. Ed è stata capace di imporre un nuovo punto di vista femminile che, da mondi solo apparentemente lontani, arriva dritto al cuore dell’America.

Tra le 10 nomination di Killers of the Flower Moon, spicca Lily Gladstone, a sinistra, prima nativa americana in lizza come protagonista. Killers of the flower moon (2023)

Merito che, in questa annata, va riconosciuto anche alle attrici in corsa. Lily Gladstone è la prima interprete nativo-americana candidata tra le migliori attrici protagoniste, per la sua magnifica prova in Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese. «Un giorno vincerai l’Oscar» le disse suo padre quando era bambina: secondo i bookmaker, quest’anno potrebbe succedere davvero.

La vecchia Hollywood è scomparsa?

Certo che no: c’è ancora spazio per il cinema classico e le sue storie. Che spesso sono biografiche. Dopo la Mostra del Cinema di Venezia, l’Oscar per la miglior attrice sembrava ipotecato da Carey Mulligan, già candidata 2 volte (per An Education e Una donna promettente) e stavolta in gara nei panni di Felicia Montealegre, moglie del direttore d’orchestra Leonard Bernstein, nell’aspirante miglior film Maestro. E una storia vera anche quella della nuotatrice protagonista di Nyad – Oltre l’oceano, interpretata dalla record-woman di candidature Annette Bening (5 compresa quella di quest’anno, ma senza mai una vittoria), e della sua allenatrice, cui dà il volto Jodie Foster, che ha già vinto 2 statuette e corre stavolta tra le “supporting”.

Jodie Foster e Annette Bening sono entrambe candidate per Nyad – Oltre, l’oceano rispettivamente come non protagonista e protagonista (IPA)

Per non parlare della Kitty Oppenheimer che regala a Emily Blunt la sua prima nomination, sempre tra le non protagoniste. Categoria in cui, però, le favorite sono due eccezionali attrici black in film che più “classica Hollywood” non si potrebbe: la Danielle Brooks del musical Il colore viola e, soprattutto, Da’ Vine Joy Randolph, in testa alle previsioni di vittoria per The Holdovers – Lezioni di vita, accanto a Paul Giamatti. Molto spesso, negli ultimi anni, gli Oscar per i migliori non protagonisti sono andati ad afroamericani: segno che le cose stanno cambiando davvero, soprattutto quando arrivano autrici e attrici a raccontare nuove storie, a darci nuove direzioni.

Emily Blunt, candidata a non protagonista in Oppenheimer. (IPA)