In Spagna è una celebrità con 4 milioni di copie vendute. In Italia ha una nutrita schiera di fan perché Elísabet Benavent è l’autrice dei romanzi da cui sono state tratte due serie di successo su Netflix, Valeria e Il racconto perfetto, e il film Eravamo canzoni. Il che significa ritrovarsi nel mondo delle 30enni di oggi, con le loro insicurezze e paure, le aspettative e le incertezze, le delusioni e le vittorie. Il tutto condito, soprattutto per Il racconto perfetto che esce il 19 settembre per Salani, con tanto romanticismo e tanto sesso. Protagonisti di questa storia che ha il sapore della favola sono David, 27 anni, e Margot, 32. Lei ereditiera di una catena di alberghi di lusso, lui disordinato e confuso, nella vita e nei sentimenti, che si barcamena con 3 lavori (dog sitter, fioraio e barman), dorme sul divano da amici ed è bellissimo. Si incontrano per caso, si piacciono, e a poco a poco… Ma la paura di lasciarsi andare è tanta. «Margot si trova a un punto esistenziale del tutto paragonabile a quello di Valeria: amo scrivere di 30enni perché a livello sociale i 30 sono visti come un giro di boa entro il quale tutti i problemi di ordine pratico – famiglia, lavoro… – devono essere già risolti».

Il mondo delle 30enni di oggi

Qui c’è tanto romanticismo e anche paura di rivelare i propri sentimenti, di esporsi troppo. È questa una prerogativa dei 30enni?

«Per me sì. Anche se il prossimo anno compirò 40 anni e non apparterrò più alla categoria – ma, mi dicono, è l’età migliore per una donna e mi ci avvicino piena di speranza. Io credo che la paura di esporsi troppo dipenda da come si sono evolute le relazioni e i rapporti tra le persone giovani, soprattutto da quando sono nate le app come Tinder che tendono a trasformare il mondo degli affetti in una specie di fast food emozionale. È normale che in questo contesto si cerchi di nascondere il proprio cuore. È una forma di auto protezione. Ed è tipico di questa generazione dei sentimenti usa-e-getta, dove pensiamo che dietro l’angolo possa esserci una proposta migliore che ci attende».

Il racconto perfetto
Felipe Hernandez

Elisabet Benavent e la sua favola moderna

Ma come nascono i personaggi di Margot e David che non sono proprio del tutto immersi nei problemi della contemporaneità?

«Sono nati proprio con l’intento di raccontare una favola moderna. È vero che loro non si conoscono attraverso una app, il loro è un romanticismo tradizionale perché io sono una donna molto romantica. E poi volevo un po’ prendere le distanze da quello che ho scritto finora. Margot e David hanno una sorta di candore, sono un po’ naïf, ingenui. È quasi come se stessero vivendo il loro primo amore. Una storia d’amore senza regole. Volevo che questi due personaggi lasciassero nei lettori l’idea che in qualsiasi momento della nostra vita, a qualsiasi età, sia possibile rivivere l’amore con la stessa intensità della prima volta».

Il racconto perfetto
Felipe Hernadez

Sesso e passione visti dalla parte di lei

Nel romanzo ci sono molte scene di sesso e passione. È importante per la vostra generazione? E come ci si rapporta lei come donna?

«Credo sia importante scriverne per due ragioni: la prima è perché il sesso fa parte del linguaggio degli amanti e ogni coppia si costruisce un proprio linguaggio fatto di determinate manifestazioni di affetto, da scherzi che nascono con l’intimità. L’intesa sessuale è importante, fa parte della vita. La seconda, che riguarda anche il motivo per cui è così presente nel mio romanzo, è che credo che la donna nella narrativa e nell’immaginario sia sempre stata vista come oggetto del desiderio ma mai come soggetto desiderante. Per me era importante che venisse rivendicato il desiderio femminile, che si facesse luce su questo e che diventasse protagonista non solo la sessualità ma anche la sensualità femminile che fino a oggi è rimasta sempre in secondo piano. È importante che le nuove generazioni non si creino dei tabù, meglio parlarne».

Il racconto perfetto
Netflix

Anna Castillo e Alvaro Mel

È riuscita a farci innamorare tutte di Margot e David, nella serie interpretati dall’attrice Anna Castillo e da Álvaro Mel. Lui è un influencer?

«È un modello ma è da anni che fa l’attore e ha anche lavorato con registi del calibro di Alejandro Amenábar».

Perché ha deciso di ritrarlo povero?

«Perché nei romanzi romantici di solito è l’uomo a essere potente e ricco. E sembra che le protagoniste femminili siano offuscate da questo alone che li circonda. Sinceramente io riesco a identificarmi di più in una donna come Margot che non fa caso alla ricchezza o alla sua mancanza. Ho voluto rovesciare questa immagine sociale e il fatto che quando la ricchezza e il potere sono nelle mani di una donna anziché in un uomo diventano un problema anziché un vantaggio. David per esempio, sebbene sia un femminista e mosso dalle migliori intenzioni, quando scopre da dove viene davvero Margot tende ad allontanarsi, un po’ spinto da un ego antico, proprio della nostra cultura e della educazione. La donna che ha quello che di solito è nelle mani di un uomo spaventa ancora».

Elisabet Benavent il racconto perfetto

Elisabet Benavent e la scrittura

Chi è invece Elísabet Benavent?

«Quando ero una ragazzina avevo un professore che diceva che ognuno di noi è alla ricerca di un modo per autorefenziarsi. Per me è stata la scrittura che è diventata un affare più serio dopo i 20 anni. A 24 anni ho iniziato a lavorare per una multinazionale, un ambiente grigio con una cultura aziendale molto esigente. Ho cominciato proprio in quel periodo a scrivere di Valeria: avevo bisogno di evadere, mi sentivo sola a Madrid – io sono di Valencia – mi mancavano le mie amiche che erano andate a lavorare all’estero. Attraverso le vicissitudini di Valeria ci ritrovavamo ed era un modo per sentirsi un po’ di nuovo a casa».

Elisabet Benavent il racconto perfetto

Quindi lei si sente più come Valeria o Margot?

«Valeria di sicuro. Per cominciare ci accomuna l’insicurezza ed entrambe amiamo moltissimo la letteratura. Guardando indietro poi mi sono successe più cose simili a quelle che sono successe a Valeria che a Margot. Margot viene da una famiglia dell’alta borghesia, io da una famiglia normale».