La serie tv giapponese Shogun trionfa alla 76esima edizione degli Emmy Awards a Los Angeles. La prima stagione del dramma ambientato nel Giappone medievale ottiene la bellezza di 18 statuine. Hacks vince a sorpresa come miglior serie comica strappando il premio più pesante tra le commedie per il piccolo schermo alla favorita The Bear, che si aspettava di bissare con la seconda stagione il trionfo della passata edizione.

Shogun batte il record di Emmy

Nessun imprevisto all’apertura della busta per la migliore serie drammatica: la serie FX sulle lotte di potere nel Giappone feudale si porta a casa la bellezza di 18 statuette senza smentire i pronostici, arrivando a stabilire il record di Emmy in un’unica stagione (battuto il primato detenuto dalla serie del 2008 John Adams).

Lo show prodotto da Hulu-Disney+ e girato anche in giapponese è il primo in lingua non inglese a ottenere il riconoscimento più prestigioso degli “Oscar della televisione”. Solo il sudcoreano Squid Game era arrivato in finale due anni fa, ma poi aveva vinto Succession.

Shogun ha vinto anche per la regia e per i migliori protagonisti con Hiroyuki Sanada, che interpreta l’imponente lord Yoshii Toranaga, e Anna Sawai, per il suo ruolo della finta placida Lady Mariko. «Shogun mi ha insegnato che quando lavoriamo insieme, possiamo fare miracoli», ha detto Sanada (già visto ne L’ultimo samurai e John Wick 4) nel suo discorso di accettazione dal palco del Peacock Theater.

Hacks a sorpresa la miglior commedia

La sorpresa della serata è stata la vittoria di Hacks come miglior serie comica superando la favoritissima The Bear, che alla fine si “accontenta” di 11 Emmy tra cui i premi come migliori attori ospiti in una commedia a Jamie Lee Curtis e Jon Bernthal.

Hacks vince anche per la scrittura (nella squadra anche la sceneggiatrice italiana Lucia Aniello) e per la protagonista, la 73enne Jean Smart, al suo sesto Emmy in carriera e che nello show Hbo/Max interpreta una matura comedian che deve riconquistare pubblico e verve.

Quattro Emmy alla miniserie Baby Reindeer

La miniserie che è piaciuta di più alla Television Academy è stata la black comedy di Netflix Baby Reindeer, che conquista altri tre premi per la sceneggiatura e per il ruolo da protagonista a Richard Gadd, che ha raccontato la propria esperienza di vittima di stalking, e all’attrice secondaria Jessica Gunning, nei panni dell’ossessiva Martha. «Non pensavo che avrei rimesso insieme i cocci della mia vita dopo quello che mi è successo – ha detto Gadd sul palco del Peacock -. Questa è per tutti quelli che attraversano periodi difficili: niente dura per sempre, alla fine la situazione migliora».

La conferma di The Bear

Anche The Bear ha vinto quattro Emmy che, sommati a quelli aggiudicatisi ai Creative Arts dello scorso fine settimana, diventano 11 in totale quest’anno (rispetto alle 10 della scorsa stagione). Anche se i Berzatto non sono più la commedia dell’anno, lo chef tormentato Carmy è ancora il miglior protagonista di una serie comica: un bis sul palco del Peacock per Jeremy Allen White, che ha dichiarato: «Questo show mi ha cambiato la vita e racconta che cambiare è sempre possibile. Basta crederci».

Vince per The Bear anche Liza Colón-Zayas, 52 anni, alla prima nomination. La sua Tina, la cuoca latina che trova una seconda occasione proprio tra i fornelli e i piatti rotti del ristorante che dà il nome alla serie Fx, le ha fatto ottenere l’Emmy come miglior interprete non protagonista. Ebon Moss-Bachrach trionfa per la seconda volta di fila per il ruolo secondario del cugino Richie. Lo showrunner Chris Storer ha vinto per la regia, anche lui bissando la vittoria per la prima stagione.

Vince per la miglior regia Ripley, girato in Italia

Ripley, la serie Netflix girata in Italia, ha portato a casa l’Emmy per la miglior regia di una serie limitata a Steven Zaillian, che era già stato nominato nel 2017 per The Night Of. «Fare Ripley in Italia è già un premio, è stato un sogno. Condivido questo premio con le centinaia di persone che hanno lavorato con me, gli attori, la troupe e le maestranze». Secondo il produttore romano Enzo Sisti, era italiano il 97% della crew che ha creato le otto puntate sull’enigmatico artista della truffa interpretato da Andrew Scott.

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