Strane, spesso criptiche, sempre profonde. Le sette registe selezionate dalla giuria per competere nel contest al Festival di Venezia portano un cinema nuovo, fatto di prospettive scomode e metafore dolorose che raccontano la società senza sconti. 

Vengono da ogni lato dell’Europa (con un tocco di Asia) e hanno già fatto parlare di loro con debutti promettenti o carriere affermate: conosciamole meglio e prepariamoci ad immergerci nel loro mondo. Che ci farà male, quasi sicuramente. Ma ci piacerà. 

Athina Rachel Tsangari: la “weird greek” 

Già produttrice dei primi film di Yorgos Lanthimos, Athina Rachel Tsangari ha esordito al cinema nel 2000 con The Slow Business of Going. È considerata una delle voci più interessanti della “Greek Weird Wave”, ovvero la nuova corrente del cinema greco che racconta la realtà avvalendosi di immagini assurde, surreali o tragiche. Profondamente influenzato dalla crisi che ha colpito il paese in seguito al 2010, questo cinema analizza le ipocrisie della società capitalista, la biopolitica e la fragilità delle norme sociali. 

Una scena ufficiale di Harvest (Foto di Jaclyn Martinez)

Tsangari è già passata dal Lido, dove nel 2010 ha partecipato con Attenberg (vincitore della Coppa Volpi), un film di formazione che racconta il passaggio dalla giovinezza all’età adulta di Marina. Il suo ritorno a distanza di 14 anni è con uno dei film più attesi in gara, Harvesting, un tragicomico western moderno sullo sconvolgimento che l’arrivo della modernità porta in un villaggio rurale di fantasia. Ci saranno risate amare.  

Registe al Festival di Venezia: Halina Reijn, il lato horror della sessualità

Classe 1975, Amsterdam, Halina Reijn ha avuto una vita fuori dal comune molto già  prima di esordire come attrice. Figlia di artisti devoti al movimento spirituale Subud, ha vissuto con i genitori e le sorelle in una “casa di Pippi Calzelunghe” nel villaggio di Wildervank (vicino a Groningen), una sorta di ritrovo per artisti. Il padre si è scoperto in tarda età omosessuale e si è separato dalla madre quando Halina aveva circa 10 anni. Poco dopo è morto per un cancro terminale, lasciando sole le tre figlie e la madre che si sono trasferite in città. 

La sua carriera inizia nel teatro e conta più di 20 produzioni – tra cinema e televisione – prima dell’esordio nella regia con Instinct (2019), un film su una psicologa che si innamora del cliente, ex stupratore seriale. È considerata la stella nascente della compagnia A24 (produttrice di successi come Everything, Everywhere, All At Once e Kinds of Kindness) grazie ai suoi racconti incentrati sulla sessualità con prospettive tutt’altro che banali.

Babygirl (Foto di Niko Tavernise)

A Venezia porterà Babygirl, un thriller erotico che ha come protagonista Nicole Kidman nel ruolo di una CEO che perde la testa per un giovane stagista. Il cast stellato vede anche Harris Dickinson e Antonio Banderas: ci sarà, se non altro, da rifarsi gli occhi. 

Dea Kulumbegashvili: la perla del Caucaso

“Sono i tempi a regnare, non i re”, sancisce un proverbio georgiano. Lo ha capito Dea Kulumbegashvili, nata proprio nella terra spesso dimenticata tra la Russia e il cuore dell’Asia orientale. Il suo debutto al cinema è arrivato nel 2020 con Beginning, la storia di Yana, moglie di un testimone di Geova di un paese nelle campagne del Caucaso. Yana viene esclusa dalla sua comunità di appartenenza, i Cristiani Ortodossi, ma non viene mai accettata da quella del marito. 

Uno scatto da April

Kulumbegashvili sa raccontare la Georgia rurale e le sue dinamiche soffocanti con un punto di vista femminista e moderno maturato dalla sua stessa esperienza. Di April, il film con cui competerà per il Leone d’Oro, non si sa quasi nulla. Sarà un film drammatico, il titolo che era stato scelto in precedenza era Those Who Found Me, e sicuramente lascerà il segno. 

Maura Delpero, l’Italia che abbiamo perso 

Nata a Bolzano ma formatasi tra Bologna, Parigi e Buenos Aires, la regista Maura Delpero ha conquistato il grande pubblico nel 2019 con Maternal. Il film ha tratto grande ispirazione dalla sua esperienza come insegnante di cinema in un centro di accoglienza per madri adolescenti a Buenos Aires e ha vinto quattro premi al Festival di Locarno (oltre alla candidatura come Miglior Regista Esordiente ai Nastri d’Argento e ai David di Donatello). 

Foto da Vermiglio

Al lido porterà Vermiglio, per il quale è ritornata “a casa”, in un paesino vicino a Bolzano e luogo di nascita del padre, scomparso da poco. Il film racconta la storia di tre sorelle (Lucia, Ada e Flavia) ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, che rimane sullo sfondo. Un conflitto che si profila sempre più vicino, una casa abitata da sole donne e il passaggio – obbligato – dall’età dell’innocenza a quella delle responsabilità. Piccole donne all’italiana? Staremo a vedere. 

Aspettative altissime per Giulia Louise Steigerwalt

Italo-americana nata a Houston (Texas), Giulia Louis Steigerwalt ha esordito come attrice, ma ora ha detto addio ai riflettori per stabilirsi dietro la cinepresa. Con Settembre, debutto alla regia, ha vinto il David di Donatello e conquistato tutti con i suoi racconti frizzanti e mai banali, una schietta simpatia.

Una still di Diva Futura (Foto di Lucia Iuorio)

Sarà Diva Futura a portarla a Venezia: il racconto dell’agente di attrici porno che ha fatto la storia del costume italiano, Riccardo Schicchi. Con Pietro Castellitto e Barbara Ronchi, ci mostrerà gli squilibrati Ottanta italiani. Di Giulia si parla molto, la sua seconda opera incuriosisce. C’è chi azzarda e la definisce “la Nora Ephron italiana”: vedremo. 

Registe al Festival di Venezia: Delphine e Muriel Coulin

Delphine nasce come scrittrice, mentre Muriel conosce la cinepresa come il palmo della sua mano. Eppure quando le sorelle lavorano insieme, non c’è una linea netta tra chi scrive, chi dirige e chi si occupa del resto. Le loro chiacchierate bastano a tracciare l’ispirazione per film che prendono vita piano piano, con la caotica naturalezza che solo due anime unite sanno controllare. 

Il loro primo progetto insieme, 17 girls (2011), era una storia tra Le vergini suicide e Ragazze Interrotte. La protagonista, Camille, scopertasi incinta, convinceva piano piano tutte le amiche a seguirla nell’esperienza dando vita ad un club di giovani madri immature e annoiate. 

Una still del film The quiet son

La sorelle Coulin tornano ad indagare il lato oscuro dell’adolescenza con The Quiet Son, in cui Titan (Vincent Lindon) interpreta un padre single che tenta di crescere due figli. Quando il giovane diventa sempre più taciturno e si avvicina alle ideologie di destra estrema arrivando a prendere parte ad un gruppo, tra loro si crea una frattura – prima ideologica e poi emotiva – irreparabile. Doloroso, forte, attuale. Non di meno, francese.