Davanti all’intervista di Piers Morgan a Fiona Harvey ci si sente spettatori di un sequel. A poche settimane dall’uscita su Netflix della serie Baby Reindeer, uno dei più grandi giornalisti televisivi britannici ha annunciato che avrebbe dato la possibilità all’accusata di stalking di dare la sua versione dei fatti. E Decine di migliaia di spettatori si sono connessi, in diretta mondiale sul canale YouTube Uncensored Piers Morgan.
Già dalle anteprime, Harvey appariva sicura: «La vera vittima c’è: sono io!». Come ha spiegato Morgan nell’introdurre la storia, infatti, Baby Reindeer racconta di una vicenda di stalking e abuso senza tracciare una linea definita tra buoni e cattivi, ma piuttosto sottolineando la relazione tossica che spesso si viene a creare tra vittima e carnefice.
Fiona Harvey ospite da Piers Morgan
Fiona appare poco dopo l’introduzione, con lo stesso passo e le stesse espressioni che abbiamo visto nella serie. Con la stessa sicurezza di Martha, nega di avere visto la serie (nonostante ne sappia citare diversi episodi) e di aver mai contattato Richard Gadd (protagonista della serie e della vicenda) se non per alcune battute tra amici.
La sua tesi cambia più volte, balbetta, beve, chiede di ripetere. Accusa Netflix e Gadd di averle rovinato la vita e di aver mentito su tutto, minaccia di prendere provvedimenti seri e di poter provare la sua versione. Ma non è così: quando Morgan replica di poter trovare molto facilmente le prove (che peraltro Netflix ha già fornito), lei comincia a tentennare.
«Se anche l’avessi fatto… Insomma, di quante mail al giorno si tratterebbe? Sarebbe un’esagerazione, non ho così tanto tempo!».
La versione poco coerente di Harvey
Lei la chiama esagerazione, lo chiama banter (scambio di scherzi, dispetti). Anche quando le viene chiesto se – in questo remoto caso in cui questi scambi ci siano stati – lei lo considererebbe stalking, non risponde: «Che diritto ho di giudicare se 41.000 mail siano stalking? Magari è una madre che aggiorna il padre sui figli. Magari si tratta di amici. Insomma, è un’ipotesi troppo generica!».
Morgan è tranquillo, impassibile. Cerca di metterla a suo agio e – da professionista – le spiega di non aver interesse nel farla sentire accerchiata, di volerle dare l’opportunità di dire quello che veramente è successo. «Io non conosco la verità, quella la sai solo tu. Sono solo rimasto affascinato dalla tua storia (dal racconto di Richard) e voglio che tutti possano avere la possibilità di sentire la tua versione».
Fiona Harvey: la sua vita prima di Baby Reindeer
Con la stessa calma, le chiede della sua vita. Sostiene di aver avuto un’infanzia felice («tipicamente scozzese»), nonostante la povertà e la mamma costretta a lavorare tanto per poterle consentire una vita agiata. Sottolinea, infatti, di aver avuto un’infanzia povera “ma alto-borghese”. Di relazioni ne ha avute «sicuramente più di Richard», poi si corregge e dice di non sapere in realtà se sia vero, di avere un partner ora (con altrettante informazioni caotiche).
Sulla sua vita lavorativa dà altre informazioni poco coerenti, ma è una domanda soprattutto a metterla in difficoltà. Morgan, infatti, si avvia a concludere chiedendo se sia ancora solita mandare mail. «Certo, ne mando tante e a tante persone. A un certo punto sono arrivata ad avere sei account diversi!».
E qui lui è – comprensibilmente – sorpreso. «Ma come sei?» chiede, «Non sono un po’ troppi?».
«No ma forse erano quattro… Comunque ecco, mi piace tenere le persone separate. Dare a persone diverse mail e contatti diversi, così da non mischiare lavoro e vita privata o simili». Ha ammesso anche di avere quattro cellulari, per poi tornare sui suoi passi e dire che alcuni si sono rotti nel corso degli anni.
Baby Reindeer: caso chiuso
Dopo quasi un’ora di intervista non si può che giungere a una conclusione: in questa storia non ci sarà mai una fine, non ci sarà mai un vincitore. Sicuramente per rendere la storia drammatica, Gadd ha romanticizzato alcune situazioni e aggiunto avvenimenti più o meno gravi. Però il personaggio di Martha – dalle espressioni ai movimenti – sembra essere stato studiato e recitato alla perfezione. La verità non è sicuramente quella che abbiamo visto sullo schermo, ma non deve andarci tanto lontano.
Forse né Fiona né Richard sono i buoni della loro storia, ma di sicuro i cattivi ci sono: noi che siamo andati a cercare le vere identità dei personaggi, che non ci siamo persi un minuto di questi programmi a cui sono stati ospiti. Noi che ancora una volta proviamo come ad essere tossica sia l’intera società in cui viviamo, che ci rende ossessionati da tutti i trend al punto da non farci scrupoli ad invadere la privacy di persone reali, che – a ragione o torto – si ritrovano vittime di vagonate d’odio.