Si fa presto a dire Flashdance. Non stiamo parlando solo di un musical di strepitoso successo grazie a una colonna sonora anni ’80 capace di far ballare anche i più riottosi o per merito del bel faccino di una 20enne dai riccioli ribelli di nome Jennifer Beals. Anche oggi che il film compie la cifra tonda di 40 anni (facendoci venire il mal di pancia perché di colpo misuriamo il tempo passato… Ma come? Non era l’altro ieri che lo vedevo per la prima volta con la mia amica del cuore?) e il Festival di Pesaro lo celebra dedicandogli l’apertura, bene, anche oggi se ne parlate con un critico di cinema lo vedrete arricciare il naso.
Il regista è Adrian Lyne
Sì, perché dietro la cinepresa c’era Adrian Lyne, regista inglese assai furbone e capace di fare centro ricorrendo a mezzucci ritenuti troppo facili. E troppo vicini alla pubblicità: musica accattivante, primi piani, dettagli ravvicinati delle parti del corpo femminile – piedi, cosce, glutei, spalle, occhi – montaggio velocissimo ed estetica simil video musicali di Mtv (nata appena due anni prima, nel 1981), più una storia semplice semplice, che rivisitava in chiave moderna quella della stramaledetta Cenerentola. Quell’Adrian Lyne che in seguito avrebbe sfornato 9 settimane e ½, Attrazione fatale, Proposta indecente, Lolita, facendo ogni volta centro e incassando milioni di dollari. Flashdance era l’inizio e funzionava alla grande. Costato pochissimo, incassò la cifra astronomica di 200 milioni di dollari. Adrian Lyne conosceva bene i suoi polli e preparava loro ciò che volevano.
Jennifer Beals è la diva di Flashdance
Ma tutto ciò non sarebbe bastato a farne il cult a cui perfino un simpatico snob come Nanni Moretti dedica una sequenza in Caro Diario (l’incontro con Jennifer Beals a cui dice che avrebbe voluto saper ballare) se, sotto sotto, non ci fosse stato qualcos’altro. E a rivederlo oggi si capisce bene: Lyne cucinava un vecchio piatto secondo nuove regole. Prima di tutto la ragazza. Il film si apre con Alex (ovvero Jennifer Beals) che in un’alba livida, su una bici di quelle da corsa, è ferma a guardare un gatto, poi si butta a pedalare a perdifiato per le strade bagnate di pioggia di una città industriale: Pittsburgh. La ritroviamo nella scena seguente con una maschera sul viso e la fiamma ossidrica in mano. Alex lavora come saldatrice in una fabbrica, è un’operaia con scarponi e calzoni da lavoro, un numero nella catena di montaggio, una proletaria. Non ha volto né corpo.
Una donna bella, una ballerina strepitosa
Di notte, però, Alex è una ballerina che si esibisce in un bar di amici insieme ad altre ragazze. Ha 18 anni (e all’epoca le critiche dissero: nessun 18enne, men che meno femmina, lavora come saldatore). È senza famiglia, ha un gruppo di amici del cuore e vive in un loft industriale (sempre in quegli anni soluzione abitativa ancora quasi sconosciuta qui da noi) con il suo cane di nome Grugno. È bella, libera come l’aria perché non ha genitori, piena di energia (come potrebbe altrimenti pedalare così nel vento e nella pioggia?), ama gli animali, ma soprattutto ha un sogno da inseguire: vuole diventare una ballerina classica e iscriversi all’Accademia.
Come una moderna Cenerentola
Ora, siamo nel 1983: nessuna Cenerentola ha mai fatto la saldatrice e va in bici come una pazza, e la cosa piace. Alex è maschile nel lavoro che fa, nel modo di vestirsi e muoversi, perfino nella sua solitudine. Ma è anche donna. Nel primo balletto, sulle note di Maniac, il pubblico fa tanto d’occhi quando, tirando una catenella, si rovescia addosso una cascata d’acqua e, scatenata, spruzza tutti volteggiando i capelli: un video elettrizzante di Mtv più la sua bellezza.
Flashdance mostra un nuovo tipo di ragazza libera
Adrian Lyne tratteggia un nuovo tipo di ragazza: liberissima, completamente indipendente, padrona del suo corpo, testona, maschile e femminile, forte e fragile allo stesso tempo, ma molto morale, capace anche di rifiutare in un primo tempo gli inviti a cena di Nick, il suo capo con tanto di Porsche (all’epoca arma di seduzione non indifferente), perché «non mi piace uscire con il padrone della fabbrica dove lavoro». Padrone che (ah, quel furbone di Adrian Lyne) possiede, sì, la fabbrica, però viene anche lui dal basso, anche lui ha conosciuto tempi oscuri, ma inseguendo il suo sogno… alla fine eccolo qua dall’altra parte della barricata. Alex non si lascia sedurre né dal suo potere, né dalla Porsche, né dall’idea che stargli vicino le spianerebbe la strada, tantomeno dal fatto che lui interceda per farla prendere al provino dell’Accademia, lei che non ha mai studiato danza: anzi, quando lo scopre, gli tira dietro una scarpa!
È diventata Flashdance mania
Piaceva Alex, moltissimo, a tutte. Anche a quelle che a stento lo ammettevano. Soprattutto per quella sua dirompente energia che la spronava anche nei momenti bui. E, oltre a tutto ciò, piacevano anche molto quei body molto sexy, quegli scaldamuscoli, tutti quegli esercizi che praticava da sola incessantemente per essere perfetta per forma e tono muscolare. Dopo Flashdance, aprirono una sequela di negozi strapieni di questi accessori (a Milano “Danza” era il più famoso), anticamera di quella cura del corpo che sarebbe cresciuta a dismisura negli anni a venire. Anche in questo campo Adrian Lyne anticipava i tempi. Come nell’ultimo fermo immagine del film in cui Alex, passato il provino a cui alla fine ha accettato di presentarsi, porge a Nick una rosa dal mazzo che lui le ha portato. Come a dire: siamo in due a condurre il gioco, siamo alla pari.
Merito anche della musica fantastica di Giorgio Moroder
Poi naturalmente c’era tutta quella musica scritta da Giorgio Moroder e quella canzone finale, What a Feeling, cantata da Irene Cara (unico Oscar del film), che diceva: «In un mondo fatto di acciaio, fatto di pietra, prendi la tua passione e trasformala in realtà». Il vecchio American Dream, all’epoca ormai morto e sepolto. E qui Adrian Lyne ripeteva l’ovvio ma, si sa, mai rinunciare a un sogno, chissà mai… Nella realtà poi Jennifer Beals, studentessa di Yale scelta fra 4.000 aspiranti per la parte di Alex, di fronte al successo planetario del film, non se la sentì di affrontare il Moloch hollywoodiano, ritornò a studiare laureandosi in Letteratura americana e poi si sposò. All’epoca dichiarò di non poter immaginare «di essere come Julia Roberts, e di non avere il coraggio morale per resistere a quel genere di attenzioni». Continuò invece a lavorare nel cinema indipendente e in tv. A volte i sogni, anche se si avverano, possono far paura. Ed è preferibile ridimensionarli.
Flashdance alla mostra del nuovo cinema di Pesaro
Flashdance inaugura la 59esima edizione della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema, a Pesaro dal 17 al 24 giugno. Ed è solo l’inizio di una settimana ricchissima di appuntamenti. Da non perdere l’omaggio a due premi Oscar: il regista Giuseppe Tornatore, con la rassegna dedicata ai suoi capolavori, da Nuovo Cinema Paradiso a Ennio, una mostra fotografica e la monografia Giuseppe Tornatore. Il cinema e i film; e lo scenografo Dante Ferretti, con la proiezione di Hugo Cabret e la presentazione della sua autobiografia Immaginare prima. Il programma completo è su pesarofilmfest.it.