Il film applaudito a Venezia

Un grido. Di denuncia, dolore, aiuto. Uno schiaffo per aprire gli occhi. È questo il film Green Border di Agnieszka Holland che ha vinto il Premio Speciale della Giuria all’ultimo Festival di Venezia e ora è nelle sale. Girato in bianco e nero racconta il dramma dei rifugiati che cercano di passare il confine tra Bielorussia e Polonia, il cosiddetto Confine verde, rimpallati da un Paese all’altro, da una striscia di terreno all’altro, costretti a passare più volte sotto il filo spinato. Spesso picchiati dalla polizia di confine di entrambi i Paesi, trattati come bestie senza cibo né acqua e nient’altro che le loro valigie come cuscino e riparo per la notte in mezzo ai boschi e alle paludi. Sono indubbiamente immagini forti che ci mostrano una realtà che avviene alle porte dell’Europa.

Green Border

Una storia per raccontare quello che succede nel cosiddetto Green Border tra Bielorussia e Polonia

La regista polacca sceglie la strada del racconto a capitoli, attraverso le storie di una famiglia siriana – mamma, papà, tre figli piccoli e il nonno – e di una donna afghana sola attirati da un facile passaggio verso l’Unione europea. Arrivati in Bielorussa con l’aereo rimangono però intrappolati in una crisi geopolitica cinicamente architettata dal dittatore bielorusso Aljaksandr Lukašėnko, considerati nemici, una minaccia dalle autorità polacche e appena cercano di varcare il filo spinato vengono subito ricacciati indietro, insieme a tanti altri profughi provenienti da diversi Paesi come l’Iraq, lo Yemen, il Congo… La regista mette a fuoco il loro dramma, insieme anche al lavoro di un gruppo di attivisti che cerca come può di fornire i primi aiuti, i vestiti, le scarpe, le medicine, le visite di un dottore, un avvocato, ma che ha le mani legate da una situazione che è tragica e complicata. Tra questi c’è Julia, una psicologa, che quando vede le persone morire decide di agire e mettere la sua casa e il suo tempo a disposizione di chi ha bisogno. In cerca di umanità però Agnieszka Holland ci mostra anche i dubbi e il conflitto interiore di Jan, una giovane guardia di frontiera.

Green Border

E sono proprio i gesti di umanità che alla fine riscattano il film: in mezzo a tutto questo orrore restiamo umani sembra dirci la regista. Come i suoi protagonisti che non si girano dall’altra parte ma decidono di allungare una mano. Succede, anche da chi meno ti aspetteresti.