Qual è il filo rosso che unisce questi romanzi? La forza del racconto, i temi trattati, la scrittura mai banale. Il fatto che, in qualche modo, ci hanno colpiti. E perché le autrici sono straordinarie. Per questo li abbiamo scelti e ve li consigliamo. Per portarli con voi in vacanza o in città. Altri se ne aggiungeranno o, magari, suggeriteli anche voi. Intanto scoprite i nostri preferiti qui.

AA.VV.

Donne come noi (Sperling & Kupfer)

«È un bel momento per essere donna» scrive il direttore di Donna Moderna nell’introduzione a questo saggio che raccoglie 100 storie di donne eccezionali. Sono donne che abbiamo incontrato e intervistato, che ci hanno colpito per la loro intraprendenza, il coraggio, la voglia di combattere. Famose e non. C’è la pugile Irma Testa, che grazie alla boxe è riuscita a trovare la sua strada e a non cadere nella trappola della violenza di Torre Annunziata; c’è Jane Da Mosto, innamorata della sua Venezia e dell’ambiente e che lotta per mantenerla meravigliosa. C’è Alessandra Laricchia, la prima ranger italiana che lavora nella Savana; c’è Francesca Bosco che collabora con l’Europol e la Nato per la sicurezza informatica. C’è Paola Zukar, innamorata del rap e oggi manager di Fabri Fibra e Marracash; c’è Giorgia Benusiglio che a 17 anni ha rischiato di morire per una pastiglia di ecstasy e oggi va nelle scuole a portare la sua testimonianza e a insegnare ai ragazzi a non buttare via la loro vita; c’è Giusi Nicolini, ex sindaco di Lampedusa ed esempio di accoglienza… Sono tante, belle, di esempio per noi tutte. Perché a volte le loro sono storie nate per caso, dalla voglia di rimettersi in gioco e di provarci, di alzare la testa e imporsi, come spesso succede alle donne. Storie anche di resilienza e di “resurrezione”. Lo specchio di una società che non si arrende e dove possiamo sempre più essere protagoniste. Eccoci. Leggeteci.

Sally Rooney

Parlarne tra amici (Einaudi)

«Vedere l’interno delle case degli altri era una mia grande passione». Sarà per questa frase, che appare di colpo nella prima pagina di Parlarne tra amici (Einaudi), che mi sono sentita attratta dal romanzo di Sally Rooney, 27enne irlandese già considerata un fenomeno letterario. Per questa passione, che condivido con lei, e per il linguaggio fresco, pulito e misurato. La protagonista, e io narrante, è Frances, 21 anni, colta e profonda abbastanza per scrivere poesie (che però non vuole pubblicare ma solo recitare nei locali) e consapevole abbastanza per non avere ancora deciso cosa fare della sua vita. Frances ha un’amica del cuore, Bobbi, che è stata anche la sua amante. Insieme incontrano una coppia di 30enni: Melissa, fotografa, e suo marito Nick, attore un po’ depresso. In questa atmosfera bohémienne (anche se siamo nella Dublino di oggi) si intrecciano le loro vite. Frances non è mai stata con un uomo eppure si innamora, forse, di Nick. Bobbi, bella, sensuale e spregiudicata (almeno così la vede la timida Frances) flirta con Melissa. Sally Rooney racconta attraverso Frances la giovinezza e il senso di spaesamento che si prova a 20 anni, quando vuoi cambiare il mondo ma non sai come fare, quando quello che impari non è mai abbastanza, quando hai sete di esperienze e conoscenza. Descrive passioni, ambizioni, voglia di emanciparsi. Narra di differenze generazionali e di classe sociale. Nel suo romanzo il “parlare tra amici” ricorda le conversazioni tra i protagonisti dei romanzi di Jane Austen nel 1700. Però trasportate ai tempi delle email e di Internet.

Banana Yoshimoto

Le sorelle Donguri (Feltrinelli)

Guriko e Donko sono sorelle, unite ma diversissime. Una è forte e spregiudicata, l’altra delicata e morbida. Rimaste orfane da bambine hanno dovuto adattarsi e riempire i buchi degli affetti. Affidate agli zii si sono ritrovate ospiti. Fuggite dal nonno quando lui muore, si sono ritrovate di nuovo sole. Per questo la loro è una unione indissolubile. L’amore è sullo sfondo, per Donko è spregiudicato: consuma un’esperienza dietro l’altra; per Guriko è pudico e idealizzato. Per tenersi occupate, insieme hanno aperto un sito di posta del cuore a cui rispondono con parole semplici e dirette e forti della loro esperienza. Finché un gionro Guriko riceve la lettera di una donna che ha perso il marito, e nel suo dolore lei ritrova il suo per la perdita di un fidanzato mai dimenticato. Con una scrittura semplice e “silenziosa”, che sembra fatta di sospiri e immagini, Banana Yoshimoto parla di perdita e dolore, di sogni e piccole cose, con uno sguardo malinconico, rarefatto, muto, che sa quasi rendere concreto il vuoto.

Jennifer Egan

Manhattan Beach (Mondadori)

Qui siamo a New York durante la Seconda Guerra Mondiale. Anna è una ragazza determinata, il padre è scomparso e vorrebbe ritrovarlo. Intanto sogna di fare la palombara, di immergersi nel porto di Manhattan per scoprire cosa c’è sotto. New York è una città in crescita, ci sono i gangster e i criminali, i marinai e il sindacato, l’alta borghesia e i bassifondi, i night club e i quartieri popolari. C’è la voglia di indipendenza e libertà delle donne, l’America che diventa una grande potenza militare, il mondo che sta cambiando. Jennifer Egan, già premio Pulitzer nel 2011 con Il tempo è un bastardo, scrive un romanzo storico complesso e documentatissimo (ci ha messo 10 anni per scriverlo) che si legge d’un fiato, mettendo insieme diversi piani narrativi e riuscendo a “dipingere” la città e renderla viva. La voglia di immergersi di Anna è anche metafora del suo desiderio di verità (cosa è successo a suo padre?), il mare rappresenta la forza della natura e il movimento continuo. Chi ama i grandi romanzi lo adorerà.

Annalisa Monfreda

Come se tu non fossi femmina (Mondadori)

Il sottotitolo di questo libro è “Appunti per crescere una figlia”. Eppure anche io, mamma di un adolescente maschio, mi ci sono ritrovata: prima come madre, poi come come donna, e infine zia di 3 ragazze. E’ un libro autobiografico che racconta di un viaggio, che è viaggio fisico in Croazia, in macchina, dell’autrice con le due figlie di 6 e 9 anni (il papà all’improvviso ha dato forfait per motivi di lavoro) ed è un viaggio di scoperta, di quello che si può imparare dai bambini e dai propri figli. Nonché di scoperta di sé, dell’educazione che ci è stata impartita, dei pregiudizi, delle cose imparate dalla vita e dai libri letti. Il filo che tiene insieme tutto è formato da 50 lezioni, dalla prima «la più importante: non perdete mai la strada del desiderio», all’ultima: la libertà, il dono più grande che si può fare a un figlio. Il tono è confidenziale, piacevole, fa venire voglia di viaggiare con i propri “cuccioli” e di guardarli con occhi nuovi. Un lungo racconto dove ognuno può imparare qualcosa: dal potere della gentilezza alla forza della passione, dalla ricerca della bellezza alla cura della felicità. Senza farsi imbrigliare da certi stereotipi che ci vogliono etichettare solo come “femmine”.

Nadia Terranova

Addio fantasmi (Einaudi)

È intriso di nostalgia, e bellissimo, il nuovo romanzo di Nadia Terranova. Si intitola Addio fantasmi (Einaudi), arriva dopo il premiatissimo Gli anni al contrario (sempre Einaudi) e alcuni libri per ragazzi. Ed è ambientato a Messina, città dove peraltro l’autrice è nata. Ci sono una casa piena di ricordi, che si sta sgretolando a poco a poco. C’è una madre che cerca di non affogare nella tristezza, impegnandosi nella praticità della vita. C’è una figlia che torna per dare una mano a sgomberare le stanze, ma in realtà è qui per fare i conti con le sue ossessioni. E c’è una ingombrante assenza. È quella del padre andato via di casa quando Ida, la figlia, aveva solo 13 anni. Un’assenza che le ha segnato l’adolescenza e i giorni finché è diventata adulta. Un’assenza senza nome né corpo. A cui dare una voce, un odore, una forma, per “guarire” in qualche modo dal dolore. «La mia intera vita dimostrava com’è facile amare un assente» dice Ida quando comincia a uscire da quel guscio di sofferenza e ad aprirsi agli altri. Nadia Terranova racconta di un grande dolore attraverso gli oggetti, i sogni e i ricordi di Ida. Attraverso il tempo che passa, l’acqua che si insinua ovunque, il confronto con la madre. Un libro intenso che insegna quanto siamo tutti «un gruppo di sopravvissuti ciascuno alla propria battaglia».

Lucrezia Sarnari

Dieci cose che avevo dimenticato (Rizzoli)

Ancora due sorelle: Marta e Giò. Marta vive a Parigi per una azienda di comunicazione in cui ha fatto una carriera fulminante. E’ allegra e chic. Si è appena tagliata i capelli come l’attrice francese degli anni ’60 Jean Seberg. Marta invece arranca un po’, da Milano si è trasferita in provincia per crescere il suo bimbo di 3 anni. Ha scelto l’amore al posto del lavoro come fotografa, la sua passione, ma fa la speaker in una piccola radio per un programma dove si parla di conciliazione famiglia e lavoro e problemi di mamme. Un giorno però tutto viene messo in discussione con la morte della nonna dalla quale ereditano la pasticceria di famiglia. Si scoprono misteri e passioni, la vita semplice e lenta di un paesino umbro, le vecchie amicizie. E fa venire voglia di cambiare vita.

Julianne Pachico

Le più fortunate (Sur)

Julianne Pachico ha 33 anni, è nata a Cambridge, in Inghilterra, ma è cresciuta a Cali, in Colombia, dove i suoi genitori lavoravano nell’ambito della cooperazione internazionale. Per questo il suo libro d’esordio è ambientato in Colombia e ha come protagonista l’élite cosmopolita, americana, su cui incombe un senso di minaccia. Il libro in realtà è formato da 11 racconti, ambientati in diversi periodi, dal 1993 al 2013, e in diverse zone del Paese per raccontarne la storia: quella dei narcos e delle Farc, le Forze armate rivoluzionarie, dell’apertura economica all’Occidente e dei contrasti. Attraverso le esperienze e le impressioni di alcune ragazze privilegiate, figlie di diplomatici o di politici, che vivono in ville faraoniche in mezzo a una natura sontuosa. Ma anche dei loro professori, delle governanti… Ogni racconto è un quadro, forte, che rimane dentro.

Chiara Moscardelli

Teresa Papavero e la maledizione di Strangolagalli (Giunti)

40 anni, qualche chilo in più, una mente che viaggia veloce. Questa è Teresa Papavero, un personaggio che vi starà subito simpatico perché si veste in modo strano, è buffa e un po’ goffa, ha lavorato in un sexy shop (pardon, era una boutique sexy per signore), ha un padre “ingombrante”, cerca l’amore (anche molto più giovane) su Tinder, e soprattutto decide di trasferirsi in un borghetto a sud di Roma dal nome improbabile per aprire un B&B con la sua migliore amica. Teresa è una tipa particolare che comunque piace e conquista gli uomini (ma per saperne di più dovete leggere il romanzo) e ha un intuito acuto con cui risolve casi. Il suo sogno era fare la profiler (sì, come quella dei telefilm) e così quando Paolo, con cui aveva programmato una seratina romantica, muore, si butta a capofitto nelle indagini. Chiara Moscardelli ha scritto un giallo divertente, brillante e intelligente ambientato in un paese che, per alcuni aspetti, ricorda il mondo di Guareschi (almeno a me lo ha ricordato) con personaggi a cui ti affezioni. Perfetto da leggere sotto l’ombrellone. A proposito… Strangolagalli esiste davvero. Teresa chissà.

Celeste Ng

Tanti piccoli fuochi (Bollati Boringhieri)

L’inizio è folgorante. Mrs Richardson è sulla strada, in vestaglia, che guarda i pompieri che stanno cercando di spegnere l’incendio che le sta distruggendo la sua bellissima casa. Più avanti 3 dei suoi figli – Trip, Lexie e Moody – sono seduti sul tetto della jeep del più grande in attesa. La minore, Isabelle, detta Izzy, 15enne, è sparita. Siamo a Shaker Heights, Cleveland, Ohio nel 1998, e sotto l’apparente perfezione di quel villaggio americano, covano “tanti piccoli fuochi” innescati dall’arrivo di Mia, una stravagante e ribelle artista, e della figlia adolescente Pearl. Il romanzo di Celeste Ng è un percorso a ritroso, una indagine tra le ipocrisie e i segreti della provincia americana, sullo sfondo problemi come l’immigrazione, la razza, le differenze sociali che dividono, la ricerca della libertà e di una identità. La trama è complessa, intrecciata, costruita alla perfezione. I personaggi ben delineati. L’autrice è bravissima e il romanzo si legge d’un fiato.

Delphine De Vigan

Le fedeltà invisibili (Einaudi)

Come si fa a raccontare la vita? A descrivere il dolore e lo smarrimento di un ragazzino strappato da un divorzio? A comprendere i turbamenti che lo affliggono, la sua ricerca muta di un aiuto? La francese Delphine De Vigan ci riesce benissimo in questo romanzo breve e asciutto, che colpisce a fondo, rimane dentro e a volte fa male (ma non è questo che caratterizza un grande scrittore?). I protagonisti del romanzo sono 4. Quattro voci che si alternano: quelle di Théo e Mathis, 12enni e compagni di scuola, di Hélène, l’insegnante, e di Cécile, la madre di Mathis. Ognuno ha un dramma nascosto dentro il cuore. Théo è figlio di genitori separati e la storia ruota attorno a lui e alla sua voglia di autodistruzione. Perché Théo beve di nascosto a scuola, e trascina Mathis in questo viaggio verso la perdizione. «Vorrebbe raggiungere lo stadio in cui il cervello si mette in pausa. Lo stato d’incoscienza. Far tacere finalmente quel rumore acuto che sente solo lui» scrive Delphine De Vigan. Mathis vorrebbe aiutare l’amico, capire, ma non riesce a decifrare qualcosa più grande di lui. Hélène ha invece avuto un’infanzia difficile e riesce a vedere le ferite dentro i suoi studenti. Si espone per “salvare” Théo. Cécile è infine frastornata dagli eventi che le piombano addosso. E’ bello il quadro che la De Vigan riesce a tracciare dei rapporti fra adolescenti e adulti, intensa la descrizione dei “pesi” che a volte dobbiamo sopportare. Leggendo la sua narrazione scarna si sentono la solitudine e la disperazione, la passione che lei ci mette nel raccontare le sfumature più intime dell’animo di un ragazzo e di chi lo vuole aiutare. Un romanzo che parla di come, nonostante tutto, si possa rimanere fedeli ai propri genitori anche se loro per primi non vedono e non sono in grado di aiutare se stessi. Ma anche di lealtà fra amici e fra insegnanti e studenti.