Si dice che la mamma sia sempre la mamma. Nonostante i suoi sbagli e le imperfezioni che pure da figli ci vanno stretti. Ma al di là della presunta perfezione che ci si aspetta da un genitore, la maggior parte di noi non si interroga quasi mai su quella porzione di vita in cui nostra madre o nostro padre non erano tali. Chi erano e chi sono quando non sono impegnati a prendersi cura di noi? Quali sono le loro paure? Che tipo di persone avrebbero voluto essere? Questi interrogativi hanno dato vita a Mia madre mi fa impazzire (People) di Lucrezia Sarnari, da pochi giorni in libreria. L’autrice, classe 1983, marchigiana di origine, ma perugina di adozione, racconta: «È un libro per i figli, perché anche se non diventiamo genitori lo siamo tutti». Ma è anche il frutto di quattro anni di lavoro e di tanta introspezione. E come vedremo, gli esiti sono sorprendenti.
Mia madre mi fa impazzire di Lucrezia Sarnari
Nella vita è una giornalista che si occupa anche di comunicazione. È stata la maternità, nel 2013, a farla avvicinare alla scrittura e a convincerla ad aprire il blog C’era una vodka. Lei dice che ogni suo libro risponde a un quesito. Qual è quello di Mia madre mi fa impazzire?
«Questo libro nasce da una considerazione che ho fatto da figlia. Avevo 37-38 anni, ero mamma e ho pensato a mia madre quando aveva la mia stessa età. Io la ricordo bene perché abbiamo soltanto 18 anni di differenza. Mi sono resa conto che non sapevo nulla di lei prima della maternità. Questa è stata la premessa, poi mi sono chiesta: in che situazione e in che momento della nostra vita impariamo ad amare e soprattutto ce lo insegnano le nostre famiglie o il contesto che viviamo?».
Che risposta si è data?
«Ho sempre accusato mia madre di non essere stata accudente e affettuosa come avrei voluto, ma poi mi ha detto una cosa illuminante: “Nessuno mi ha insegnato a fare la mamma perché anche io ne ho avuta una anaffettiva”. Allora mi sono chiesta se questo processo si potesse in qualche modo interrompere. Per questo nel libro ho voluto i personaggi di Piera e Elena: una madre e una figlia, a sua volta mamma, che hanno già messo in campo questa disfunzionalità affettiva appresa in famiglia. E poi c’è Carlotta, la figlia 18enne di Elena, che cerca di interrompere il copione per cui se siamo stati amati male non possiamo farlo bene. Io penso che a prescindere dagli esempi si possa imparare un nuovo modello relazionale, ma ci vuole un percorso psicologico di sostegno».
Mia madre mi fa impazzire: i personaggi
Definirebbe Mia madre mi fa impazzire un libro autobiografico?
«C’è un po’ di me in tutte e tre le protagoniste del libro. Sicuramente la figura di Elena che è sia mamma che figlia è quella che sento più vicina: è irrisolta come genitore perché si sente inadeguata, ma allo stesso tempo cerca ancora l’amore della madre. Le altre due invece sono due esagerazioni. Carlotta è una giovane adulta, molto matura per la sua età, e cerca di risolvere il rapporto fra la madre e la nonna Piera. Quest’ultima è il personaggio che mi sono divertita di più a scrivere. Mi piaceva l’idea di questa anziana vedova che rivoluziona la sua vita: è un messaggio di autodeterminazione che non riguarda l’età, ma la volontà».
Piera, Elena e Carlotta: tre generazioni in terapia
Le sue tre protagoniste, Piera, Elena e Carlotta iniziano un percorso terapeutico insieme: nella studio dello psicologo si parlano come non sono mai riuscite a fare, si mettono in ascolto e in relazione. La psicoterapia è il quarto personaggio del libro?
«Non direi che ho affrontato il tema della salute mentale. Diciamo che la figura dello psicologo resta un po’ in sordina, mentre la seduta è un’escamotage narrativo: mi serviva per mettere in relazione le tre protagoniste e farle dialogare. Non volevo che i miei lettori cercassero all’interno di Mia madre mi fa impazzire il funzionamento di una seduta, ma soprattutto ho fatto attenzione a non scrivere cose irreali o dannose. Per questo ho consultato anche una mia amica psicologa».
Si intuisce però che il linguaggio psicoterapeutico lo mastica.
«La cosa curiosa è che quando ho scritto il libro quattro anni fa non avevo ancora iniziato il mio percorso di terapia. Quando l’ho ripreso in mano ho realizzato che le conclusioni a cui sono arrivata con le sedute, erano le stesse delle mie protagoniste. Ma avevo scritto tutto senza essere stata in analisi, per questo penso che ogni persona che sappia guardarsi dentro e interrogarsi, le risposte le trova. La terapia ci aiuta a prendere questi responsi e renderli il filo conduttore della nostra vita, per cambiarla. Anche nel libro, lo psicologo è semplicemente una guida».
Perché leggere Mia madre mi fa impazzire di Lucrezia Sarnari?
Nel libro, Carlotta di tanto in tanto fa un elenco di vantaggi e svantaggi rispetto a ciò che le accade. Un vantaggio e uno svantaggio di aver scritto Mia madre mi fa impazzire?
«Scrivere questo libro mi ha fatto riflettere sul perdono e non era un tema che volevo affrontare. Ci tenevo a dire che anche se si è cresciuti in una famiglia disfunzionale non è detto che diventeremo adulti con disfunzionalità affettive. Poi, proprio perché la scrittura sa sorprendere, ho capito che il tema cardine era un altro, il saper perdonare. Lo svantaggio è che dopo aver letto e scritto Mia madre mi fa impazzire si realizza che diventare adulti è una gran fatica. L’età adulta è estrema consapevolezza: è un vantaggio e uno svantaggio allo stesso tempo».