Classici e letteratura femminile. Rispondo così a chi mi chiede che tipo di libri leggo. Ma se chiarire che cos’è un classico è molto più semplice, molto più complicato è spiegare che si intenda per letteratura femminile. Qualunque sia la definizione che vogliamo darne però, queste due parole sono sinonimo di sguardo originale sul mondo. Che è ciò che caratterizza anche la scrittura di Rachel Cusk, autrice britannica, vincitrice della 27esima edizione del Premio Malaparte, curato da Gabriella Buontempo e sponsorizzato da Ferrarelle Società Benefit.
Questo prestigioso riconoscimento letterario premia il valore dell’intera produzione della scrittrice e la conferma una delle voci femminili di spicco del nostro secolo. Quindi, ecco perché Rachel Cusk non dovrebbe mancare nella tua libreria.
La realtà sfaccettata di Rachel Cusk
Per Rachel Cusk Capri, dove lo scorso 6 ottobre ha ricevuto il Premio Malaparte, è un luogo familiare: dieci anni prima era qui in viaggio di nozze. L’intimità con quest’isola le infonde tranquillità. La stessa con cui placidamente risponde alle domande di noi giornalisti. Si prende il suo tempo per pensare, risponde sinteticamente, ma le sue parole condensano significati e concetti di cui potremmo discutere per ore. Ecco, la sua scrittura funziona allo stesso modo e il lettore che, apprestandosi a leggere un suo libro, pensasse di terminarlo in poco tempo, resterebbe deluso. Cusk, infatti, è un’autrice complessa con cui è necessario condividere un bel po’ del proprio tempo.
È la trilogia composta da Resoconto (2018), Transiti (2019), Onori (2020) – tutti e tre editi da Einaudi nella traduzione di Anna Nadotti – ad aver reso celebre la scrittrice. Tre romanzi che hanno al centro la figura di Faye, scrittrice inglese, da poco separata e con due figli di cui occuparsi. È lei la voce narrante, ma è soprattutto il mezzo con cui il lettore incontra le vicende, i racconti e i pensieri dei personaggi che la protagonista vive. Così il velo della realtà – per come la conosciamo – si squarcia per restituirne un’altra più sfaccettata. La scrittura di Rachel Cusk ci prende dal binario in cui scorre la nostra vita quotidiana e ci trasporta in quelle vite degli altri che di solito guardiamo da lontano o ci limitiamo a sfiorare.
I romanzi di Rachel Cusk: una stanza apparentemente in ordine
La trilogia di Rachel Cusk è stata fin da subito accolta con grande favore dalla critica letteraria. La scrittrice è considerata un’innovatrice del genere del romanzo. La lettura dei libri che ne fanno parte è paragonata all’atto di entrare in una stanza in cui apparentemente è tutto in ordine, ma le cui fondamenta sono instabili. A proposito Cusk afferma: «Non è tanto il fatto che le fondamenta stanno per franare, è che io sono chiusa fuori casa. Credo che il mio lavoro sia fatto per abbandonare le strutture e arrischiarmi in quello che potrebbe esserci al di fuori. Ho sempre cercato di smantellare la rappresentazione e di trovare modi alternativi per raffigurare la realtà».
E a chi le chiede perché l’ha fatto risponde: «Credo sia stato il tema della femminilità a portarmi a voler distruggere le cose e a trovare dei mezzi differenti per la rappresentazione. In Una stanza tutta per sè Virginia Woolf afferma che la letteratura femminile dovrebbe avere frasi diverse, paragrafi diversi, dovrebbe comprendere libri che potrebbero essere stati scritti soltanto da una donna. Anche se inizialmente non era questa la mia idea in modo deliberato, mi rendo conto, guardandomi indietro, che è questo che sto cercando di fare».
La scrittura in un mondo di ingiustizia
«Non volevo scrivere necessariamente dell’essere una donna o di maternità, ma credo siano aspetti che fanno parte di quel mondo di ingiustizia che rende così difficile avere dei figli e crescerli in questo mondo. L’ingiustizia ha sempre fatto parte della mia vita e del mio lavoro» afferma Rachel Cusk. È da qui che viene lo sguardo originale sul mondo, sinonimo di prospettive inedite, che caratterizza la letteratura femminile: dall’ingiustizia. Il sentimento che ci pone di fronte a domande quali “che significa essere una donna?” o “che cos’è una madre?”.
Cusk se l’è chiesto, prima come donna e poi come scrittrice. Lo ha fatto ne Il lavoro di una vita. Sul diventare madre (Einaudi) dedicato all’esperienza della maternità dell’autrice, dalla scoperta della gravidanza al primo anno di vita della figlia. Pagine senza idillio che restituiscono il dramma, il più delle volte taciuto, della scissione che vive una donna quando diventa madre: non può prevedere ciò che le accadrà e tra paura e solitudine prova a cucire i fili della vita che conosceva con quelli di una nuova e sconosciuta.
Rachel Cusk: i libri alleviano la nostra solitudine
Donna, moglie e madre. Che succede quando uno di questi elementi salta? Come conciliare il proprio desiderio di libertà ed emancipazione con un divorzio? O con i valori della famiglia tradizionale che continuano a spingerci nei luoghi comuni che pensavamo di aver abbandonato? Si chiede Rachel Cusk in Dopo, saggio contenuto nella raccolta Coventry. Sulla vita, l’arte e la letteratura (Einaudi). Dalla vita alla penna scorre l’esperienza della scrittrice.
Allora, in tempi in cui periodicamente ci lamentiamo che nessuno più legge, Cusk ci ricorda perché abbiamo bisogno dei libri:
«L’aspetto più potente dell’atto di scrivere e leggere è la solidarietà che si genera: nell’esperienza condivisa c’è una forma di rispecchiamento. Si raggiunge così lo scopo più semplice della letteratura: fare in modo che un individuo si senta meno solo. Io scrivo di donne e di maternità da una posizione di assoluta marginalità, dichiaro la mia impotenza, ma la solidarietà che si crea tra chi scrive o legge rappresenta una forma di potere».
Alle nuove generazioni invece, la scrittrice guarda con grande interesse. Trova che abbiano per lei un ruolo cruciale: cercano storie complesse, che non si limitino a una narrazione e che rappresentino un mondo più frammentato, fluido e interessante. Libri all’altezza della realtà che vivono e in cui spesso si sentono soli perché, così come gli è stata data, la rifiutano. Tuttavia, la rappresentazione di un mondo parallelo a Rachel Cusk non interessa: «Credo che ciò che sto scrivendo adesso, in realtà, sia la descrizione di persone che stanno tentando di liberarsi dalla formazione di un determinato carattere. Come l’arte figurativa vorrei andare verso una maggiore astrazione: perché in fondo non ci si può liberare dichiarando di non essere libere e questa è una cosa che gli uomini sanno».