Il ritorno di Giovanni Allevi dopo la malattia ha commosso il pubblico di Sanremo in uno di quei rari momenti in cui il Festival è riuscito a regalare autenticità e umanità in un panorama di discreta banalità. Il musicista, dopo due anni di cure per un mieloma multiplo, è salito sul palco dell’Ariston per un monologo in cui ha raccontato la sua esperienza con la malattia. E alla fine, nonostante mani visibilmente tremanti, si è messo al pianoforte dedicando a tutti “Tomorrow”.
Allevi: “All’improvviso mi è crollato tutto”
Lo spazio dedicato da Amadeus a Giovanni Allevi è stato senz’altro il momento più commovente della seconda serata della kermesse canora. Dopo due anni di stop a causa del mieloma multiplo che lo ha colpito, il pianista è salito sul palco dell’Ariston accolto dall’ovazione del pubblico. “All’improvviso mi è crollato tutto”, ha esordito Allevi che ha raccontato gli esordi della malattia, il percorso che ha dovuto affrontare, i dolori, le rinunce, ma anche gli incontri importanti e quelli che il compositore ha chiamato “doni”, per innalzare infine un inno alla solidarietà e alla bellezza della vita.
Gli esordi della malattia e la diagnosi
“Non suono più il pianoforte davanti ad un pubblico da quasi due anni”, ha raccontato Allevi commosso ed emozionato davanti al pubblico del 74mo Festival della canzone italiana. “Nel mio ultimo concerto, alla Konzerthaus di Vienna, il dolore alla schiena era talmente forte che sull’applauso finale non riuscivo ad alzarmi dallo sgabello. E non sapevo ancora di essere malato. Poi è arrivata la diagnosi, pesantissima. Ho guardato il soffitto con la sensazione di avere la febbre a 39 per un anno consecutivo”, ha spiegato il maestro.
Per Allevi un percorso di dolore e rinascita
“Ho perso il lavoro, i capelli, le certezze, ma non la speranza e la voglia di immaginare, come se il dolore mi porgesse inaspettati doni“, ha affermato Allevi che questi doni ha elencato uno dopo l’altro. “Quali? – si è chiesto Allevi – Vi faccio un esempio. Non molto tempo fa, prima che accadesse tutto questo, durante un concerto in un teatro pieno, ho notato una poltrona vuota. Come una poltrona vuota?! Mi sono sentito mancare! Eppure, quando ero agli inizi, per molto tempo ho fatto concerti davanti ad un pubblico di quindici, venti persone ed ero felicissimo! Oggi… dopo la malattia, non so cosa darei per suonare davanti a quindici persone. I numeri… non contano! Sembra paradossale detto da qui. Perché ogni individuo, ognuno di noi, ognuno di voi, è unico, irripetibile e a suo modo infinito”.
“Il giudizio che riceviamo dall’esterno non conta”
Fra gli altri doni che il musicista ha ricordato, “la gratitudine nei confronti della bellezza del creato”, “la riconoscenza per l’affetto, la forza, l’esempio che ricevo dagli altri pazienti, i guerrieri, così li chiamo” e la certezza che, “quando tutto crolla e resta in piedi solo l’essenziale, il giudizio che riceviamo dall’esterno non conta più”.
Esegue “Tomorrow”: “Perché domani sia un giorno più bello”
“Io sono quel che sono e voglio accettare il nuovo Giovanni” ha detto a un certo punto Allevi togliendosi il cappello e mostrando la sua capigliatura sempre riccia e folta, ma ormai argentata. Prima di sedersi al pianoforte ha avvertito il pubblico: “Ho due vertebre rotte e formicolio alle dita, non potendo più contare sul mio corpo, suonerò con tutta l’anima“. Ha eseguito “Tomorrow”, brano scritto durante i lunghi ricoveri, “perché domani, per tutti noi, ci sia sempre ad attenderci un giorno più bello”. Commosso l’omaggio finale all’artista marchigiano, tutti in piedi per un interminabile applauso, orchestra compresa.