La storia di Monsieur Gustave Eiffel
«Nel 1887, a Parigi, ci sono già la Senna, il Louvre, la cattedrale di Notre Dame. Il Sacro Cuore, beh… le prime pietre. E ovviamente ci sono parigini, parigine e… piccioni! E quindi? Sembra che manchi qualcosa. No?». Con queste parole si apre un divertente libro illustrato per adulti e bambini, pubblicato ora dal raffinato editore Clichy. Ha un titolo buffo, Ma a cosa serve la Torre Eiffel?, e arriva giusto giusto a 100 anni dalla scomparsa del suo inventore e costruttore: Monsieur Gustave Eiffel, nato a Digione nel 1832 e morto a Parigi il 27 dicembre 1923, il cui vero cognome era Bönickhausen. Diventato ingegnere meccanico, Gustave, preoccupato dal suono germanico, difficile da pronunciare per i francesi, lo cambiò in Eiffel, dal nome dei monti Eifel, in Renania, luogo di origine del padre. Così la torre di ferro più celebre al mondo, il simbolo di Parigi e di ogni bohémien, porta in sé il nome di una catena montuosa in terra tedesca. Una vera e propria ironia pensando per quanto tempo, nel passato, Francia e Germania abbiano combattuto tra loro. Comunque sia, Gustave, prima di creare il suo capolavoro, costruì in Francia ben 42 ponti e viadotti ferroviari in ferro e ghisa, lavorò in quelli che oggi sono il Vietnam e l’Ungheria, ma soprattutto progettò l’intelaiatura in ferro forgiato della Statua della Libertà a New York.
Il progetto e le origini della Torre Eiffel
Eiffel era il funambolico mago capace di creare i simboli delle città da ferro e ghisa, perché anche la Torre Eiffel «realizzata in pietra o cemento sarebbe crollata come un castello di carte» racconta l’autore del libro Samir Senoussi. Quando nel 1887 Eiffel vince il concorso organizzato in vista dell’Esposizione universale prevista a Parigi per il 1889, è pronto per dare vita al simbolo della grandeur francese, dell’infinita fiducia nel progresso. La costruì in soli 3 anni con una base quadrata di 125 metri di lato e un’altezza di 300 metri. All’epoca la torre più alta del mondo. Per realizzarla furono progettati 18.000 pezzi, vale a dire 5.300 progetti messi in campo da 30 progettisti. Poi, fu necessario tracciare, tagliare e forare questi pezzi al millimetro. E infine incastrarli perfettamente, come un gigantesco puzzle di metallo!
A cosa serviva?
Ma a cosa serviva la Torre Eiffel, oltre a essere un arditissimo simbolo del futuro a venire? Senoussi pone domande buffe, che già i parigini all’epoca argomentavano nelle loro teste. È una casa? Assolutamente no. Non è una chiesa, una tomba, un teatro, un tempio, una torre orologio. «Forse un trampolino gigante? Chissà. Magari una ferrovia per il cielo o un razzo per andare sulla Luna. E se fosse un cannone? Oppure un parafulmine. E, perché no?, un faro per la Ville Lumière?». Molti però la detestavano cordialmente, soprattutto letterati e intellettuali. Anzi, più d’uno ne chiedeva la rimozione. Un «mostro di ferro» la definiva Alexandre Dumas. Émile Zola, con infinito sprezzo, la chiamava «una ciminiera». Per Guy de Maupassant non era altro che «un’odiosa colonna di lamiera imbullonata», cosa che però non gli impediva di pranzare regolarmente nel ristorante al suo interno con la seguente scusa: «È l’unico posto di Parigi dal quale non la vedo». Nel frattempo Monsieur Gustave, per evitarne la demolizione prevista dopo la fine dell’Esposizione, si spreme le meningi per trovarle un’utilità, assegnandole il compito di diventare un luogo di osservazione scientifica. Vi condurrà 5.000 esperimenti. Da laboratorio meteorologico a faro nella notte, a luogo da cui studiare la caduta dei corpi, mille sono le pensate dell’ingegnere. Finché a Gustave viene in mente di offrire la sua torre all’esercito come antenna per la telegrafia senza fili. «Nel 1903, il capitano Ferrié ci piazza sopra un ripetitore radio. Parigi è un luogo strategico. E la sua grande Torre può svolgere quindi un ruolo nella difesa della città». Nel 1914, durante la Prima guerra mondiale, il ripetitore radio avverte il comando francese che i tedeschi sono in difficoltà, permettendo così di organizzare la controffensiva.
La Torre Eiffel icona di Parigi
La Torre Eiffel è salva, serve a qualcosa. Ma ancor di più è salva perché i parigini nel frattempo hanno imparato a guardarla, ad amarla, a immaginare che senza quegli archi grandiosi, senza tutti quei piani che si inerpicano verso le profondità del cielo sopra i tetti della loro città, Parigi non sarebbe più la stessa. Ormai la Torre è la modernità, la novità, il futuro. Continua l’autore: «È stata criticata per la sua bruttezza? È stata denigrata perché non somigliava a niente? La accusavano di essere fatta di ferro, un materiale volgare, a differenza della pietra? Beh, ora è esattamente il contrario. È fatta di ferro? Come le automobili, gli aerei, i missili! Non somiglia a nulla? Tanto meglio. È cubista come i quadri di Picasso. È astratta come le opere di Kandinsky e Miró. Il pittore Delaunay ne fa il soggetto di una cinquantina di dipinti! La Torre Eiffel è come una scultura. Un’opera d’arte pura!».