Il nuovo romanzo: La vita è bella, nonostante

Non diventiamo mai robot, continuiamo a emozionarci, ad amare e a credere nell’amicizia. È questo il senso della conversazione con una delle scrittrici italiane più lette, Sveva Casati Modignani. Lo spunto di questa chiacchierata è il suo nuovo romanzo, La vita è bella, nonostante (Sperling & Kupfer), quarto e ultimo capitolo di una serie di grande successo. Al centro della trama ritroviamo le quattro amiche create “dalla Sveva”, come la chiamano le sue lettrici, che le scrivono e le portano regali alle presentazioni. Il focus, stavolta, è su Carlotta, che nelle prime pagine deve affrontare un lutto. Al suo fianco, Maria Sole, Andreina e Gloria, che pure sanno cosa significhi lottare e ricominciare. Piccolo spoiler: il finale è lieto, perché la vita è bella (nonostante).

Sveva La vita è bella, nonostante - copertina

L’intervista a Sveva Casati Modignani

Oltre 12 milioni di copie vendute, traduzioni in 20 Paesi: chi sono le protagoniste dei suoi libri, specchio delle donne di oggi?

«In ogni romanzo racconto la storia di una di queste amiche inseparabili. Ho iniziato con Andreina, nata in un paesino, figlia di una ragazza madre: ha avuto un’infanzia e una giovinezza terrificanti. Nel secondo volume parlo della più giovane, Maria Sole, nata bene, cresciuta nella bambagia, tenuta all’oscuro di ogni segreto del sesso. Non si era neppure accorta che il suo più grande amico, conosciuto all’asilo, fosse omosessuale, e neanche lui ne aveva piena coscienza. Ritroviamo anche Gloria, al centro del terzo romanzo della serie. In questo libro sta rivalutando il suo amore per Sergio, il compagno di sempre. E infine, Carlotta, la più grande, si avvicina ai 49 anni. È un po’ la capa del gruppo, un’avvocata di successo. Ha avuto tanti amanti, ha sposato il suo grande amore, Gianni, un chirurgo. Hanno una figlia. Poi Gianni muore all’improvviso, nel sonno. Quel giorno Carlotta si sentiva grata alla vita, che era stata generosa con lei. Quando deve affrontare questa tragedia, ha un buon rapporto con se stessa, con il tempo che passa, è realizzata nel lavoro».

Ha un marito affascinante, onesto, innamorato di lei e del proprio lavoro, una figlia meravigliosa e le amiche del cuore che ama come sorelle. Ma…

«Il Signore non vuole che siamo contenti. Il destino, la vita le tirano una mattonata sui denti».

Secondo lei, nella vita di tutte noi quanto conta l’amicizia?

«L’amicizia, in particolare quella femminile, è fondamentale. Nessuno ti capisce meglio di una donna, ma noi non l’abbiamo ancora interiorizzato fino in fondo e alla prima occasione ci ficchiamo le dita negli occhi. È un retaggio atavico, faremo fatica a liberarcene, ma sono ottimista: penso che ci riusciremo. Le donne devono capire che, se sono in grado di fare rete tra loro, riescono a esprimersi, a dare il massimo di sé, a realizzare grandi cose. Lo dimostrano le amiche di questa serie. Sono unite dalla sincerità dei sentimenti. Sono capaci di lanciare il cuore oltre l’ostacolo e di cambiare vita. Sono molto coraggiose. Maria Sole, che era la più imbranata del gruppo, tira fuori le sue capacità gestionali, di amore e di accoglienza, e tutte si appoggiano a lei».

È davvero l’ultimo romanzo di questa serie?

«Amo alla follia tutti e quattro i personaggi e magari in futuro riprenderò le loro storie. Nel libro lo faccio dire alle protagoniste, che si ritrovano il giovedì per confidarsi e per passare del tempo insieme: “Forse un giorno i nostri figli avranno la loro cena del giovedì”. Ma per adesso la tetralogia è finita».

Quanto sono importanti le emozioni che lei riesce a trasmettere con la scrittura? In La vita è bella, nonostante ci si commuove e poi si finisce il libro con la voglia di non mollare.

«Io vivo di emozioni. Come ciascuno di noi. Altrimenti saremmo dei robot. Prendiamo l’amore, “l’amor che move il sole e l’altre stelle” di Dante. È il motore della vita, dell’umanità. Il nostro meraviglioso Pianeta, che stiamo distruggendo, è nato da un gesto di amore di una intelligenza superiore. E invece viviamo in una società algida che va avanti per schemi, badando al proprio tornaconto e guardando con indifferenza al resto del mondo. Pensiamo a quello che è successo a Caivano: quale educazione hanno avuto questi giovani, in quali famiglie sono cresciuti? Non certo con amore e con il rispetto per l’altro, soprattutto per la donna».

È preoccupata per i giovani?

«Penso ai miei nipoti e mi chiedo: “In quale Paese vivranno?”. Sono veramente amareggiata per la società che lasciamo in eredità alle nuove generazioni: mi riferisco all’ambiente, ma non solo. Sarebbe così facile aiutarsi a vicenda, volersi bene, prendersi cura degli altri. Uscire e, con un bel sorriso, dire alle persone che incontriamo: “Buongiorno”. Si vive molto meglio amando piuttosto che odiando».

Cosa consiglierebbe ai giovani aspiranti scrittori?

«Scrivi quello che ti detta il cuore. Se non sei nato narratore e vuoi scrivere romanzi, lascia perdere, non farlo. Questa regola vale per ogni mestiere: il pittore nasce pittore e dopo affina il suo lavoro, il musicista nasce musicista, il narratore nasce narratore. Non abbiamo il merito delle cose che facciamo. Se le facciamo bene, sono doni che ci sono arrivati da Dio, a cui possiamo solo essere grati».

A 85 anni, dopo una quarantina di bestseller, cosa significa scrivere per lei?

«Mia nonna non mi raccontava la fiaba di Cappuccetto Rosso, ma mi mandava ogni mattina a comprare il giornale. Poi mi leggeva la cronaca, dalla prima all’ultima riga. Ho sempre respirato storie. Mi sono sempre raccontata storie, fin da bambina. Sono fortunata perché faccio quello che ho sempre sognato. Ho creato un mondo di lettrici che mi amano e me lo dicono. Mi piace ancora moltissimo raccontarmi storie. E raccontarle agli altri».