Il nuovo romanzo di Tiziano Ferro
«Angelo Galassi non sono io». Mettiamo bene le cose in chiaro prima che qualcuno confonda quel cantante bulimico, che vomita, beve e ama i cani e i bambini in Tiziano Ferro. Angelo Galassi è il protagonista del romanzo di Tiziano Ferro dal titolo La felicità al principio (Mondadori) appena uscito e, dato che gli scrittori spesso parlano di quello che conoscono meglio – la propria vita -, c’è chi in Angelo Galassi vedrà giusto qualcosa di Tiziano.
Una storia inventata. Con qualcosa di Tiziano
«Questa non è la mia storia. L’ha scritta il mio angelo mentre vagava nella galassia dell’insonnia. Io, però, non sono Angelo Galassi» scrive Tiziano nell’esergo del libro. Che racconta di un cantautore che all’apice del successo, e approfittando di un errore burocratico che lo dichiarava deceduto, fa perdere le sue tracce così bene che ormai tutti lo considerano morto: i genitori, l’agente, i fan. «Attivo dal 1999 al 2011, anno del suo decesso. Per cause misteriose, durante un viaggio a New York» recita il romanzo. E mentre è scomparso si toglie qualche sassolino, criticando da lontano l’industria musicale, gli imitatori, i detrattori, lo streaming («gli anni Novanta, quando i dischi che andavano al numero uno significavano l’impegno di circa trecentomila italiani che si alzavano dal divano, andavano in un negozio, sceglievano accuratamente – sfogliando a lungo gli album appena usciti –, quindi investivano una certa somma per portarne uno a casa. E succhiarlo via, fino all’ultima nota. E poi altre cento volte»), la tristezza dei milioni di clic distratti contro l’emozione degli stadi pieni.
Il protagonista è Angelo Galassi
Angelo Galassi, classe 1977. Nato a Monterotondo, in provincia di Roma, «dove l’acqua scorre ma il vino pure di più». Occhi castani, capelli biondo cenere, propensione per l’italiano, la musica e la lettura delle emozioni altrui. Mentre Tiziano e moro, è nato a Latina, che fa provincia da sé anche se è sempre nel Lazio, qualche anno dopo, nel 1980. Dettagli. Il resto è come un thriller – il morto c’è all’inizio, anche se per finta – e c’è un uomo che cerca di ricostruire la sua vita. Un lungo monologo dove emergono rabbia e desolazione.
«Galaaassi! A ciccioneee!». «Ciccione demmerdaaa»; «Cicciabbomba frocione demmerdaaa». A scuola Angelo viene bullizzato dai compagni ma ha una voce potente che gli fa fare carriera. Cresce con la musica di Battisti, però anche di Frank Zappa, dei Led Zeppelin e dei Rolling Stones che ascoltava papà. Cresce e si ritrova nel mondo, con le sue brutture, la droga, la depressione. In questo personaggio inventato c’è tanta tristezza, la consapevolezza che il successo non ti fa sentire meno solo. Finché un giorno non incontra una bambina di 5 anni. Tale e quale a lui. Ma bellissima. Sophia non parla, mutismo selettivo. «Una pazza come me» dice, anche lei si è esiliata dal mondo. Una bimba che riesce ad aprire uno spiraglio nell’anima di Angelo, ad ammorbidire la sua scorza e aprirlo alla gratitudine. E con lei reincontra la gioia.
Il protagonista è un padre, come Tiziano Ferro
E in questa svolta tenerissima tra un uomo che cerca di fare il padre si riconoscono gli ultimi anni di Tiziano papà dolcissimo di Margherita, due anni, e Andres, uno e mezzo. «Ma come si fa a non amare un figlio? A non lasciarsi sconfiggere da questa luminosa potenza?» si domanda Angelo nel romanzo. E sembra di leggere le parole di Tiziano Ferro nel post che ha pubblicato su Instagram quando è diventato papà. E quando era felice col marito Allen. Prima dell’annuncio del divorzio e della sua foto sconsolata di qualche giorno fa, con le orecchie da coniglio e il libro in mano mentre annunciava che non poteva venire in Italia per la promozione del romanzo per non lasciare i bimbi soli. «Non posso lasciare la California con loro per via del divorzio. Ci siamo lasciati per evitare di farli crescere in mezzo ai conflitti». Ma questa è un’altra storia.