Naomi Watts interpreta Barbara “Babe” Paley (nella foto qui sotto), eletta per ben 14 volte donna più elegante al mondo e di cui Truman Capote diceva: «Il suo unico difetto è che è perfetta». Chloë Sevigny è C.Z. Guest, «la signora di fresca vaniglia», amica intima di Diana Vreeland, icona del giornalismo di moda. Calista Flockhart è Lee Radziwill, sorella minore di Jackie Kennedy, mentre Demi Moore veste i panni di Ann Woodward, sposata al potente banchiere William Woodward Jr., e Diane Lane quelli di Nancy “Slim” Keith, corteggiata da Clark Gable ed Ernest Hemingway.
La serie Feud: Capote vs the Swans
Ecco “I Cigni di New York”, come le aveva soprannominate Capote stesso: le più belle, ricche, eleganti del jet set newyorchese degli anni ’60 al centro di Feud: Capote vs the Swans, ora su Disney+. La serie, creata da Ryan Murphy (già ideatore di cult come Nip/Tuck, Glee, American Horror Story) e diretta da Gus Van Sant, Max Winkler e Jennifer Lynch, è tratta dal bestseller di Laurence Leamer dal titolo forse troppo lungo per la tv ma più evocativo: Capote’s Women: A True Story of Love, Betrayal and a Swan Song for an Era. Ovvero, Le donne di Capote: una storia vera di amore, tradimento e il canto del cigno di un’epoca.
Truman Capote: lo scrittore più geniale d’America
Ma quale imperdonabile tradimento poteva bandire per sempre questo geniale folletto dalle vite miliardarie e ingabbiate delle luccicanti signore? «Truman Capote era il più grande scrittore della sua generazione: per le donne dell’élite newyorchese averlo in salotto era un traguardo. A tavola era un ospite abbagliante, stuzzicava la loro vanità, le ascoltava come i mariti non sapevano fare. Era divertente, perspicace, intelligente, singolare. Fino a quando tutto non è andato storto». Così ha raccontato Tom Hollander, che nella serie dà voce e volto a Truman Capote, l’ex bambino povero e bistrattato nato nell’Alabama razzista ma destinato a diventare con Colazione da Tiffany (1958) e A sangue freddo (1966) lo scrittore più famoso d’America. Quello che conquistò le prime pagine dei giornali con il “Party del secolo” al Plaza Hotel: 500 invitati iper selezionati , tutti vestiti in bianco e nero, per festeggiare col botto la fine dell’ultimo capitolo di A sangue freddo. Era il 1966.
I Cigni: le più ricche ed eleganti di New York
Ryan Murphy ha detto della serie: «È la tragedia di una generazione di donne, quella degli anni ’60, tra cui mia madre. Donne intrappolate tra il Dick Van Dyke Show (sit-com all’epoca molto famosa, ndr) e la pillola, frustrate dalla misoginia di una società in cui i maschi erano padroni. Lo stesso dicasi per Capote, omosessuale ancora alle prese con l’omofobia. Quando Ann Woodward gli chiese come mai la perseguitasse, lui le rivelò di aver saputo che lei lo chiamava “frocio”, e che con quella parola gli aveva spezzato l’anima». Questa nutrita schiera di signore all’inizio trovava in Capote l’amico e il confidente. Colui che, con sensibilità tutta femminile, ma con la rapacità di un falco, si interessava alle loro vite, ai loro problemi. Decretava per ognuna di loro se era meglio Balenciaga o Givenchy, Dior o Chanel. Coglieva le loro fragilità, ma anche i loro talenti inespressi. E tutte sognavano e si sforzavano di assomigliare almeno un pochino a Holly Golightly/Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany: superbamente leggera e perfetta. Nulla sfuggiva all’occhio famelico di quell’ex bambino infelice che, pur di incominciare a frequentare il bel mondo, si era impiegato come fattorino alla rivista letteraria New Yorker, giungendo a spacciarsi come inviato e causando così il proprio licenziamento in tronco dalla quella stessa rivista che qualche anno più tardi avrebbe pubblicato a puntate A sangue freddo, il suo capolavoro, 6 anni di durissimo lavoro per raccontare l’eccidio di un’intera famiglia nelle campagne del Kansas.
Il racconto dello scandalo
Capote era un infiltrato in un mondo che non gli apparteneva, ma che gli poteva fornire ricchissimo materiale per la scrittura. E così, il 17 ottobre 1975, fa la sua comparsa sulla rivista Esquire il suo ultimo racconto, La Côte Basque, 1965 (lo trovate in lingua originale in Rete), destinato a far parte di un romanzo più vasto: Preghiere esaudite, «grande affresco del regno del nulla», come diceva lui. Il titolo veniva dal nome del ristorante dove tutta l’élite newyorkese si radunava per i suoi riti mondani. Negli anni ’70 Capote si era incamminato già sulla china dell’autodistruzione tra alcol e droghe ed era pronto a esercitare la sua penna velenosa su quel jet set che, lentamente, impercettibilmente, aveva incominciato a metterlo da parte. Il racconto si svolge nel ristorante dove le regine della vita dorata si danno appuntamento e raccoglie il chiacchiericcio venato di cattiveria, ricco di scandali, tradimenti, ma anche denso di dolore mai rivelato. Una pettegola «ragazzona briosa e vitale» ne ha per tutti: Jackie Kennedy sembra la versione caricaturale di se stessa, la principessa Margaret è così noiosa da far addormentare i suoi interlocutori, Gloria Vanderbilt così svampita da non riconoscere il primo marito.
La vendetta di Truman Capote
Ma è quando entra in scena Cleo e il di lei marito Sidney, «un finanziere, consigliere di presidenti», che il vero massacro ha inizio. Perché Capote rivela come Cleo – dietro cui si cela Babe Paley, sua intima amica, ma infelice consorte di Bill Paley, fondatore della Cbs, e gelida madre di quattro figli – abbia sopportato in silenzio sordidi tradimenti consumati in giro per il mondo. E poi c’è Ann Hopkins, dietro cui tutti sapevano esserci Ann Woodward, descritta come bigama, bugiarda, capace di uccidere il marito con un colpo di fucile facendolo passare per un errore accidentale. Ann, a 3 mesi dall’uscita del racconto di Capote, si ucciderà. E ancora aborti clandestini, stupri subiti da ragazzine nelle case di amiche con padri potenti e violenti. Una discesa nell’inferno luccicante di un mondo femminile abituato a subire e infliggere soprusi. Lo scandalo fu grande. I Cigni non glielo perdonarono e lo abbandonarono per sempre. «Anche se di tradimenti ne subivano molti, non accettarono quello di Capote» dice sempre Hollander. «Hanno reagito con ferocia, esiliandolo per sempre dal loro mondo, perché non lo consideravano uguale a loro. Lui questo lo avvertiva ed è forse per questa ragione che ha scritto La Côte Basque». Verrebbe da dire che l’ha scritto “a sangue freddo”, per vendicarsi.