Alla Mostra del Cinema di Venezia cambia la terminologia: non si parlerà più di «madrine», ma di conduttrici. Un dettaglio solo linguistico? Secondo il direttore Alberto Barbera sì, ma le parole hanno il loro peso e la decisione riflette un cambiamento più ampio nel linguaggio del mondo dello spettacolo. Si cerca una comunicazione più neutrale, inclusiva e lontana da stereotipi di genere.

Da madrine a conduttrici

Il termine «madrina» evocava un ruolo secondario, più estetico che sostanziale, quasi decorativo, simile a quello di una valletta televisiva: una figura scelta più per il suo aspetto che per una reale funzione attiva nella manifestazione. Il sorriso impeccabile, il vestito da sogno, poche parole e una presenza di contorno. Ora, con il passaggio alla «conduttrice», si punta a dare maggiore rilevanza a chi aprirà e chiuderà l’evento.

Madrine, un ruolo che cambia

La Mostra del Cinema di Venezia non è la prima a intraprendere questa strada. Sanremo, per esempio, ha già introdotto il concetto di co-conduzione al fianco del presentatore principale, una mossa necessaria dopo le polemiche sul ruolo della donna come semplice figura di supporto. Tuttavia, un dettaglio interessante rimane: mentre le donne vedono il loro ruolo evolversi, a Sanremo la conduzione principale resta saldamente nelle mani di un uomo da oltre 15 anni.

Un cambiamento tardivo, ma necessario

Secondo Barbera, la Mostra del Cinema ha già adottato internamente questa terminologia da diversi anni: non si parla più di madrina ma di conduzione della cerimonia di apertura e chiusura. L’obiettivo è dare a questa figura un ruolo più attivo e significativo, rompendo con la tradizione che vedeva le madrine come presenze quasi simboliche. Curiosamente, però, questa carica cerimoniale era stata proprio Barbera a reintrodurla nel 1999, al suo primo anno da direttore. Da allora, su 24 edizioni, 22 volte è stata assegnata a una donna e solo 2 a un uomo (Alessandro Borghi e Michele Riondino). Questo squilibrio sembra confermare che il ruolo fosse considerato, seppur implicitamente, più adatto alle donne, rafforzando l’idea di una funzione marginale e decorativa.

Un passo verso un festival più equo?

Il cambiamento nella terminologia è sicuramente un passo avanti verso un festival più inclusivo e attento ai dettagli linguistici che contribuiscono a plasmare la percezione dei ruoli. Ma resta da vedere se questa modifica porterà anche a una reale trasformazione nella sostanza: le nuove conduttrici avranno davvero maggiore spazio e peso all’interno della manifestazione, o si tratterà solo di un cambio di etichetta?