Esiste il colpo di fulmine? A guardare Una gran voglia di vivere, film diretto da Michela Andreozzi con Vittoria Puccini e Fabio Volo ora su Prime Video, sembrerebbe proprio di sì. Anna e Marco – come la canzone di Lucio Dalla – si incontrano una sera in una balera. Mille lucine, Che coss’è l’amor di Vinicio Capossela a far da sottofondo, loro due che ballano con i rispettivi compagni. Si sfiorano per caso, i loro sguardi si incrociano… Ed ecco che li vediamo sul taxi avvinghiati in un bacio infinito, e bye bye vecchi fidanzati.
Vittoria Puccini e Fabio Volo: intervista
È nata una vita in comune, con tutti gli alti e bassi che prima o poi chi decide di vivere insieme e mettere su famiglia deve affrontare. E l’amore? Cos’è? Quanto dura? Come si fa a tenerlo ardente come il primo giorno? Cosa succede a una coppia in crisi? Le domande sono tante e sono le stesse già sollevate dall’omonimo romanzo di Fabio Volo da cui il film è tratto. Le abbiamo girate ai due attori.
Il film inizia con un colpo di fulmine. Voi ne avete mai avuto uno?
Vittoria Puccini: «Io no. Ho sempre avuto fidanzamenti lunghi, ma non sono mai nati da un colpo di fulmine. Sono sempre iniziati dopo che si era creata una conoscenza, una confidenza. L’amore è nato piano piano, mai in maniera improvvisa».
Fabio Volo: «Io sì. È quello sguardo che ti inchioda. Non è tanto ciò che vedi in quella donna, ma come lei ti guarda. È lo sguardo che all’improvviso ti fa vedere te stesso in un altro modo. A me è successo così. È una cosa che crea curiosità: vuoi capire chi c’è in quello sguardo, perché ha visto in te qualcosa che altri non hanno visto. Un po’ come Dante e Beatrice: lui la vede, lei gli fa un mezzo sorriso e fine. Lui poi si è fatto tutto un viaggio…».
Cos’è per voi l’amore?
Fabio Volo: «Che domandona! Io credo che l’amore non lo crei stando con una persona: è un’entità che esiste sempre, fuori dallo spazio-tempo. È eterno e ovunque. E tu, attraverso l’altro o l’altra, riesci a entrare in quel flusso. Tant’è che, quando ami una persona, ami tutto e tutti. Non puoi essere gentile con la tua donna e poi essere sgarbato con qualcun altro. Tutto il resto che noi chiamiamo amore nelle relazioni è differente: possono essere due solitudini che si incontrano e sono convinte di amarsi, ognuno può avere le sue patologie ed è convinto che quel possesso sia la sua felicità… Ma l’amore vero è per pochi, perché è incondizionato. È l’amore per i figli. Non ha una misura: o ami o non ami. Spetta a noi sviluppare nella vita la capacità di ampliare per arrivare all’amore incondizionato con tutto».
Vittoria Puccini: «Sento di provare amore per un’altra persona – che può essere il mio compagno, mia figlia, un amico, un’amica, il mio gatto – quando si cancella un po’ il mio egoismo: quando, più che pensare a me stessa, sono appagata del fatto che l’altra persona stia bene. Quello diventa il valore più importante. Non mi interessa cosa mi dà in cambio».
Il primo amore da ragazzini ve lo ricordate?
Fabio Volo: «All’oratorio, i primi baci a 11, 12 anni. Mi ricordo quel calore, quell’esplosione in faccia. Più che farfalle nello stomaco, per un adolescente sono proprio fuochi d’artificio: non capisci più niente. E poi ricordo la convinzione che fosse la donna della mia vita. E anche il dolore infinito della prima delusione, perché è l’età in cui hai il cuore tenero e nessun tipo di difesa».
Vittoria Puccini: «Il mio primissimo amore è stato alle elementari: siamo stati fidanzatini dalla seconda alla quinta. Stavamo sempre insieme, dalla mattina al pomeriggio. Ci tenevamo per mano».
Avete mai avuto paura di innamorarvi?
Fabio Volo: «Io sì, per più di 10 anni sono stato single: ero terrorizzato dal fatto di innamorarmi e perciò di non avere più il lavoro, che per me era riscatto sociale. Non avendo avuto un talento chiaro né una chiamata, “il fuoco sacro” diciamo così, riuscivo a ottenere dei risultati solo con l’ossessione per ciò che facevo, con il massimo impegno. Consideravo l’amore un intralcio e così, appena mi piaceva qualcuna e sentivo che potevo perdere il controllo, me ne andavo».
Vittoria Puccini: «Tanta. Dai 21 ai 23 anni sono stata completamente sola: non ho proprio mai nemmeno baciato un ragazzo. Uscivo da due esperienze complicate, molto dolorose, che mi avevano un po’ traumatizzato e quindi mi sono chiusa a riccio. Non riuscivo più a fidarmi, a lasciarmi andare, avevo paura di soffrire nuovamente. Poi ho incontrato il padre di mia figlia (il collega Alessandro Preziosi, ndr), sono stata con lui 8 anni e dopo non sono mai più stata sola (da tempo è legata a Fabrizio Lucci, ndr)».
Nel film a un certo punto la coppia entra in crisi e Anna dice: «Come si fa a continuare ad amarsi?». Già, come si fa?
Vittoria Puccini: «A saperlo avremmo risolto tutti i problemi del mondo (scoppia a ridere, ndr). Io credo che ci siano dei momenti in cui uno è più “trascinatore” dell’altro: è il motore che dà linfa ed energia al rapporto. Ma non può essere sempre la stessa persona, bisogna un po’ alternarsi o andare insieme. È la metafora della canoa (che compare in una scena del film, ndr): si deve riuscire a pagaiare allo stesso ritmo perché si cresce e si cambia. Se nel cambiamento uno dei due rimane troppo indietro, diventa complicato».
Fabio Volo: «Mi piace pensare che la felicità di una persona debba essere anche al di fuori della coppia e che questa felicità presa da fuori vada poi portata all’interno della vita insieme. Mentre solitamente si tende a mettere la coppia al centro, a lei viene demandata la felicità, è lei che deve produrla: io sto con te così ci rendiamo felici. Invece per me la coppia è più una condivisione di felicità. Ognuno poi deve andare a “cacciare” la propria nel resto della giornata, senza darne tutta la responsabilità all’altro».
Vittoria Puccini: «Mi viene da dire che la salute della coppia è quando ti succede una cosa bella e hai voglia di condividerla con la persona con cui stai. Anche una cosa banale: come un piatto buono a una cena dove lui non c’era e ti dispiace che non l’abbia assaggiato».
Fare un viaggio insieme, sperando di risolvere anche i propri problemi, come fanno Anna e Marco, può servire a dare nuova linfa al rapporto?
Vittoria Puccini: «Penso che sia un percorso interessante sia per una coppia in salute sia per una in crisi. Perché ti porta fuori dalla tua comfort zone, dal quotidiano, da quello che vivi normalmente. In un posto dove non hai più i tuoi riferimenti abituali sei portato a dare più attenzione all’altro, a osservarti e ascoltarti. E per una coppia che magari sta insieme da tanto tempo cambiare ritmo e condividere una giornata completamente diversa da quelle a cui è abituata può far bene».
Fabio Volo: «In realtà, il viaggio è molto pericoloso perché accentua certe criticità: uscendo dalla routine e dalle abitudini, spesso le coppie in vacanza litigano anche per scegliere il ristorante. Il viaggio ti costringe a prendere mille decisioni che nella vita di tutti i giorni sono state già prese una volta e poi su tutte le altre ci si adegua. È un po’ più rischioso, però proprio per questo può accelerare una rottura o un processo di ricostruzione dopo. Dipende sempre dalla condizione della coppia più che dal viaggio in sé».
Come si resta in buoni rapporti con un ex quando si hanno dei figli insieme?
Fabio Volo: «Smettendo di cercare un colpevole. Bisogna lottare per stare insieme, soprattutto se si hanno dei figli, poi però bisogna anche avere la lucidità di capire che l’amore non necessariamente finisce, si trasforma in un’altra cosa. Che la convivenza, il vivere insieme in una relazione, è una cosa e amare è un’altra. Ci sono tante coppie che non si amano eppure stanno insieme e viceversa tante coppie che si amano ma non possono stare insieme. Io, per esempio, la madre dei miei figli (Johanna Maggy, ndr) posso dire di amarla ancora. All’inizio magari senti la rabbia, ma non è verso l’altro, piuttosto verso qualcosa che tu vorresti far funzionare e non funziona. Ora vado d’accordo con lei perché continuo a stimarla e ad amarla».
Vittoria Puccini: «Come dice Fabio, il tempo aiuta perché magari all’inizio possono esserci dei risentimenti, un po’ di rabbia, un po’ di difficoltà ad avere un confronto. Poi rimane l’affetto vero che ti ha legato all’altra persona per così tanto tempo: si trasforma ma c’è, nessuno te lo toglierà mai. Soprattutto quando c’è un figlio: condividi il suo percorso di crescita. Per me e Alessandro è sempre stato molto naturale, da subito, pensare prima di tutto al benessere della nostra bambina».