Parlare, denunciare, chiedere aiuto. Con i pugni alzati, i muscoli di una lottatrice e gli occhi trasparenti di una giovane donna che ha il futuro ai suoi piedi, Luciana Germano vince il titolo europeo di kickboxing nel Muay Thai, nella sua categoria, i 55 chili peso gallo. E mentre raccoglie il risultato di anni di allenamenti in una disciplina durissima, poco conosciuta e altrettanto poco pagata, dove valgono colpi che in altre non sono ammessi, lei dedica la sua vittoria a tutte le donne: «Sono stata vittima di violenza fisica e psicologica. Questo premio lo dedico alle donne: sentitevi libere, sempre».

La rivalsa di Luciana Germano

Questa sua dedica fa il giro del web, e per lei rappresenta il primo vero coming out. Che emoziona ancora di più perché arriva dal ring, a caldo, quando in genere gli atleti dedicano un tributo all’allenatore o alla mamma. Lucy invece aspetta di raggiungere i vertici della sua disciplina, per urlare al mondo la sua rivalsa di donna contro quel passato, quella storia che pesa come un macigno ma che allo stesso l’ha fatta volare in cima alle classifiche internazionali. «Volevo che tutti sapessero quanto sono diventata forte, coraggiosa e determinata».

Luciana Germano kickboxing

Il fiume di storie di violenza come quella di Luciana Germano

Chissà quanti muscoli, tecnica, fatica, sudore e concentrazione ci sono voluti per arrivare fin qua, gettandosi dietro le spalle una storia sbagliata, in cui – come capita a tante – è rimasta imbrigliata a 18 anni. «Ci ho messo anni a trovare il coraggio di dirlo a qualcuno, solo da poco sono riuscita a confidarlo a qualche amica, ma da quel momento si è aperta una voragine. Raccontandolo, ho scoperto che era successo a quasi tutte di stare in un amore che dell’amore non aveva nulla, di vivere una storia di violenza psicologica e spesso anche fisica». Questo non significa farsene una ragione, visto che accade a tante: «Vuol dire invece aprire gli occhi sul fenomeno, proprio perché è così diffuso, e parlare: le donne devono trovare la forza di reagire, uscire da quel vicolo cieco. E se non ce la fanno da sole, chiedere aiuto. Io ci sono riuscita, e di sicuro dirigere la mia rabbia sul sacco mi ha aiutato. Mi ha fatto capire che avevo dentro una forza straordinaria, mi ha dato sicurezza in me stessa per voltare pagina con quella vicenda. Ma quella forza ce l’abbiamo tutte: basta cercarla dentro di noi».

Le donne si vergognano, quando a vergognarsi dovrebbero essere gli uomini

Una vicenda ormai chiusa, dove però la vergogna di esserci stata dentro, di aver accettato umiliazioni, schiaffi e soprusi, è sempre così forte che ti impedisce di confidarti, di cercare alleanze, quando invece è l’unica cosa da fare. Hai paura del giudizio degli altri, e poi dell’omertà, del clima di protezione – e magari paura – intorno al violento. «All’epoca stavo a Gela, la mia città. Lui era un ragazzo come tanti. Nessuno avrebbe mai immaginato quello che succedeva tra di noi. E sono convinta che neanche adesso, se lo mettessi di fronte al passato, capirebbe tutto il peso di quello che ci è successo. Non mi ha mai chiesto scusa, per lui era normale comportarsi così, e lo sarebbe ancora adesso».

I primi passi come modella

Prima di scoprire la kickboxing, Luciana aveva mosso qualche passo nella moda, come modella per servizi fotografici. Se i suoi haters – perché se li è già guadagnati – avessero visto le foto in bikini, con la fascia e i tacchi, magari si sarebbero risparmiati i commenti poco felici sui suoi muscoli e il fisico modellato dal ring. Certo la Luciana di ieri, che sfila guardando l’obiettivo, rappresenta una bellezza più stereotipata e facilmente appetibile per certi palati, rispetto al femminile forte, coraggioso e determinato che rappresenta oggi. E in cui lei si rispecchia di più.

«Non sentitevi in colpa, il colpevole è solo lui»

Adesso Lucy ha un’altra vita, ed è un’altra persona. Più sicura di sé, soprattutto più leggera da quel fardello di sensi di colpa che ti tiri dietro dopo aver vissuto quelle situazioni. «Adesso penso che sono diventata la donna che sono, anche grazie a quell’esperienza. Tutto nelle nostre vite ha un senso, ora io l’ho trovato e voglio combattere per le donne, per aiutarle a diventare libere e scrollarsi di dosso il senso di colpa che paralizza e impedisce di scappare. Non abbiamo colpa se finiamo in una storia sbagliata, il colpevole è solo l’altro, quel lui che ci massacra».

I corsi in palestra contro il bullismo

Ora Luciana Germano abita a Mazzarino, un paese di diecimila anime in collina. Gela col suo mare non è lontana, qui però è tutto più raccolto, è più “casa” per tutti. Di conseguenza tutti sanno tutto, le finestre hanno gli occhi e le porte non si chiudono mai. Così la palestra che gestisce con il suo allenatore – che è anche il suo compagno – è diventata il punto di riferimento di genitori e giovani alla ricerca di una via d’uscita: a Luciana chiedono di aiutare bambini vittime di bullismo e ragazzi che finirebbero per perdersi e perdere tempo sulla strada. Le chiedono di trovare uno spazio di comunicazione con giovani che non comunicano più. Le chiedono di insegnare ai ragazzi a investire su stessi. Luciana organizza corsi, alcuni pure gratuiti, pur di offrire un’opportunità, uno spiraglio di rivalsa. «Tanti bambini timidi e introversi ritrovano sicurezza e fiducia in se stessi: attraverso dei giochi, con tecniche particolari, li aiutiamo a rifiorire». E i risultati arrivano: i genitori ringraziano, i bambini sembrano più sereni. «Non si tratta di insegnare a picchiare, le uniche botte qua le diamo ai sacchi. Ai ragazzi insegniamo il rispetto dell’altro, la lealtà, l’amicizia».

La vittoria e gli studi

Intanto, mentre si gode la sua cintura (così si chiama il titolo in queste arti marziali), a 27 anni Luciana si rimette a studiare: si è iscritta a Scienze motorie, dopo aver lasciato l’università appena aveva iniziato a vincere qualcosa con i combattimenti. Perché non ci sono mai punti d’arrivo ma sempre di partenza nella vita di noi donne. Anzi, ripartenza.