Ma dove si era nascosta? L’abbiamo vista e ricordata chissà quante volte nella scena cult di Harry ti presento Sally, quando finge l’orgasmo seduta in un bistrò davanti a Billy Crystal e una cliente ordina «quello che ha preso la signorina». Ci ha emozionato nelle schermaglie con Tom Hanks in Insonnia d’amore e C’è posta per te, le altre due commedie romantiche scritte da Nora Ephron che negli anni ’90 hanno segnato il suo decennio d’oro a Hollywood. Dopodiché Meg Ryan ha girato solo una dozzina di titoli, da In the cut di Jane Campion (2003) al suo debutto alla regia con Ithaca (2015). Si è defilata, vuoi per l’ossessione delle cronache rosa – il divorzio dal collega Dennis Quaid e il paparazzato amore con Russell Crowe, tra il 2000 e il 2001 – vuoi perché ha preferito dedicarsi ad altro. «Ho preso lunghe pause per crescere come persona e come madre» ha detto riferendosi a Daisy True, la bimba adottata nel 2006 in Cina e ora 18enne (dal suo matrimonio era nato Jack Quaid, oggi 31 anni, attore anche lui). Ha praticato yoga, andando in India. Ha avuto una relazione di 9 anni con il musicista John Mellencamp, finita nel 2019.
Coincidenze d’amore: il suo film da regista
Poi il lockdown le ha regalato l’idea che ce la restituisce ora sul grande schermo: Coincidenze d’amore, di cui è regista oltre che protagonista, in sala dall’11 aprile, racconta il casuale incontro di due ex in un aeroporto bloccato da una tempesta di neve. Intrappolati per una notte, Willa (lei) e Bill (David Duchovny) si ritrovano a sciogliere i nodi di una relazione finita molti anni prima. Lui pragmatico e pessimista, lei affascinata dal pensiero magico, trovano le parole per fare pace con l’antica frattura. «Questo film parla di opposti che si riconciliano. Della gioventù e della femminilità, che hanno bisogno di cura e attenzione» dice la 62enne autrice e attrice, che ha tratto la sceneggiatura dalla pièce Shooting Star di Steven Dietz aggiungendo elementi personali. «Mi sono posta tante domande. Perché l’amore appare così semplice, mentre le relazioni sono così complesse? Come mai ci sono coppie che sembrano girarci attorno per anni? Possiamo provare gratitudine per qualcuno che ci ha infranto il cuore?».
Una storia d’amore tra due 50enni
Questa, a modo suo, è una storia d’amore?
«Sì, anche se riguarda due 50enni che riflettono su una relazione finita da tempo. Penso che la commedia romantica dovrebbe raccontare aspetti e sfumature dei sentimenti che tanti di noi vivono in età e momenti diversi dall’innamoramento. Credo che molti spettatori possano rispecchiarsi in due personaggi maturi e così diversi».
Il titolo originale, What happens later, sembra chiedere che cosa resta di un amore finito. Lei cosa risponderebbe?
«Resta il bisogno di fare pace, con la nostra stessa storia e con l’ex partner. C’è chi continua a coltivare rancore per qualcuno che ha amato per molti anni. Invece ci vuole una riconciliazione che è innanzitutto interiore. Per arrivarci bisogna attraversare vari passaggi, come fanno i due protagonisti. Ripercorrere i fatti, aprirsi uno all’altro con la massima sincerità, ascoltarsi, mostrare la sofferenza e ammettere gli errori. È un percorso a tappe».
Difficile tradurlo in un film?
«È stata la mia sfida da regista, con solo due personaggi che corrispondono ad archetipi e un unico ambiente che ha una sua personalità. È diventata una storia metaforica, distillata e sospesa nel tempo: non a caso mi ha toccato durante il lockdown. Mi ero trasferita in California con mia figlia e, come tanti, sentivo forte il bisogno di uscire dall’isolamento. La storia di Willa e Bill somigliava alla situazione di tutti in quel periodo: forzatamente chiusi in una bolla a fare i conti coi nodi della vita».
Si è riconosciuta in Willa?
«In realtà mi riconosco sia in Willa sia in Bill. In un certo senso lei mi spezza il cuore per la sua fragilità, che aumenta con gli anni perché la maturità porta con sé più dubbi. È una di quelle persone vulnerabili che si nascondono dietro una maschera di falsa sicurezza, dando l’impressione di avere solo certezze e di considerarsi sempre nel giusto anche se non lo è, se è arrivata a conclusioni sbagliate. Maschere che devi togliere se vuoi comunicare davvero con gli altri».
È affascinata anche lei dal pensiero magico?
«Diciamo che credo nella magia del destino. Riguardo a mia figlia Daisy True, per esempio: credo che adottarla fosse nel disegno delle cose. I miei due figli, lei e Jack, sono la mia grande felicità».
Meg Ryan e la passione per lo yoga, la meditazione e l’India
Lei ha praticato yoga e meditazione, andando anche in India. È stato un modo per lasciarsi alle spalle la maschera hollywoodiana?
«È un po’ di anni che non ci vado, in India. Oggi sono serena e in pace con il mio passato. Gli anni della celebrità sono solo un periodo, per quanto meraviglioso. Ora considero questo un lavoro e non più uno stile di vita come prima. E so di essere fortunata: mi fa piacere se qualcuno mi riconosce e mi ferma per strada, anche in posti remoti del mondo. La ritengo una forma di affetto, nonostante siano degli sconosciuti».
Questo è il suo secondo film da regista ed è dedicato a Nora Ephron, autrice delle sue commedie di maggior successo. Si sente una sua allieva?
«Mi sono ispirata a lei che, 30 anni fa, è stata una pioniera tra le registe donne e riusciva a trasformare la scrittura e il mestiere in quel piacere puro che comunicava anche agli altri. Se oggi anch’io ho diretto un film, e spero di continuare a farlo, è perché donne come lei hanno fatto fare passi avanti a tutte».
Da attrice quali sono i film di cui va più fiera?
«Oltre alle commedie di Norah, ricordo con orgoglio Amarsi di Luis Mandoki, e l’ho visto passare spesso in tv. Ogni titolo in realtà è legato a un periodo della mia vita, mi ha fatto crescere, ha portato amicizie e consapevolezza».
Meg Ryan e quell’orgasmo famoso
Cosa ricorda della celebre scena dell’orgasmo in Harry ti presento Sally?
«Che l’avevamo provata molte volte! Mio figlio una volta mi ha chiamata da New York, un po’ imbarazzato, perché era entrato al Katz’s Deli, dov’era stata girata la scena: hanno messo i cartelli e pure una freccia che indica il tavolino dove io e Billy eravamo seduti. Ammesso che sia proprio lo stesso…».
Prova mai nostalgia?
«La gente è spaventata dall’idea di invecchiare, a me invece non fa paura: ora amo quest’età e ci sto bene. Con gli anni ho ottenuto una grande conquista: dico quello che penso senza preoccuparmi del giudizio altrui».