I primi 2 record sono già cosa fatta: quella partita per i Giochi Paralimpici di Tokyo è la delegazione italiana più numerosa di sempre (113 atleti) ed è la prima, includendo anche le Olimpiadi tradizionali, dove la presenza femminile supera quella maschile (61 le donne, 52 gli uomini). Logico che, sulla scia dei successi di Jacobs e compagnia, gli Azzurri abbiano messo nel mirino un terzo obiettivo: battere il primato di 39 medaglie realizzato nel 2016 a Rio. Difficile ma non impossibile, vista la qualità e l’esperienza dei nostri campioni (che potremo seguire su Rai2).
Ma non dimentichiamo che la missione principale resta un’altra: «L’aumento degli atleti partiti per il Giappone è conseguenza di un aumento della base di praticanti» ha spiegato il presidente del Comitato paralimpico italiano Luca Pancalli. «È una rivoluzione silenziosa che dobbiamo portare avanti soprattutto per cambiare la percezione della disabilità da parte del pubblico».
I portabandiera alle Paralimpiadi di Tokyo 2020
La storia dei 2 portabandiera azzurri è emblematica da questo punto di vista. Bebe Vio, che in Giappone difenderà l’oro individuale e il bronzo a squadre conquistati 5 anni fa nel fioretto (palmares al quale si aggiungono altri 12 titoli fra Mondiali ed Europei di specialità), è da un decennio l’icona di questo movimento nonostante abbia appena 24 anni. E alla pedana ha affiancato libri, tv e la sua onlus Art4sport, che punta all’integrazione sociale dei bambini amputati tramite lo sport. La prova vivente, insomma, che anche chi ha handicap fisici molto gravi non ha bisogno di disegnare intorno a sé confini di alcun tipo.
Vale anche per Federico Morlacchi: nuotando con una protesi, a causa della ipoplasia congenita al femore, ha portato a casa 7 medaglie paralimpiche (1 oro e 6 bronzi), altrettanti titoli mondiali e 14 Campionati europei. Il suo motto? «Ho una gamba più corta, ma la testa dura».
Le veterane delle Paralimpiadi
Tra le 16 discipline rappresentate, le altre dove l’Italia ha ottime possibilità di arrivare a medaglia sono atletica ed equitazione. Nella prima il volto più noto è senz’altro quello di Martina Caironi, velocista e saltatrice. L’amputazione della gamba in seguito a un incidente automobilistico nel 2007, a 18 anni appena compiuti, non le ha impedito di diventare una delle atlete più veloci del mondo – la prima a scendere sotto i 15 secondi nei 100 metri – e una collezionista di medaglie: 2 ori e un argento fra Londra 2012 e Rio 2016, più Mondiali ed Europei in serie e un lavoro intenso come motivatrice nelle scuole e nella onlus Differenza Donna.
Fa proseliti anche la toscana Sara Morganti, stella dell’equitazione affetta da sclerosi multipla. Assicuratrice nella vita di tutti i giorni, dal 2018 domina le classifiche mondiali del dressage paralimpico. Ma il lavoro che ama di più è quello di istruttrice di bambini sia normodotati sia con handicap: perché nello sport come nella vita non dovrebbero esserci barriere.