Andrea Camilleri è nato a Porto Empedocle (Agrigento) il 6 settembre del 1925. Quindi compie 90 anni. Ma conoscendo la scaramanzia dello scrittore siciliano (che sta già facendo gli scongiuri per i festeggiamenti che si sono susseguiti in anticipo in tv e sui social), ho programmato questo post in modo tale che andasse online alla mezzanotte e 1 minuto del giorno “incriminato”.
So che lui apprezzerà il gesto di una fan conterranea e altrettanto poco incline a sottolineare il tempo che passa e l’età che avanza.
Ho avuto la fortuna di incontrare il “papà” di Montalbano nel 2008, a casa sua, a Roma. Per l’intervista più tenera della mia vita. E vorrei condividerne il ricordo con tutti i suoi lettori affezionati.
Camilleri stava traslocando nell’appartamento a fianco. “Allargava” casa e stava smobilitando il suo studio. Era un po’ perplesso, però. Mi fece accomodare in una poltrona e mi invitò subito a guardare la parete alle mie spalle: «Lo vede quel trompe-l’oeil?» mi chiese. Sul muro bianco, là dove prima c’era uno scaffale pieno di libri, poi spostato altrove, rimanevano tracce scure, come delle nubi di fumo. «Sono le macchie delle mie 80 sigarette giornaliere» mi spiegò Camilleri. «Anche il vizio può essere arte».
Camilleri è un uomo ironico. Parla meno di quanto scriva. Ha un’inconfondibile voce roca, con cui scandisce il suo intercalare preferito: «Cioeddire». Tu vorresti abbracciarlo e dirgli «Grazie, di tutto». Invece fai una figura pessima: ti viene da chiamarlo “Maestro”. E, se lo fai, la risposta che devi aspettarti, la stessa che io meritai alla prima domanda, è: «Maestro di sto cavolo!».
«Mi chiamo Andrea, per gli amici Nenè» mi disse Camilleri. E io, a Nenè, gli voglio un gran bene.
Delle altre domande non ricordo nulla. Erano stupide, naturalmente, di fronte al genio.
Ricordo però l’atmosfera di quel giorno. La dolcezza dei suoi gesti pacati. Lo sguardo benevolo suo di fronte all’emozione mia. Ero curiosa di tutto. Camilleri voleva invitarmi a pranzo, a mangiare una favolosa parmigiana di melanzane. Ma io avevo solo mezz’ora di tempo, pattuita con la sua assistente. La misteriosa Valentina.
«La mia badante per gli appuntamenti» la chiamava Camilleri.
Mi parlò di scrittura:
«Io mi alzo presto, per scrivere devo essere vestito e sbarbato. In pigiama non ci riuscirei»
Mi parlò di ispirazioni…
«Io bevo una birra, al mattino presto, prima di mettermi al computer. Poi niente alcol fino al giorno dopo»
…e di cospirazioni:
«Non è vero che la casa editrice Sellerio tiene in cassaforte l’ultimo Montalbano da pubblicare alla mia morte».
Da Sellerio confermano, annunciano un cofanetto celebrativo con un’antologia dei sogni narrati nei romanzi e nei racconti del «maestro» (aiuto!) insieme a 48 cartoline con le copertine dei suoi libri. E aggiungono che Camilleri festeggerà i 90 anni in santa pace, con la famiglia.
Il che, tradotto in “Camillerese”, suonerebbe con: «Non mi scassate i cabbasisi con le interviste di compleanno».
«Sono stato un papà severo, sono un nonno tenero» mi disse Camilleri nel 2008. E noi lettori siamo un po’ tutti figli e nipoti tuoi, gli direi io oggi.
Se potessi far recapitare un regalo a Nenè, gli spedirei un pacchetto con un paio di calzini di filo di Scozia, lunghi e bianchi. E soprattutto resistenti ai frequenti lavaggi in lavatrice. Perché di quel giorno, di quella nostra intervista, ricordo un dettaglio: proprio un paio di calzini sulla scrivania, accanto al posacenere con i mozziconi e alla bottiglia di birra vuota. «Non ci faccia caso» mi disse Camilleri. «Sono lì perché non sopporto quando l’elastico inizia ad allentarsi. A quel punto li tolgo, li cambio, li lascio lì. E poi mi dimentico di buttarli».