Paolo Bruni, Cesare Petricich ed Enrico Salvi ovvero Pau, Mac e Drigo, età media 50 anni: sono i Negrita e tornano sul palco di Sanremo 2019 dopo 16 anni. Cantano “I ragazzi stanno bene”, che sembra indicare il loro status di musicisti pronti a scuotere gli animi del pubblico e in realtà diventa uno dei brani su cui riflettere di più. Sarà inserito nel disco che celebra il venticinquennale, “I ragazzi stanno bene 1994-2019″, che esce l’8 febbraio. Seguirà il tour. Nella serata dei duetti cantano con Enrico Ruggeri e Roy Paci. In quest’intervista c’è tutta la loro grande ironia.
Mi raccontate “I ragazzi stanno bene”?
Non è cosa facile raccontare una canzone. Va ascoltata. Frank Zappa diceva: «Parlare di musica è come ballare di architettura». Raccontarvi com’è nata è molto più semplice. Estate 2018, tour di Desert Yacht Club. Van 7 giorni su 7. Noia mortale. Ipad e cuffia…et voilà. Habemus papam.
Voi come state?
I guaglioni stanno buono. Pensavamo peggio. Litighiamo troppo.
E il rock come sta? Non è il momento più felice per questo genere… Come mai secondo voi?
Avete un paio di settimane? Il rock è un’attitudine, non lo si può catalogare troppo. È imprendibile. Non puoi mai sapere che sorprese ti riserverà per il domani, ma noi siamo ottimisti di natura.
Come mai avete deciso di tornare a Sanremo?
Avevamo voglia di una botta di vita diversa dallo schema classico: composizione, registrazione, promozione, tour. Sia Carlo Conti che Claudio Baglioni ci avevano invitato al Festival negli ultimi due anni. Quest’anno abbiamo felicemente ceduto. “I ragazzi stanno bene” era già nata ed aveva i cromosomi adatti per questo tipo di esposizione. Ed eccoci qua.
Mi date una breve descrizione, per ognuno di voi?
Purtroppo o per fortuna, dopo 25 anni il nostro interplay è così complesso che non riusciamo più a capire chi è cosa e chi fa cosa. Può bastarvi? Io sono il più figo (un Negrita anonimo).
Come vi relazionate tra voi prima di un’esibizione?
Saliamo sul palco in sei, immediatamente prima di salire la scaletta del palco ci scambiamo un forte abbraccio. Tutti contro tutti. 6×5=30 abbracci e pezzi di vita che si mescolano. A quel punto diventiamo imbattibili!
E subito dopo?
C’è la felicità, gli amici, i drink, i progetti per il domani e finalmente il down. Notte raga! See you tomorrow. Dov’è che saremo?
Riti scaramantici? Qualcuno di voi ha un portafortuna?
Non sarete contenti della risposta perché la risposta è: no! Non siamo troppo scaramantici.
Un mese fa vi hanno rubato le chitarre che poi, per fortuna, sono state ritrovate. È merito della potenza dei social o la bravura delle forze dell’ordine?
Potenza dei social, scaltrezza dei ragazzi del Pick di Perugia, un negozio di strumenti musicali e completa disponibilità delle forze dell’ordine. Con questa storia abbiamo scoperto di avere più fans di quanti potessimo immaginare. Grazie.
Potete esprimere un desiderio: vincere Sanremo oppure fare un tour di un anno in tutto il mondo.
Senza offesa, la seconda.
Una canzone di Baglioni, per farci una cover?
“Questo Piccolo Grande Amore”, con l’incipit “Quella sua maglietta fina”, ci ha sempre creato delle turbe giovanili. Potrebbe essere un inizio.
Uscirà la vostra raccolta di successi invece che nuovo album. Come mai questa scelta?
Quest’anno ricorre il nostro venticinquesimo. Volevamo celebrarlo. È un bel traguardo! Godiamo!
Per Baglioni il tema di questo festival è l’armonia. Cos’è per voi l’armonia?
Armonia, accordo, tutte le belle cose che la musica ci ha regalato. Ma siamo una rock band e purtroppo l’armonia e l’accordo qualche volta vengono meno. Essendo un gruppo rock, tuttavia, spesso accade che dalla disarmonia e dal disaccordo nascano le cose migliori. Va bene lo stesso, Claudio?
Che progetti avete post Festival?
Vacanze. Ma cosa vuoi…siamo nati per correre. Non vediamo l’ora di risalire su un palco. “Baby, we’re born to run”.
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