Ha conquistato tutti Ada d’Adamo con il suo potente libro d’esordio Come D’Aria (Elliot) che l’ha portata alla vittoria del Premio Strega 2023. La scrittrice e danzatrice, morta a 55 anni il primo aprile 2023, due giorni dopo essere entrata nella dozzina del più ambito riconoscimento letterario italiano, ha saputo della candidatura allo Strega l’ultimo giorno della sua vita.
«Quando hai un figlio disabile cammini al posto suo, vedi al posto suo, prendi l’ascensore perché lui non può fare le scale, guidi la macchina perché lui non può salire sull’autobus. Diventi le sue mani e i suoi occhi, le sue gambe e la sua bocca. Ti sostituisci al suo cervello. E a poco a poco, per gli altri, finisci con l’essere un po’ disabile pure tu: un disabile per procura. Sono certa che questa sia la ragione per cui molte persone mi chiamano col tuo nome». La mamma di Daria, Ada d’Adamo, è morta pochi giorni fa.
Ada d’Adamo e il diario per la figlia
Quando ha saputo della sua malattia ha cominciato a scrivere una specie di diario in cui si rivolge alla figlia Daria, nata con una grave malformazione. C’è tutto l’amore per la bambina, il dolore, la fatica, la frustrazione, l’incomprensione degli altri, la freddezza degli sguardi. Senza retorica, con un coraggio che a volte manca e lascia lo spazio alle lacrime e ai perché. Senza eroismo perché anche quello a volte rimane sospeso nell’aria di fronte alle necessità giornaliere, alla fisioterapia, alle continue visite mediche di controllo, alle lotte per l’inclusione scolastica.
Il libro ha vinto il Premio Strega
Il libro si intitola Come D’aria (Elliot) e si apre con una pagina che spiega la gravità della disabilità di Daria e spiega il motivo di quel titolo: «Sei Daria. Sei D’aria. L’apostrofo ti trasforma in sostanza lieve e impalpabile. Nel tuo nome un destino che non ti fa creatura terrena, perché mai hai conosciuto la forza di gravità che ti chiama alla terra». Daria infatti non cammina, non parla, vede poco. Oloprosencefalia: un nome terribile per un handicap gravissimo. Daria ha trovato però un suo modo di comunicare e il rapporto con la madre è unico, intenso, simbiotico. Passa attraverso il contatto fisico, un tono della voce, un sospiro. Dal 27 novembre 2005, da quando Daria è nata, madre e figlia sono diventate una cosa sola. Poi quel tumore metastatico alla mammella, la vertebra che si rompe, lo stallo.
Tutto diventa una riflessione, sulla vita, sulla definizione di normalità, sulla ricerca della bellezza. Sulla difficoltà di accettare che invece a volte diventa accettazione senza remore. Sul lasciare andare, su quello che il destino ci riserba e a cui non possiamo opporci. O forse sì. Sull’essere madre, sull’essere figlia. Sulle relazioni che si rafforzano e su quelle che si sgretolano.
Ada d’Adamo e la legge 104
Nel febbraio 2018 Ada d’Adamo aveva scritto una lettera a Corrado Augias difendendo la Legge 194. In cui diceva che se avesse potuto avrebbe scelto l’aborto terapeutico. Erano seguite critiche. Un uomo che era convinto che la lettera fosse un falso, «un’invenzione delle femministe per difendere l’aborto a tutti i costi». Una donna che «faceva fatica a credere che una madre potesse scrivere una cosa simile di sua figlia». Ma molte erano le email di supporto arrivate sulla sua casella «inviate in gran parte da genitori di bambini disabili che avevano riconosciuto nelle mie parole quel groviglio di amore e disperazione che era anche il loro».
Una madre e la disabilità della figlia
Difficile giudicare quello che prova e sente una madre. Ancora di più quando c’è una disabilità. Ada d’Adamo ce lo ha insegnato con le sue parole, con le descrizioni delle altre mamme in ospedale, madri di bimbi con poca vita, che le hanno rimandato come uno specchio la sua realtà. Le ultime pagine sono di preoccupazione, non per se stessa ma per il “dopo di noi”. Per una bambina diventata ragazza e poi donna, amata e mai lasciata, di cui dovrà occuparsi qualcun altro. Per il corpo di Ada che è diventato anch’esso fragile e “d’aria”. «Il mio corpo sperimenta, seppur in misura ridotta, i limiti del tuo» scrive. «Prima li conoscevo, li sentivo, li toccavo attraverso te; poi ho cominciato via via a incorporarli»
Elena Stancanelli che l’ha proposto come romanzo per il Premio Strega lo descrive su La Stampa come «Un libro magico… una gigantesca storia d’amore che sceglie di non fare mai i conti, addizioni e sottrazioni, quanto bene e quanto dolore. Ma non dimentica». Leggetelo.