Addio a Gianni Minà, signore del giornalismo, oltre sessant’anni di carriera sempre fuori dal coro, celebre per le interviste ai grandi personaggi dell’attualità, della politica, della musica, dello spettacolo e dello sport.

Il giornalista, 84 anni, si è spento nella clinica Villa del Rosario dopo una breve malattia cardiaca, come comunicato dai familiari sui suoi profili social. Nell’ultimo periodo si era ritirato nella sua casa di Roma, con le donne della sua vita: Loredana Macchietti, moglie ma anche giornalista e sua manager, e le due figlie Francesca, 25 anni, e Paola, 23. L’altra figlia Marianna, avuta con la prima moglie Georgina Garcia Menoca, oggi ha 48 anni e vive in Messico.

Torinese di nascita, romano di adozione, Minà è stato autore, intrattenitore, conduttore, documentarista, appassionato di America Latina. Centinaia i reportage e le interviste realizzati per la Rai e non solo. Dai personaggi incontrati, raccontava, aveva imparato ad “esercitare il pensiero critico, anzi, il pensiero complesso, e a respirare la libertà di essere come si è, mostrando soprattutto la propria fragilità”.

L’incontro più bello…

L’incontro più bello, raccontava Minà, quello con Muhammad Ali: “Il più grande di tutti, perché ha rotto un sistema, una cultura. All’inizio di ogni intervista, esordiva sempre con le sue idee di riscatto per il popolo nero. Enumerava tutto quello che un nero americano non era riuscito ad avere nella vita: ‘Tutti hanno una terra per la quale lottare, combattere… tutti. Solo noi, solo i neri d’America non hanno una terra di riferimento’. Purtroppo le sue battaglie non hanno prodotto grandi cambiamenti, ma non mi sento di dire che ha perso”.

… e quello mai avvenuto

Mentre il personaggio che avrebbe voluto incontrare senza riuscirci “sicuramente Nelson Mandela, ci siamo rincorsi: una volta non potevo io, una volta non poteva lui. E l’ho perso, come ho mancato l’intervista a Marcello Mastroianni, una persona gentile e ironica”.

Dallo sport alla musica

Minà è stato editore e direttore della rivista letteraria “Latinoamerica e tutti i sud del mondo” dal 2000 al 2015. Ha seguito otto mondiali di calcio e sette olimpiadi, oltre a decine di campionati mondiali di pugilato, fra cui quelli storici dell’epoca di Muhammad Ali. Ha anche realizzato una Storia del Jazz in quattro puntate, programmi sulla musica popolare centro e sudamericana (come ad esempio “Caccia al bisonte” con Gianni Morandi) e una storia sociologica e tecnica della boxe in 14 puntate, intitolata Facce piene di pugni.

L’inizio della carriera

Iniziò la carriera giornalistica nel 1959 a Tuttosport. Poi la Rai, le Olimpiadi di Roma, “Sprint“, diretto da Maurizio Barendson, tante rubriche che hanno evoluto il linguaggio giornalistico della televisione. È stato tra i fondatori de “L’altra domenica” con Maurizio Barendson e Renzo Arbore. Ha raccontato negli anni 70 la grande boxe e l’America dello show-business, ma anche i conflitti sociali delle minoranze.

Il successo di “Blitz”

Espulso dall’Argentina per aver fatto domande sui desaparecidos durante i mondiali del 1978, negli anni 80 Gianni Minà lanciò “Blitz” su Raidue – che rappresentò il “rivale innovativo” di Domenica in – con partecipazioni quali Federico Fellini, Eduardo De Filippo, Muhammad Ali, Robert De Niro, Jane Fonda, Betty Faria, Gabriel García Márquez, Enzo Ferrari, Fabrizio De Andre’, Giorgio Gaber.

Le interviste ai grandi

Nel 1987 intervistò una prima volta per 16 ore il presidente cubano Fidel Castro, in un documentario dal quale è stato tratto un libro pubblicato in tutto il mondo. L’intervista fu ripetuta nel 1990, dopo il tramonto del comunismo. Nel 1992 per il programma “Alta classe” le interviste a grandi artisti come Ray Charles, Pino Daniele, Massimo Troisi e Chico Buarque de Hollan. Dal 1996 al 1998 il programma televisivo “Storie“, dove intervennero tra gli altri il Dalai Lama, Jorge Amado, Luis Sepúlveda, Martin Scorsese, Naomi Campbell, John John Kennedy, Pietro Ingrao.

Gianni Minà e Diego Armando Maradona

I documentari sportivi

Tra i documentari di maggior successo, alcuni di carattere sportivo: da Nereo Rocco a Diego Maradona (celebre il reportage-confessione del 2001 con El pibe de oro alla fine dell’anno più sofferto per la vita), da Michel Platini a Ronaldo. E ancora quelli dedicati a Carlos Monzón, Nino Benvenuti, Edwin Moses, Tommie Smith, Lee Evans, Pietro Mennea e Muhammad Ali, che Minà ha seguito in tutta la sua carriera e al quale ha dedicato un lungometraggio intitolato “Cassius Clay, una storia americana”.

Passione America latina

Poi tanti reportage sull’America latina che nel 1952 Minà attraversò in motocicletta con Alberto Granado partendo dall’Argentina e proseguendo per il sud del Cile, il deserto di Atacama, le miniere di Chuquicamata, l’Amazzonia peruviana, la Colombia e il Venezuela.

Nel 2008 ha prodotto il film documentario “Cuba nell’epoca di Obama“. Nel 2015 il reportage “Papa Francesco, Cuba e Fidel” sulla storica visita del Pontefice argentino avvenuta a Cuba nel settembre del 2015 e con il quale ha vinto, nel 2016, l’Award of Excellence all’ICFF di Toronto, Canada.