Se guardassi tutti andare a destra, scorgeresti un ragazzo biondo con la t-shirt nera e un cuore giallo, con tanti minuscoli e colorati tatuaggi sulle braccia, andare a sinistra. In arte si chiama ALFA e fa il cantautore, ha 24 anni e la sua musica va controcorrente. Perché parla di amore in tempi di odio, pratica la gentilezza e sa mettere l’entusiasmo nel disincanto come il bianco nel nero dello yin e yang. Mi piace pensare che Andrea De Filippi, al terzo posto nel mio Wrapped 2024 di Spotify e un anno avanti a me nel registro dell’anagrafe, sappia eseguire perfettamente l’elettrocardiogramma su un paziente spesso inafferrabile: la nostra generazione, la Zeta, quella di cui tutti parlano e che pochi però si decidono a far stendere su un lettino.

Diagnosi? Brachicardia alternata a tachicardia, disillusione a rivoluzione, ansia a fiducia

Ascolto le canzoni di ALFA perché racchiudono tanto di ciò che provo, di quello che sogno e di quello che temo nei miei “twenties“. Sovrapporre la mia voce alla sua è in un certo senso come mettermi un holter cardiaco, che registra le mie aritmie mentre mi muovo nel mondo alla ricerca di un’Alfa, di un inizio di qualcosa, del mio personale senso. Che cambia quasi impercettibilmente le sue fattezze ogni volta che giro l’angolo. Perché siamo giovani, e abbiamo tanto da osservare e da imparare, e perché fortunatamente possiamo sempre smentirci, sondarci, trasformarci. Talvolta, anche solo premendo “play”.

Chi “vuoi essere da grande”, e diventarlo quando grande non lo sei ancora del tutto

Chiamo ALFA al telefono a conclusione del suo tour Non so chi ha creato il mondo ma so che era innamorato (una frase-manifesto di cui io e Andrea parleremo meglio più avanti). Da febbraio a novembre, da Milano a Roma passando per Padova, Torino, Napoli, Bari e Firenze: il primo tour nei palazzetti, sommato alle 30 date estive, ha tirato fuori dal cassetto della cameretta di ALFA un sogno grandissimo. «Essere in tour è un’esperienza bellissima, che ha richiesto tutte le mie energie, ma che mi ha anche dato indietro tanto. Penso che alla fine sia il motivo per cui uno scrive canzoni: sentirsele cantare addosso è un’emozione molto forte, che poi mi ispira sempre a scrivere altro». Sul palco non era solo. «Abbiamo invitato tanti artisti che stimo moltissimo, come Irama, Noemi, gli Psicologi, Ariete… Cantare canzoni mie o non mie, sul palco, con degli amici, è sempre una presa bene». Cioè una cosa che migliora l’umore, nel nostro glossario Gen Z. «La musica per me è una grande valvola di sfogo, il mio migliore amico. L’ho sempre usata per trovare me stesso nei momenti di solitudine, dove in qualche modo torniamo ad amarci. Magari guardando un film o facendo sport o, nel mio caso, guardando tutorial di chitarra su YouTube e scrivendo le mie prime canzoni. Per un timido come me era anche un’alternativa alla socialità: alla festa del compagno di classe delle elementari preferivo restare a casa a registrare una canzone (probabilmente era orribile, ma è stata comunque utile!)».

Alfa cantante al Mediolanum Forum
ALFA al concerto del 24 febbraio 2024, al Mediolanum Forum di Assago (Milano). Alcune delle nuove date nei palazzetti nel 2025 sono già state annunciate sui suoi profili social. Foto: SteBrovetto

ALFA però non voleva diventare famoso, non era questo il suo obiettivo. «La musica è entrata un po’ a gamba tesa nella mia vita. Ho sempre suonato chitarra e pianoforte, dai 7 anni, e alle medie ero parte di una band. Ho anche fatto freestyle e rap da adolescente, come fanno tutti gli adolescenti. Insomma, la musica è sempre stata il sottofondo della mia vita, ma volevo fare il cantante come da bambini si vuole fare l’astronauta o il calciatore». E a volte capita che finisci per diventare proprio chi “vuoi essere da grande”, quando grande non lo sei ancora del tutto. «A parte metterci l’impegno e la passione, non ho mai fatto nulla per ricercare il successo. È semplicemente arrivato con le canzoni, quando le persone mi hanno scoperto nel mondo del web e poi hanno iniziato a sentirmi e a seguirmi. Per me, comunque, è ancora strano parlare di fama».

Successo e normalità possono convivere?

Quella del successo in gioventù è ancora (anzi, ancora di più) una questione apertissima. Lo è almeno dal momento in cui la definizione “star” ha iniziato a essere preceduta dal termine “baby”, sottintendendo un’iniezione di adrenalina e influenza – sociale e social – nella vita di ragazze e ragazzi giovanissimi. Sottoponendo loro degli ostacoli pesanti in una pista di atletica leggera: mettere delle distanze, restare fedeli a se stessi, preservarsi, aggiustare la riduzione in scala sulla mappa della propria esistenza. Ho chiesto ad ALFA come lo abbia fatto con la sua. «È stato molto destabilizzante avere successo in un’età in cui non hai sicurezze e non hai ancora sviluppato la tua persona. Da frequentare il liceo e fare il cameriere, mi sono ritrovato a parlare con gente col doppio dei miei anni, di soldi che non pensavo di avere o di poter fare. E in circostanze come queste è molto facile incappare in persone di dubbia eticità, che ti spremono e poi ti buttano via. Io sono stato fortunato perché sono entrato in una realtà indipendente (l’etichetta discografica Artist First, ndr) che mi ha sempre sostenuto prima come essere umano e poi come artista.

L’unico modo per reagire, secondo me, è pensare che il successo non debba tappare i tuoi buchi emotivi

Questo è un lavoro adrenalinico, che ti porta a confrontarti continuamente con il tuo ego e con la tua autostima, che ha degli “up” molti alti e dei “down” molto bassi. L’importante per me è stato capire che io esisto a prescindere e che le mie insicurezze non devono essere colmate dal successo. Perdere il balance è molto facile, ma restare lucidi e fedeli a se stessi è cruciale».

ALFA al concerto del 16 novembre 2024, al Palazzo dello Sport (Roma). Foto: SteBrovetto

Mi piace ALFA anche perché si mostra “normale” in una realtà (più o meno virtuale) in cui siamo continuamente esposti a una “coolness” che ha finito per prendere i nostri standard di auto-realizzazione, buttarli in un ascensore e spedirli sopra le nuvole come nella Fabbrica di Cioccolato. Manda sold-out il Forum di Assago, è vero, ma forse Andrea De Filippi in fondo ha le nostre stesse paranoie e ansie, e chissà che qualche volta non chiami anche lui dal piano terra. «In un mondo in cui tutto dev’essere sempre performante, ti è richiesto di essere in qualche modo d’ispirazione. Per riuscirci, però, finisci spesso per romanzare la tua vita, la tua storia, la tua persona. Io ho una storia essenzialmente molto normale, un passato semplice, e mi piace scrivere musica. Dunque perché dovrei mostrarmi over-performante? Porto avanti la mia normalità perché porto avanti le mie canzoni. La stessa scelta di andare a Sanremo con una maglietta nera e un cuore giallo è una provocazione: di fronte a uno show in cui è tutto così scintillante, io ti costringo a sentire la mia canzone e a giudicare solo come canto e come scrivo, non come sono vestito e come appaio».

Ma so che era innamorato

E a proposito di scrittura… Le parole scelte da ALFA sono il motivo per cui all’inizio di questo articolo l’ho sostanzialmente paragonato a un cardiologo, a uno che sa dare una forma a ciò che non si vede ma si sente. Nei suoi testi ci sono la positività, la leggerezza e ovviamente l’amore. In qualsiasi forma possa assumere nelle nostre incasinate vite da ventenni: quello dei nostri amici e dei nostri genitori, quello ascoltato nelle canzoni o visto nei film, e anche quello per la musica. ALFA racconta il suo percorso fatto di piccoli passi, di sogni, del coraggio di non arrendersi. Che non è ottimismo cieco ma il tentativo – anche autoironico – di riportare a galla le cose belle in un mare di cinismo, racchiuso nel titolo dell’album Non so chi ha creato il mondo ma so che era innamorato (uscito il 16 febbraio 2024). «È una forma di pensiero che ho sviluppato post-Covid, quando vedevo tanta rabbia e frustrazione nella nostra generazione.

Ci sono momenti in cui, nonostante lo scetticismo, ti percepisci connesso con qualcosa di più grande, che puoi chiamare e immaginare come vuoi

Lo penso, per esempio, quando torno a Genova (sua città natale, ndr) e mi capita di vedere un bel tramonto, una coppia per strada, un mazzo di fiori. Insomma, immagini di persone che non conosco e che mi fanno dire “Ah, che bello che è l’amore”». Quindi sei un romantico?, gli chiedo. «Spero di sì!», mi risponde ridendo. «Ultimamente mi piace parlare soprattutto dell’amore degli altri. Osservo tanto. Quando ho iniziato a scrivere, i miei testi erano tutti molto autobiografici, ero un po’ noioso secondo me. Adesso invece la mia scrittura si sta evolvendo. Anche perché facendo tanti concerti mi sono reso conto che i brani più cantati sono quelli che hanno quel tipo di scrittura un po’ inno, molto d’impatto: si chiamano “bombastic songs” (letteralmente “canzoni altisonanti”, ndr) e per poterle scrivere devi osservare tanto. Anche perché poi se parli di te stesso a 24 anni: uno, non sai niente; due, finisci gli argomenti molto presto. Io sto ancora crescendo, quindi guardando gli altri imparo molto».

Cavie di un mondo che corre e non sempre insegna

Andando di corsa in quella che mi è sempre parsa una maratona no-stop, cioè la mia contemporaneità, le parole di ALFA sono come un time-out, una pausa in cui rilassare i muscoli e riprendere fiato. Che bello poter ammettersi inesperti e anche un po’ affannati, in questo tempo che ci chiede sempre di eccellere e di non fermarci troppo per non spezzare il ritmo. Ogni tanto dovremmo semplicemente concederci d’essere giovani, di aver vissuto solo vent’anni su questa Terra e di non averne ancora raggiunto tutte le latitudini. Di metterci in discussione, di smussarci, di non sentirci in difetto se non ci sentiamo pienamente consapevoli. Credo che l’umiltà di osservare, riconoscendoci in evoluzione, possa aiutarci a comprendere un po’ di più questo mondo che ci pare folle. È okay, a volte, non riuscire a fare altro che starlo a guardare.

«Siamo fortemente schiacciati dall’ansia e penso che la nostra sia la generazione più insicura mai esistita, perché siamo bombardati da immagini, da un miliardo di stimoli, e viviamo circondati da notizie pessime su ciò che ci accade attorno. Abbiamo paura del futuro. Se oggi chiedi a un ragazzo che cosa voglia dire “futuro”, ti risponderà che per lui è motivo d’ansia, non un’occasione». Ma non sarebbe ALFA se non avesse un messaggio positivo nell’altra tasca. «Però siamo anche una generazione consapevole, che conduce battaglie etiche incredibili; penso soprattutto all’ambiente e alla parità di genere. Mi piacerebbe che nel nostro futuro ci fosse meno schiavitù nei confronti dell’insicurezza e dell’ansia, ma anche un uso un po’ più consapevole dei social, che di fatto nessuno ci ha insegnato a usare. Insomma, siamo un po’ le cavie di questo nuovo mondo… Sarebbe bello riuscire in qualche modo a liberarci da certi pesi, perché siamo una generazione di grande valore».

ALFA al concerto del 24 febbraio 2024, al Mediolanum Forum di Assago (Milano). Foto: Filippo Moscati

«Se dovessi lasciare lo stesso promemoria, ogni giorno, ai miei coetanei, probabilmente gli scriverei questo: “Vedrai che andrà bene”. Essendo io in primis un ansioso, mi aiuta molto pensare “in lungo” e vedere le cose tanto dall’alto. Alla fine in qualche modo va. La positività è una scelta: io non mi sveglio felice ogni giorno lodando il sole, sono un essere umano. Ansioso e insicuro. Ma se posso portare un po’ di positività e normalità, mi fa piacere».

Il filo rosso che ci unisce

Ad ALFA piace guardare le cose dall’alto, da una prospettiva alternativa. Lo fa anche su TikTok, dove è seguito da quasi due milioni di persone. Ci sono anch’io tra loro, perché mi piace il suo modo di stare sulla piattaforma. Lancia trend e challenge per riempiere i suoi brani di vita e di storie vere, ripubblica i video dei fan, si confronta molto con il suo pubblico, facendosi mandare fotografie dei concerti o chiedendo di partecipare alla stesura dei testi delle sue canzoni (come è successo con l’ultimo singolo il filo rosso, uscito lo scorso 18 ottobre e già certificato disco d’oro). «Su TikTok interagisco in maniera molto semplice in realtà. Per me è stata un’alternativa ai talent e ai percorsi un po’ più canonici. Mi ha permesso di parlare a un sacco di persone senza rendermene inizialmente conto. Mi ha fatto piacere essere stato nominato Artista dell’anno ai TikTok Awards perché, è vero, ho iniziato involontariamente proprio grazie a questo social. La mia prima canzone andata virale, Cin Cin (pubblicata nel 2019 e ad oggi quadruplo disco di platino, ndr), è esplosa senza che io nemmeno avessi la piattaforma». «Ultimamente su TikTok sto caricando i video delle persone che reagiscono ai miei concerti, mi emozionano moltissimo. Quando guardi tante persone, dal palco, magari non ti soffermi sui dettagli. Cambiare prospettiva, per esempio vedendo un ragazzo che piange, è molto d’impatto per me».

Mi piace leggere i commenti sotto i video dei concerti di ALFA perché è come se centinaia di giovani usassero i suoi testi come una legenda, per interpretare meglio le proprie relazioni, i propri sentimenti, il proprio stare al mondo. Anche se in realtà, a ben guardare, non ci sono solo giovani. “Ho 43 anni, mi hai fatto ricordare tutti gli amori persi e guadagnati, con sofferenze assurde e lacrime di gioia”. “Mi auguro di vedere mia figlia così un giorno, libera e innamorata”. “Sono vecchio rispetto a molti fan di ALFA, ma c’è tanto bisogno di canzoni di speranza”. “Questo ragazzo scrive poesie, sono vecchia ma vorrei tanto andare a un suo concerto”. “Ho dedicato alla mia mamma che non c’è più il filo rosso, ogni volta che sento la tua voce c’è pace”.

ALFA e Roberto Vecchioni al Festival di Sanremo 2024

Come dice lo stesso ALFA, «prima magari mi fermavano solo le figlie, adesso mi fermano anche mamme e nonne». Il merito? Anche di quel duetto che la sera del 9 febbraio 2024 ci ha commosso, senza distinzione di generazioni, di fronte alla TV: ALFA e Roberto Vecchioni, durante la serata cover del 74esimo Festival di Sanremo, cantano insieme Sogna, Ragazzo, Sogna. «Lui mi ha insegnato un modo diverso di vivere la musica, con molta meno ansia. Nella mia strofa finale io avevo scritto “Salgo sopra questo palco per giocarmi la mia vita” e lui mi ha fatto cambiare il testo in “Salgo sopra questo palco per giocare con la vita”. Mi ha detto: “Per quanto Sanremo sia importante, tu esisti e meriti di esistere. Non c’è un numero sopra il quale ti è concesso essere felice e sotto il quale invece no. Vivitela più tranquilla che è un viaggio“. Mi ha aiutato tanto». E a proposito di sogni, cosa c’è ora nei tuoi?, chiedo infine ad ALFA. «Come essere umano, sento che mi sto evolvendo. Alla fine ho 24 anni, sono in una fase delicata e importante della vita, e sento che le mie canzoni stanno maturando insieme a me. Spero in qualche modo di riuscire a portare il mio pubblico con me in questo viaggio, che non sia troppo brusco ma un po’ più consapevole».

ALFA e Roberto Vecchioni al Festival di Sanremo 2024. Foto: Filiberto Signorello

Delicato e importante, il nostro viaggio. Forse anche noi, come Andrea, avremmo bisogno di un Vecchioni che ogni tanto ci corregga l’indirizzo del navigatore, che ci prenda da parte prima dei nostri piccoli-grandi debutti sul palco della vita e ci ricordi che quell’esibizione, per quanto importante, non equivarrà integralmente a noi. Che ci ricordi di non sovrapporre mai troppo chi siamo a cosa vinciamo. Che a definirci non è il numero che figura sul badge con cui timbriamo il nostro quotidiano ingresso al mondo, ma il modo in cui scegliamo di salutare gli altri all’entrata e all’uscita. E il modo in cui scegliamo di abitarlo, quel mondo. A volte con la Testa tra le nuvole, a volte con la sicurezza di un “CI SARÒ”, a volte con la rassegnazione di un “vabbè ciao”. Altre con la disillusione di chi, nel proprio letto, deve sempre ripetere a se stesso “Sogna, Ragazzo, Sogna”. Al mattino, non di sera. Ricordandoci anche di concedere Tempo Al Tempo, di cucire con l’uncinetto della misura giusta il filo rosso delle nostre relazioni («anche quando stiamo ancora cercando l’estremità a cui conduce») e dedicare un Cin Cin agli strati di pelle che abbiamo saputo cambiare per renderci un po’ migliori. Ché la vita può farci sprofondare in 5 MINUTI e proprio SuL Più BeLLo, è vero, ma può anche rivelarsi bellissimissima <3. Quasi quanto le stelle di SaN LoREnZo. O un paio di braccia tatuate senza un senso. O un cardiogramma dentro cui forse non ci abbiamo capito ancora nulla, e va bene così.