Truman Capote una volta scrisse che tutta la migliore letteratura nasce dal gossip. Alfonso Signorini, che della prima è un cultore celato (liceo classico, laurea in Filologia medioevale, diploma al Conservatorio) e del secondo il dominus da un ventennio, la pensa più o meno allo stesso modo: «Il gossip fa bene alle persone, le mette in sintonia con la parte migliore di sé» racconta. «L’amore, le aspirazioni, la scoperta che le vite dei vip in fondo somigliano alle nostre e un po’ di leggerezza: tutti prima o poi ne abbiamo avuto bisogno, soprattutto in un periodo come questo».
Ecco perché, quando la quarantena ha rischiato di cancellare tale tipo di narrazione (celebrities barricate in casa, ristoranti chiusi, nessun party, zero matrimoni, scappatelle vietate per decreto), il direttore di Chi ha scelto di accelerare con il piano che aveva già in testa da un po’: la nuova veste del magazine, nelle edicole da questa settimana, si focalizza maggiormente sul racconto dell’attualità, naturalmente senza perdere d’occhio le esclusive, le interviste ai grandi personaggi e il costume. «Più che un restyling, un cambio di prospettiva» spiega.
In che senso? «Oggi il nostro concorrente più temibile non è un altro settimanale, ma un social media: Instagram. È lì che le celebrità annunciano un fidanzamento, una gravidanza o la prossima fiction che gireranno. Pensare di correre dietro al web con la carta non ha più senso. Per questo daremo più spazio ai sentimenti, al racconto corale e all’approfondimento. Con una narrazione che partirà dal settimanale in edicola per distribuirsi su tutte le piattaforme digitali».
Sarete più “social”? «Abbiamo lanciato #storiedamore: un nuovo format attraverso il quale ogni settimana un personaggio dello spettacolo ci racconterà in esclusiva il più grande amore della sua vita: sulle pagine di Chi, sui nostri canali Instagram e Facebook e, per la prima volta, anche in una serie di podcast».
Da chi avete scelto di cominciare? «Da me stesso. Non è egocentrismo, ma se vogliamo che le celebrità si aprano senza filtri, accettando di mettersi a nudo, dobbiamo mostrare di essere in grado di farlo anche noi giornalisti».
Tu ormai sei un ibrido tra giornalista e vip. Programmi in tv, in radio, regie teatrali… Sei l’unico direttore a cui sia stata dedicata una canzone (Alfonso Signorini eroe nazionale di Fedez) e a recitare in un cinepanettone (Vacanze di Natale a Cortina del 2011). Come si mantiene l’equilibrio fra te, ciò che racconti e il tuo pubblico? «Accorciare le distanze serve a descrivere meglio questo mondo. Sono stato tra i primi a “sporcarmi le mani” andando in tv, e ho ricevuto valanghe di critiche da colleghi che ora darebbero un braccio per 10 minuti dalla Gruber. Amo essere popolare, perché essere popolare significa essere curioso della vita. Ma tutto questo non mi rende meno autorevole nel fare il mio lavoro o nel trovare empatia con il pubblico. Che infatti capisce e apprezza».
Torniamo al podcast. Quale amore racconterai? «Quello per mia madre (scomparsa nel 2011, ndr). Per ogni figlio la madre è il primo amore, il più intenso, il più limpido di tutti. Io, a differenza, di molti, ho avuto il privilegio di rendermene conto e di dirglielo prima che fosse troppo tardi. Mi ha educato alla curiosità e all’etica sin dall’infanzia».
Che bambino eri? «Normale, magari giusto un po’ più solitario della media. Lei era casalinga, papà faceva l’impiegato. Sono cresciuto a Cormano, alle porte di Milano. Dopo la laurea ho fatto per un po’ l’insegnante: italiano, latino e greco».
Al giornalismo come sei arrivato? «Avevo 2 passioni: la scrittura e la lirica. Ero loggionista alla Scala, e cominciai a recensire gli spettacoli per La Provincia di Como. Dopo qualche tempo riuscii ad avere una rubrica fissa su Tv Sorrisi e Canzoni. Poi sono arrivati Panorama, Noi e infine Chi».
Dove hai da poco tagliato il traguardo dei 14 anni di direzione. Come hai visto cambiare il mondo delle celebrità? «È mutato praticamente tutto. Giorni fa ho visto una story di Belén Rodriguez in cui lei diceva “Seguitemi per le notizie vere”, mentre in tv e sui giornali i virologi hanno preso il posto degli chef. Legittimo, per carità, ma rende l’idea di quanto questo mondo sia diventato caotico».
Lo scoop di cui vai più orgoglioso? «Ne cito 3: l’uscita allo scoperto di Luciano Pavarotti con Nicoletta Mantovani, che fece fare a Chi il giro del mondo; quando rintracciai l’ultima figlia di Stalin, Svetlana, in un convento svizzero; l’intervista che feci a Cuba a Jorge De Fuentes, l’ultracentenario che ispirò Hemingway per Il vecchio e il mare e mi confidò di avere avuto una storia con lui».
E quello di cui sei pentito? «Di certo non stamperei più le foto di Marianna Madia che lecca il gelato: è stata un’uscita infelice, equivoca, di cui mi scusai pubblicamente. Lo stesso vale per alcuni servizi che hanno magari messo a rischio equilibri familiari delicati. Non ho mai costruito bufale ma, come diceva mamma, “se passi la vita a lavare i piatti prima o poi capita di romperne qualcuno”».