Amal Clooney, nota avvocato per i diritti umani, ha recentemente assunto un ruolo di primo piano nella scena giuridica internazionale. La sua partecipazione come consulente legale ha portato alla decisione della Corte Penale Internazionale (CPI), con sede all’Aia, di emettere mandati d’arresto per crimini di guerra nei confronti di alcuni dei più alti vertici di Hamas, del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e del ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant.
Amal Clooney: “Nessun conflitto al di fuori della portata della legge”
“Ho servito in quella commissione perché credo nella legalità e nella necessità di proteggere i civili“, ha scritto in una nota sul sito Clooney Foundation for Justice l’avvocato libanese sposata con l’attore George Clooney. “La legge che protegge i civili in guerra è stata sviluppata oltre 100 anni fa e si applica in tutti i paesi del mondo, a prescindere dalle ragioni del conflitto”.
“Come avvocato per i diritti umani – prosegue -, non accetterò mai che la vita di un bambino abbia meno valore di quella di un altro. Non accetto che qualsiasi conflitto debba essere al di fuori della portata della legge, né che qualsiasi autore sia al di sopra della legge”.
Nella dichiarazione, Amal Clooney afferma inoltre che “ci sono ragionevoli basi” per ritenere che Netanyahu e Gallant “hanno commesso crimini di guerra e contro l’umanità tra cui l’uso della fame come arma, l’assassinio, la persecuzione e lo sterminio”.
L’impegno nella protezione dei diritti umani
Il coinvolgimento di Amal Clooney in questo processo è stato cruciale, non solo per la sua esperienza legale, ma anche per il suo impegno costante nella protezione dei diritti umani e nella promozione della giustizia. La decisione di procedere con i mandati d’arresto è stata presa dopo un’attenta valutazione delle prove e delle testimonianze raccolte, e in base alle quali è stato possibile ipotizzare il reato di crimini di guerra commessi da entrambe le parti in causa nel conflitto israelo-palestinese.
Amal Clooney e il team di esperti legali hanno lavorato insieme al procuratore capo della CPI, Karim Khan, per formulare raccomandazioni basate su una solida comprensione del diritto internazionale umanitario e del diritto penale internazionale. In particolare Khan ha evidenziato che la richiesta del mandato di arresto per crimini contro l’umanità si riferisce ai fatti di Gaza e per l’attacco del 7 ottobre nel sud di Israele e il successivo trattamento degli ostaggi rapiti durante l’assalto.
Le reazioni alla richiesta dei mandati d’arresto
La decisione della CPI ha suscitato reazioni diverse a livello internazionale. C’è chi ha lodato l’istituzione per il suo coraggio nel perseguire la giustizia e chi invece ha criticato la decisione come un’ingerenza politica nei delicati equilibri del Medio Oriente.
Il governo israeliano ha respinto i mandati d’arresto, definendoli un attacco politico contro la sovranità di Israele e un tentativo di delegittimare le sue azioni di difesa. Allo stesso tempo, i leader di Hamas hanno bollato i mandati come un esempio di ipocrisia da parte della comunità internazionale, condannando fermamente “i tentativi del procuratore della Corte penale internazionale di equiparare le vittime agli aggressori”.