«Ladies and Gentlemen… Miss Aretha Franklin». Tutti gli sguardi sono su di lei, i fari la abbagliano. Nei suoi occhi c’è ansia, incertezza: cercano quelli del suo produttore e del marito manager. Poi, appena inizia a cantare Respect nel suo lungo abito luccicante, la ragazza di 26 anni triste e introversa non c’è più. Al suo posto, una diva che mette a nudo la sua anima e ci trascina con lei in un vortice di emozioni, scoppi di gioia, voglia di urlare e di dire: «Sì, Aretha, quello che senti tu lo sentiamo ora anche noi».

Respect, il biopic

Questo è ciò che ho provato guardando il film Respect, attesissimo biopic sulla vita di una delle cantanti più grandi di sempre: Aretha Franklin. La donna che sta sul podio della musica insieme ai Beatles, Bob Dylan e i Rolling Stones. La star che vanta infinite imitazioni, che abbiamo imparato ad amare anche attraverso le colonne sonore di film cult: Respect, per esempio, è in Forrest Gump, mentre (You make me feel like) A Natural Woman è in Il grande freddo. La donna che ci ha fatto capire cosa vuol dire dignità, diritti e rispetto, anche se non viviamo negli Stati Uniti e non apparteniamo alla comunità afroamericana.

Aretha Franklin film Respect
Aretha Franklin al cinema Respect (foto sopra), ora nelle sale, ripercorre la storia di Aretha Franklin, interpretata dal premio Oscar Jennifer Hudson, dall’infanzia ad Amazing Grace, l’album di gospel che lei si produsse nel 1972.
Aretha Franklin in tv Genius: Aretha Franklin è la serie su Disney + che ne ripercorre la carriera.

Aretha Franklin, regina del soul

Prima di Tina Turner, Beyoncé, Alicia Keys, Lauryn Hill, Amy Winehouse, c’è lei. Aretha Franklin, nata a Memphis nel 1942, ovvero nell’America del Sud nel pieno della segregazione razziale, ha aperto la strada, ha mischiato jazz, r’n’b, pop e disco. Ha insegnato che si può essere sexy e lottare per la parità e per i diritti civili. Che ci si può esprimere non solo con la letteratura e la poesia, ma anche con le sfumature della voce, con la forza di una nota alzata al momento giusto, sedendosi davanti al piano e cominciando a dialogare con il pubblico tanto da fargli capire se quella per lei è una giornata storta o felice. «Un dono di Dio», così chiamavano la sua voce, che ha radici nel soul (del resto, “soul” significa anima), un genere che Aretha Franklin negli anni ’60 è riuscita a portare fuori dalle chiese e a far diventare il suo modo per affermarsi e battersi contro i pregiudizi.

Una volta Jerry Wexler, il produttore bianco che la condusse al successo, disse che quando si sedeva al piano Aretha si trasformava. Prendeva una canzone e la faceva sua, improvvisando e identificandosi con tutta se stessa nelle parole. La tristezza e la gioia diventavano palpabili.

Emozioni espresse in musica

Dietro a quel fiume di emozioni di sicuro c’era la sua vita. Prima di tutto il rapporto contrastato col padre, il reverendo battista C.L. Franklin, a capo di una chiesa da 5.000 posti e famosissimo nella comunità black di Detroit. Aretha lo ammirava in certi momenti, lo odiava in altri, soprattutto dopo che cacciò di casa la moglie: lui la tradiva, ma volle tenersi i 5 figli, tra cui Ree – come era chiamata in famiglia – che era la sua pupilla e, a soli 6 anni, già una piccola celebrità durante le messe cantate. Poi la morte, quando di anni Aretha ne aveva 10, della madre, amatissima, colei che le aveva insegnato a suonare il piano. E ancora la perdita del padre, ferito durante una sparatoria e in coma per 5 anni prima di morire nel 1984, che le procurò un dolore immenso.

Tutte queste emozioni Aretha Franklin le esprimeva nella musica. Cantava, ma parlava poco. Nelle interviste, rare, sembra rispondere a monosillabi. Solo Oprah Winfrey, sua amica negli ultimi anni, ha avuto il privilegio di intervistarla più volte. Chiacchierate informali, dove la diva rimaneva comunque avvolta nel mistero.


Nelle interviste Aretha Franklin rispondeva quasi a monosillabi. Parlava di sé con le canzoni, ci metteva dentro tutta la sua anima


Non amava parlare di sé e della sua vita, soprattutto dopo che Time nel 1968 le dedicò la copertina (seconda donna nera nella storia del magazine) e in un lungo articolo raccontò tutto, comprese le botte subite dal primo marito Ted White, un poco di buono che la soggiogava e la picchiava anche in pubblico: Aretha lo lasciò, ma col divorzio le rimase uno strascico di dipendenza dall’alcol.

Al posto delle parole c’erano le sue canzoni: Chain, I say a little prayer… Aretha ha attraversato gli anni più importanti per la musica e la storia negli Stati Uniti fino alla morte il 16 agosto 2018, a 76 anni, per un cancro al pancreas.

Aretha Franklin con marito Ted White
Aretha Franklin ha avuto 4 figli ed è stata sposata 2 volte: dal 1961 al 1969 con Ted White (con lei nella foto) e dal 1978 al 1984 con Glynn Turman.

Aretha Franklin, la leggenda

Di Aretha Franklin vive ancora la leggenda. La prima donna a entrare nella Rock and Roll Hall of Fame, il 3 gennaio 1987. La prima tra i 100 Greatest Singer per la rivista Rolling Stone, nel 2010. La prima a produrre un suo album, Amazing Grace, il più venduto nella sua carriera, quando neppure i Beatles osavano tanto. E ora la sua Respect è stata eletta la canzone più bella di sempre.

Aretha Franklin You light up my life
Da poco è uscito un cd con l’inedito di Aretha Franklin You light up my life.

Aretha Franklin ha vinto 18 Grammy Awards e dopo un periodo in cui è rimasta un po’ in ombra è tornata in auge nel 1980 grazie alla sua interpretazione, in grembiule e ciabatte, di Think nel film The Blues Brothers. Tanti i concerti e le apparizioni, nonostante la paura di prendere l’aereo. Sempre cool, con abiti alla moda, cambi di look, pettinature e cappellini da ricordare. Come quello col fiocco indossato alla cerimonia dell’insediamento di Barack Obama alla Casa Bianca, nel gennaio 2009, quando ha cantato My Country, ’Tis of Thee. Un’interpretazione indimenticabile, che è rimasta nella storia. Come lei.