Elio Germano, Alba Rohrwacher, Riccardo Scamarcio. Sono i grandi interpreti di film usciti nelle scorse settimane in streaming, ma accanto a loro ci sono altri attori eccezionali, alti come un soldo di cacio. Parliamo dei bambini e delle bambine di Favolacce, dei fratelli Damiano e Fabio d’Innocenzo (Orso d’argento per la sceneggiatura a Berlino e Nastro D’Argento come Miglior Film), di Magari, regia di Ginevra Elkann, e di Buio, regista Emanuela Rossi.
Questi film sono stati protagonisti dei Nastri d’Argento di quest’anno (la premiazione è stata il 6 luglio) e parlano tutti, in modi diversi, della famiglia. Nella maggior parte dei casi i bambini non erano mai stati prima su un set. Come riescono a muoversi sullo schermo con quella freschezza e naturalezza che incanta?
Il magico potere dei bambini
Dei bambini del loro film i fratelli d’Innocenzo danno una definizione che ha del magico: «Sono giovanissimi poeti e prestigiatori che frequentano con meravigliosa precisione la fantasia». Si riferiscono a Tommaso di Cola, Giulietta Rebeggiani, Justin Korovkin e Giulia Melillo, al centro di una storia potente con episodi delicati. «Li abbiamo scelti tra più di 1.500 interviste e provini. Dovevano essere giovanissimi attori con un volto netto, da favola appunto, simbolico e perenne» spiegano i registi. «Il nostro primo approccio è stato quello di chiedere che sogni e che incubi facessero. Dalle risposte, capivamo quale tipo di immaginazione e sfrontatezza avessero. Poi è arrivato il momento di recitare con loro, provare delle situazioni».
Ci sono nel corso del film scene complesse, in particolare il finale, che non sveliamo. «Non avevamo dato la sceneggiatura ai bambini, sicché non sapevano su cosa andasse a parare questa storia» continuano i registi. «Quando glielo abbiamo detto, a bassa voce e con gli occhi velati dalle lacrime, anche loro hanno abbassato gli occhi e si sono commossi. Ci siamo abbracciati e abbiamo capito che quella scena che stavamo per fare sarebbe stata meravigliosa. È una delle ultime del film. Sorella e fratello, davanti a un tavolo. L’inarrivabile semplicità di tutto questo amore».
La figura dell’acting coach
I fratelli d’Innocenzo non si sono appoggiati a un acting coach per i bambini, altri registi invece lo fanno. Nel film Magari di Ginevra Elkann, con la sceneggiatura di Chiara Barzini, si parla di una famiglia allargata con segreti e non detti. A sognarla di più questa famiglia è Alma, sullo schermo Oro De Commarque, mentre i suoi 2 fratelli sono interpretati rispettivamente da Ettore Giustiniani (Jean) e Milo Roussel (Seb): «Nel lavorare con loro credo di essere stata facilitata dal fatto di avere 3 figli e quindi di conoscere certe dinamiche» racconta Ginevra. «A rendere tutto più facile è stata la loro curiosità di bambini attenti, che ascoltano. E, all’inizio, ho lavorato con loro insieme a Tatiana Lepore, una bravissima coach».
Questa figura è molto diffusa in America, fin da quando sono nate le scuole che insegnano un metodo di recitazione. Tatiana, attrice che ha lavorato con Bellocchio, Soldini, Moretti e Alice Rohrwacher, spiega bene come interpreti così piccoli possano affrontare sul set temi da grandi: «È molto importante scegliere bambini che sappiano distinguere fra finzione e realtà, che possano recitare con serenità come se fosse un gioco. Capito questo, tutto diventa facile, perché i bambini sono abituati a fare finta e ad allontanarsi dalla realtà. Se sul set, come in questo caso, devono entrare nei panni dei figli di genitori separati, deve essere chiaro che non si sta parlando della loro famiglia. La bimba che interpreta Alma aveva all’inizio tante difese, ci è voluto del tempo per convincerla a fidarsi di noi, ma superato questo scoglio si è divertita e non la fermavano più niente e nessuno».
Sul set anche i genitori hanno un ruolo importante
«Non avremmo potuto realizzare questo film senza degli occhi maturi di madri e di padri che, alla lettura del copione, avessero saputo decifrarne la poetica complessa e ramificata» affermano i fratelli d’Innocenzo. Mamma e papà sono spesso presenti sul set e ci sono casi in cui è l’intera famiglia a trasferirsi temporaneamente. «Abbiamo vissuto a Caserta durante le riprese per evitare di alzarci e partire da Napoli alle 5 di mattina. Sul set ci alternavamo io, mio marito e una zia» spiega la mamma di Elisa del Genio, Kristine, di professione architetto. Elisa, con Ludovica Nasti, è stata protagonista della prima stagione dell’Amica geniale trasmessa dalla Rai e diretta da Saverio Costanzo: all’esordio avevano 10 anni. «Io mi sono divertita un sacco» dice. «Antonio ci diceva di pensare a un momento in cui eravamo state tristi o arrabbiate».
Antonio è Antonio Calone, attore che ha lavorato nel teatro di intervento sociale a Napoli e a Parigi e che segue nella preparazione sia adulti sia bambini e ragazzi. «È indubbio che alla base ci deve essere del talento» spiega. «Poi però è necessario costruire il vissuto del personaggio e per farlo con i bambini ci vuole più tempo, nel nostro caso 2 mesi, che per il cinema sono tantissimi, ma era necessario a Elisa e Ludovica per imparare a muoversi come lo facevano le bambine negli anni ’50, quando c’era un’educazione all’antica, si abbassava lo sguardo e in famiglia dominavano i padri. Tutto questo viene insegnato in modo ludico, anche se si tratta di un gioco serio, ed è lo stesso bambino che a un certo punto chiede: “E questo come lo faccio?”. A quell’età hanno poca esperienza e vanno aiutati a creare una memoria in un’atmosfera piacevole, solo dopo si lavora sulla sceneggiatura, inserendo frasi e parole che a loro vengono spontanee durante la recitazione». Le 2 protagoniste hanno dovuto imparare anche il dialetto napoletano, come ricorda Ludovica Nasti nel libro Diario Geniale appena uscito (Fabbri Editori), in cui racconta le sue esperienze di attrice.
Buio, uscito in streaming durante il lockdown su mymovies.it, ora è anche nelle sale delle città principali. È la storia di 3 sorelle, rinchiuse in casa e a cui il padre dice che non si può uscire a causa dell’alta temperatura del sole. Solo lui può andare fuori, munito di scafandro. «Mi sono chiesta: che mondo consegniamo ai nostri ragazzi, ai nostri figli? Nel film c’è la paura sia verso l’esterno, sia verso quello che succede dentro casa, dove un padre incarna un potere non sano» spiega la regista Emanuela Rossi.
Le ragazzine che recitano sono Denise Tantucci (Stella), Gaia Bocci (Luce) e Olimpia Tosatto (Aria), la più piccola. «Le ho accompagnate in un percorso di comprensione con momenti di improvvisazione, in modo da entrare in vicende dolorose in modo meno traumatico» spiega. «A Denise, per esempio, ho chiesto di ricordare quando avesse provato paura e lei mi ha raccontato di quella volta, in acqua, in cui stava soffocando. Ingigantisci questo fatto, le ho detto, e da qui arrivi alla paura del padre».
Attenzione, delicatezza, sensibilità. Oggi ai giovani talenti ci si avvicina con tutte le precauzioni del caso. Se a loro venisse raccontata la storia di Judy Garland non ci crederebbero. E a volte il legame che si crea con i registi non finisce con l’uscita del film, come è successo ai registi di Favolacce: «Chiamiamo i giovani attori molto spesso. Udiamo la loro voce, che è un po’ cresciuta e loro ascoltano la nostra voce, che si è un po’ impiccolita». La magia dei bambini non lascia scampo.