La sua bellezza eterea e il suo strepitoso talento ne hanno fatto un’icona hollywoodiana. La sua curiosità e audacia nello sfidarsi in nuovi ruoli le sono già valse tanti riconoscimenti, tra cui 5 candidature agli Oscar (con la vittoria come miglior attrice nel 2003 per The Hours), 6 Golden Globe, 2 Emmy, una stella sulla Walk of Fame e la Coppa Volpi come miglior attrice all’ultima Mostra del Cinema di Venezia. Premio, quest’ultimo, conquistato con il film ora al cinema: Babygirl, protagonista Nicole Kidman, diretto dalla regista olandese Halina Reijn. Un thriller erotico che scandaglia l’incrocio tra passione e ossessione e la guerra tra dovere e libertà in chiave femminile: insomma un inno alla rivincita del desiderio. Nicole Kidman, 57 anni, interpreta una donna d’affari e madre di famiglia, con marito (Antonio Banderas) e due figli adolescenti, che si lascia coinvolgere in una relazione clandestina fatta di sesso trasgressivo con un suo giovane e attraente stagista (Harris Dickinson).

La sintonia di Nicole Kidman con le donne

Nicole Kidman

Nicole Kidman in abito a fiori Giorgio Armani Privè

Lei ha lavorato spesso con registe. C’è una dinamica diversa sul set quando si è dirette da una donna?

«Molte carriere delle donne con cui ho lavorato sono state lanciate per la prima volta o rilanciate dopo anni di pausa dai film fatti insieme. Per me è importante dare un’opportunità sia a nuovi talenti sia a registe che, magari a causa di un flop, sono state discriminate in base al loro genere, come Karyn Kusama (che nel 2018 l’ha diretta Destroyer, ndr). Quando un film non ha il successo sperato, spesso viene incolpato il regista: se è una donna, ci vogliono anni prima che le vengano concesse altre possibilità. Si fidi, solo una donna può capire profondamente come si sentono le altre».

Perciò è stato importante che a dirigere Babygirl fosse una regista?

«Quando ho letto la sceneggiatura, ho capito che Halina aveva una visione nuova del rapporto tra il mio personaggio, Romy, e quello interpretato da Harris. Non volevo genericamente una donna come regista, volevo lei, audace e onesta in termini di sessualità femminile, maliziosa ma sotto certi aspetti anche puritana. Quando si lavora con una donna sul tema del sesso, si può condividere tutto. Credo che il desiderio sessuale vada celebrato a qualsiasi età. Siamo abituati invece a una narrazione in cui a pagare, nelle relazioni extraconiugali, è sempre la donna. Ma qui le cose cambiano».

Babygirl e il desiderio

In che senso?

«In passato ho fatto molti film che ruotavano attorno al sesso, però questo è diverso: non è il sesso il soggetto principale, bensì il desiderio e il consenso. Romy ha raggiunto una fase in cui ha potere e successo, ma non è più sicura della propria identità, di cosa voglia davvero. Dopo anni di matrimonio, di sacrifici per mariti e figli, le donne hanno il diritto di chiedersi: “Cosa voglio veramente solo per me? Quali sono i miei desideri?”. Superata una certa età, diventiamo sessualmente invisibili, ma dobbiamo smettere di aspettare di essere scelte dagli uomini. Ho amato questo film perché Romy è pronta ad avere una relazione extraconiugale per capire se può essere soddisfatta sessualmente, visto che con il marito non riesce ad avere un orgasmo. Non vuole sentirsi limitata, sebbene alla fine si renda conto che non è quello che sta veramente cercando».

Nicole Kidman con Harris Dickinson nel film Babygirl
Nicole Kidman e Harris Dickinson nel film Babygirl – Foto Nico Tavernise

A suo agio nelle scene di nudo

Come avete affrontato il tema della sessualità durante le riprese?

«Con Halina abbiamo parlato molto, abbiamo condiviso intimità e segreti, come succede spesso tra donne: abbiamo molte cose in comune. Lei ha lavorato per anni in teatro e quindi ha voluto che leggessimo tutti insieme il copione e che le scene intime, soprattutto quelle di nudo, fossero curate nei minimi particolari affinché ognuno di noi si sentisse a proprio agio».

Le ha trasmesso un’energia speciale?

«Sì, perché quando spiega le cose è molto fisica, partecipa attivamente, si muove, ti mostra quello che vuole. Ho lavorato con tanti registi importanti: Stanley Kubrick, Jane Campion, Baz Luhrmann, Lars von Trier, Alejandro Amenabar… Ma nessuno mi aveva mai ascoltata come lei. Halina mi ha permesso di scoprire la mia voce, mi sono sentita davvero libera di provare le esperienze che Romy avrebbe voluto esplorare».

Nicole Kidman fra recitazione e produzione

Lei ha fondato una sua casa di produzione, Blossom Films. Quando ha deciso che voleva avere un maggiore controllo creativo sul suo lavoro?

«Quando ho compiuto 40 anni ed ero incinta di Sunday Rose, non mi venivano più offerti ruoli. Guardavo la lista dei registi con cui avevo lavorato e non capivo perché non mi venissero proposti altri film. Nonostante il mio successo, come attrice ero diventata irrilevante. Io di certo non intendevo smettere di recitare solo perché nessuno capiva quello che avrei ancora potuto dare. Allora ho iniziato da zero, partendo da piccole produzioni in cui ho anche recitato per cercare di attirare attenzione. Sono stata fortunata a realizzare molti progetti che sono andati bene. E ne ho ancora tanti in ballo, perché voglio creare più lavoro possibile, soprattutto per le attrici di una certa età e per le nuove registe e sceneggiatrici».

Ha mai pensato anche di dirigere?

«Molte volte. Ho avuto diverse idee tra le mani che avrei voluto raccontare dal mio punto di vista, ma non ho ancora trovato la storia giusta. Forse, se la scrivessi io, sarebbe abbastanza personale da farmi decidere di dirigerla. Ma produrre è molto importante per me, perché sono in grado di sostenere piccoli progetti che altrimenti magari non diventerebbero mai dei film».

Una donna impegnata

Ha scritto sceneggiature?

«Fin da quando ero bambina mi piace scrivere racconti. Ho scritto bozze di sceneggiature, ma non ho mai avuto l’idea giusta da realizzare in un film. Scrivere per me è molto impegnativo, richiede dedizione e non ho mai abbastanza tempo da dedicarvi. Ma un giorno mi piacerebbe riuscirci».

Cosa possono fare le donne per aiutarsi a vicenda?

«Lavoro da 20 anni con UN Women per sensibilizzare sulla violazione dei diritti umani delle donne nel mondo, raccogliere fondi e dare voce alle donne che non hanno voce. Con la mia società di produzione assumo donne e cerco di organizzare le attività in modo da consentire loro di occuparsi anche della famiglia. Per me non occorre essere in ufficio dalle 9 alle 5: le donne si sanno organizzare e possono fare lo stesso lavoro anche in altri momenti. Sarebbe bello se tutti i datori di lavoro offrissero orari flessibili, in particolare alle madri, perché è importante dedicarsi all’educazione dei propri figli. Non si parla tanto di investire sul futuro?».