Alligatori, elefanti e serpenti. Brad Pitt che canta e balla in mutande. Margot Robbie “strafatta” di cocaina. Sono solo alcuni degli ingredienti di Babylon, al cinema, diretto da Damien Chazelle.
Babylon è ambientato nella Hollywood degli anni ’20
Uno dei più talentuosi e ammirati autori della Hollywood di oggi – 37 anni e un Oscar per la miglior regia con La La Land nel 2018, oltre a due candidature per la sceneggiatura, sempre per La La Land e prima, nel 2015, per Whiplash – ha scelto di ambientare il suo quinto film nella Hollywood di ieri. E che Hollywood! Quella dei ruggenti anni ’20, durante la transizione dal cinema muto al sonoro. Il cast è, ovviamente, stellare: oltre a Brad Pitt e Margot Robbie, ci sono Diego Calva, Jean Smart, Max Minghella, Lukas Haas, Spike Jonze, Samara Weaving, Tobey Maguire, Olivia Wilde e Flea dei Red Hot Chili Pepper.
Come descriverebbe il suo nuovo film se dovesse usare solo tre parole?
«Racconta un’epoca di eccesso, dissolutezza, depravazione. Quello della Hollywood degli inizi, del passaggio dal cinema muto al sonoro, era un periodo folle, violento e inesplorato. Come il selvaggio West. Prima di girare Babylon mi sono documentato: ho letto diverse biografie, studiato alcuni protagonisti di quel periodo, che vivevano con passione, ambizione, spericolatezza… È il progetto più grande che abbia mai portato avanti finora».
Si è ispirato a qualche protagonista della vecchia Hollywood in particolare?
«No, Babylon non è basato su una storia vera, anche se si ispira a molte storie del cinema di allora. Nellie LaRoy, interpretata da Margot Robbie, per esempio, è una combinazione di stelle della Hollywood degli inizi, tra cui Clara Bow, Jeanne Eagels, Joan Crawford e Alma Rubens. Il personaggio di Brad Pitt, Jack Conrad, è invece ispirato a John Gilbert, Clark Gable e Douglas Fairbanks. L’unica persona reale ritratta nel film è il produttore Irving Thalberg, interpretato da Max Minghella. Il resto è frutto della mia fantasia».
Ci accompagna dentro la trama?
«La storia segue alcuni personaggi dominati da un’ambizione fortissima: far parte di qualcosa di più grande di loro. Ruota attorno all’aspirante attrice Nelly: un vero tornado, una donna dalla volontà ferrea, che non permetterà a nessuno di ostacolarla nel raggiungimento dei suoi obiettivi. Margot Robbie è davvero straordinaria in questo ruolo: nonostante abbia già dimostrato il suo talento, sono convinto che lascerà il pubblico a bocca aperta. Poi c’è Jack Conrad, interpretato da Brad Pitt: è il più grande attore di quel periodo, al top della propria carriera, con un potere senza eguali. Per ultimo, ma non certo per importanza, c’è Manny Torres, che ha il volto di Diego Calva ed è la nostra guida nella storia: sono i suoi occhi a farci vedere ciò che avviene, a farci oscillare fra paradiso e inferno».
Prima ha detto che Babylon è il progetto artistico più grande a cui abbia lavorato. In effetti, ha l’atmosfera di un kolossal…
«Sì, ho voluto confrontarmi con tutti gli aspetti della produzione di un film, anche per far conoscere agli spettatori come funziona la “macchina” cinematografica. Girato tutto in California, Babylon ha di gran lunga il maggior numero di attori che io abbia mai diretto in una sola pellicola. Abbiamo usato quasi 150 comparse che dicessero almeno una battuta. E i costumi – quasi mi vergogno a dirlo – sono oltre 7.000: per ogni membro principale del cast ci sono stati circa 15 cambi d’abito. Lo scopo era demolire l’aspettativa che si può avere su un film sulla vecchia Hollywood».
In che senso?
«Volevo che fosse un film degli anni ’20, ma che allo stesso tempo non avesse l’aspetto tipico delle pellicole di quell’epoca. Inoltre volevo che i personaggi potessero essere immediatamente definiti attraverso ciò che indossano. Pensi a Nellie LaRoy: è una giovane aspirante attrice che viene dal nulla, quindi i suoi primi abiti sono modesti, devono sembrare quasi cuciti da lei. Il suo vestito per il grande party è, invece, del tipo “mi faccio notare”: dopotutto lei è lì apposta per quello. Jack Conrad invece è il divo per eccellenza, elegantissimo in qualsiasi occasione, quello che si dice “l’anima della festa”».
Che tipo di film ha studiato per trarre ispirazione?
«Diversi film di quel periodo, tanti film muti, anche se poi quelli che mi hanno influenzato di più sono Intolerance di D.W. Griffith, Rapacità di Erich von Stroheim, grande regista austriaco, e La Passione di Giovanna d’Arco di Carl Dryer, tutti capolavori dell’epoca del muto. Per i film sonori, invece, mi sono ispirato a La Dolce vita di Fellini e Nashville di Robert Altman».