All’esterno dell’Auditorium Rai al Foro Italico incontro A una signora di fuori Roma che, per venire a vedere dal vivo la semifinale di “Ballando con le stelle”, ha preso il taxi per la prima volta nella sua vita. Tiene stretto in una busta di plastica, perché la pioggia non lo bagni, il libro di Milly Carlucci “La vita è un ballo” (Rai Libri): spera in un autografo. Da Oslo è invece sbarcata una troupe di Tv2, una delle principali reti norvegesi, per seguire Lasse Matberg, il militare vichingo rivelazione di questa edizione numero 14.
Ballando arriva in Italia nel 2005, quando Milly Carlucci scopre per caso il format a Londra,
mentre è in visita da sua figlia. Da allora, anche se il pubblico si è disperso fra pay tv e Netflix, 4 milioni di spettatori lo guardano ogni sabato sera su Rai1. «La tv ha cambiato pelle» dice Milly, che durante le prove aiuta il reparto scenografia a raccogliere dalla pista le paillettes che rischiano di far scivolare i concorrenti. «Ora ci sono tanti canali che, sommati, tolgono spettatori. Ma il nostro continua a essere un pubblico che abbraccia più generazioni. Il ballo è un’isola di bellezza e di eleganza, in una tv urlata».
La stessa sensazione la registra, da esperto, Enrico Menduni, autore di “Videostoria. L’Italia e la tv” (Bompiani): «Una decina di anni fa chiedevo ai miei studenti: “Chi ha visto la televisione ieri?”. Alzavano la mano tutti, oggi nessuno. Ma “Ballando con le stelle” resiste. Per tante ragioni: è una metafora della contemporaneità, in cui tu, ballerino, per vincere devi lottare da solo e allo stesso tempo collaborare col partner. Ed è una chat da salotto giusta per chi arriva a fine settimana stremato. Certo, il pubblico non è giovanissimo: basta guardare gli spot, sono quasi tutti di farmaci».
All’Auditorium, però, ci sono molti ragazzi
Annalisa e Simone, 30 anni, fidanzati, non perdono un puntata. «Abbiamo iniziato perché io danzavo, poi si è appassionato anche lui. Abbiamo i nostri ballerini preferiti. A lui piace Peron, io stravedo per la Togni». «A me, veramente, piace la Kinnunen» precisa lui, e si guadagna una gomitata. La danza è il principale fattore del successo del programma. «Il ballo fa parte delle nostre vite: lo amano italiani di tutte le età ed estrazioni sociali.
“Ballando” ha moltiplicato questo interesse facendo scoprire come le discipline artistiche diano ottimismo» spiega Milly, che nel suo libro racconta di aver superato la timidezza grazie al pattinaggio e raccoglie tante storie di persone incontrate in giro per l’Italia che hanno usato la danza per affrontare momenti complicati della propria vita. «Ti colpisce vedere come l’inizio di una lezione, niente di clamoroso, ti aiuti a svoltare la giornata mentre magari stai affrontando un percorso difficile».
È quello che accade anche ai concorrenti
Alla fine del programma, non sono gli stessi di quando sono entrati: esibirsi li ha cambiati, hanno svelato traumi e fragilità. Quest’anno, per esempio, abbiamo visto Angelo Russo e Milena Vukotic allontanarsi dalle “maschere” di Catarella in Montalbano e di Pina in Fantozzi, e ce ne siamo innamorati. Così quando, a metà della semifinale, i 2 attori ballano rispettivamente con la figlia e il marito, teneri e impacciati come liceali alla festa di fine anno, nell’Auditorium iniziano a girare pacchetti di fazzoletti.
È forse questa la ragione ultima del successo del programma: riporta a quel momento traumatico, che tutti abbiamo vissuto da adolescenti alle feste, in cui ce ne stavamo seduti in disparte vergognandoci di ballare. “Ballando con le stelle” racconta cosa succede quando chi è seduto decide finalmente di alzarsi ed entrare in pista.