«Boris Johnson non è assistito da un ventilatore, ma riceve ossigeno. È in terapia intensiva, è curato dal suo team medico, riceve le cure migliori dallo staff dell’ospedale St Thomas. Le nostre speranze e preghiere sono con lui e con la famiglia», queste le parole del ministro dell’ufficio del governo Michael Gove (che proprio mentre scriviamo ha annunciato l’autoisolamento dopo che un membro della sua famiglia è risultato positivo al Covid-19).
Da domenica sera, solo un paio d’ore prima che la Regina Elisabetta pronunciasse il suo storico discorso alla Nazione, il Primo Ministro inglese era stato ricoverato all’ospedale St. Thomas, proprio sulla sponda opposta del Big Ben, nel cuore della capitale britannica. Oggi in tutto il Regno Unito si respira aria di preoccupazione per l’evoluzione delle condizioni di salute del Premier e i cittadini hanno paura che da Downing Street non arrivi la verità: interpellati da molti tabloid, i sudditi di Sua Maestà sono certi che le condizioni di Johnson siano molto gravi visto il suo silenzio social (eravamo abituati a vederlo quotidianamente e a leggere i suoi tweet al vetriolo). Una settimana fa, nonotante il Coronavirus, era voluto scendere in strada per unirsi all’applauso di tutto il Paese per coloro che stanno combattendo in prima linea contro il nemico; e solo due giorni fa aveva lui stesso raccontato attraverso un video sul suo profilo Instagram, in cui era apparso più magro e visibilmente stanco, come procedeva la sua convalescenza al numero 10 tra riunioni di Gabinetto e decisioni da prendere a margine della Brexit fortemente voluta.
Il portavoce del Premier ha dovuto smentire le numerose voci che si stanno rincorrendo in queste ore e che vedono Johnson combattere con polmonite ed Ecmo, acronimo inglese di ExtraCorporeal Membrane Oxygenation e cioé la procedura di circolazione extracorporea cui si ricorre come supporto nei soggetti con insufficienza respiratoria: «Non è questo il caso. Sta ricevendo un trattamento con ossigeno standard e respira senza altra assistenza».
Il portavoce del numero 10 ha inoltre dichiarato che dalla sera del 6 aprile, quando le condizione di Johnson sono peggiorate «Il Primo Ministro ha chiesto al Segretario agli esteri Dominic Raab, che è il Primo Segretario di Stato, di sostituirlo». E così è stato: oggi la prima riunione del cosiddetto “Gabinetto di guerra” – sempre guidato finora dal primo ministro Tory anche in video durante i 10 giorni del suo isolamento a casa – presieduta da Raab.
Dominic Raab ha quindi preso ufficialmente (e con il consenso della REgina Elisabetta) le redini del Governo mentre Boris Johnson combatte il Covid-19 in terapia intensiva, scatenando così le paure di un vuoto di potere. Nonostante Raab abbia infatti cercato di rassicurare il pubblico che la «macchina del governo può ancora far fronte alla crisi», tutti sanno che la Whitehall non può funzionare a lungo senza un Premier attivo. Johnson non si è dimesso e quindi continua a essere il leader formale del governo, ma i medici lo hanno avvertito di dover affrontare un lungo processo di recupero.
Insomma, di tutto aveva bisogno ora la Gran Bretagna tranne che di un Premier supplente (o addirittura di un nuovo premier), non legittimato dal voto popolare: il Covid-19 e la trattativa con la UE sull’applicazione della Brexit non possono attendere. E la sterlina neppure.
Intanto, dopo lo storico discorso di domenica 5 aprile seguito da oltre 23 milioni di persone in cui ha esortato il Paese a restare uniti per combattere il Coronavirus, oggi Elisabetta ha parlato di nuovo ai sudditi: con un messaggio social in occasione della Giornata mondiale della salute, la sovrana ha elogiato la «dedizione al servizio» di infermieri, ostetriche e altri operatori sanitari durante la pandemia. Ha inoltre sottolineato la loro «diligenza» in «ruoli di vitale importanza per proteggere e migliorare la salute e il benessere delle persone in tutto il Commonwealth e in tutto il mondo». Un esempio per tutti, ha concluso la Regina che solo due giorni fa aveva rassicurato il suo popolo dicendo «Saremo di nuovo con i nostri amici; saremo di nuovo con le nostre famiglie; ci rincontreremo».
E a preoccupare è anche lo stato di salute della fidanzata di Boris Johnson, Carrie Symonds, incinta del suo primo figlio e risultata positiva al test: la coppia non si vede da quando il Premier si è ammalato il 27 marzo, ma ora che la gravidanza è agli sgoccioli la “prima compagna non sposata di un Primo Ministro a vivere a Downing Street“, come la definiscono i tabloid, deve decidere dove partorire. La Symonds avrebbe infatti voluto e previsto un parto in casa, proprio al numero 10, ma molti ospedali ora stanno vietando la pratica a causa della mancanza di ostetriche.