Born to Run sarà pure il titolo della sua hit più famosa (nonché dell’autobiografia, edita da Mondadori, in cui racconta anche la sua lunga battaglia contro la depressione), ma non riflette la filosofia di Bruce Springsteen. Leggenda vivente, in 45 anni di carriera ha venduto 135 milioni di dischi e vinto innumerevoli premi, tra cui 20 Grammy, 1 Oscar, 2 Golden Globe e 1 Tony Award per il suo one man show a Broadway.
A 70 anni è in splendida forma – «ma non corro più, cammino veloce e mi prendo cura del mio corpo con dieta ed esercizi» – e soprattutto è un uomo risolto, che non cerca di sfuggire a se stesso: «Ho trascorso 35 anni cercando di sbarazzarmi degli aspetti più distruttivi del mio carattere, ancora oggi ci sono giorni in cui faccio fatica» ammette, spiegando di aver avuto a lungo la tendenza a ferire le persone importanti della sua vita. Perché? «Fa parte della natura umana, l’intimità può spaventarci e spingerci a provare rabbia verso i nostri affetti. È stata una cosa su cui ho iniziato a lavorare quando io e Patti ci siamo messi insieme: lasciar andare quelle paure ha aumentato la qualità della mia vita». Nel film-documentario Western Stars (in sala il 2 e 3 dicembre distribuito da Warner Bros.), che ha scritto e co-diretto, suona dal vivo il suo 19° album in studio e alterna ogni performance a riflessioni sul senso della vita.
Accanto a lui, la musicista Patti Scialfa, sua seconda moglie e madre dei loro 3 figli. «Io sono il Boss solo per 4 ore, sul palco: quando torno a casa quella che comanda è lei» scherza.
Com’è nato Western Stars?
«Per ragioni pratiche. Ho iniziato a lavorare all’album nel 2012 e, nel tempo, ho messo insieme 40 canzoni che poi ho selezionato. Sapevo che sarebbe stato difficile portarlo in tour perché l’ho registrato con un’orchestra, perciò ho girato il film per consentire al pubblico di assistere a un concerto».
Hai scelto una location speciale.
«L’abbiamo girato in un fienile a casa mia, in New Jersey. Ho ristrutturato la parte inferiore per i cavalli, mentre il piano superiore è rimasto così com’era alla fine del 18° secolo. Ci ho fatto costruire un bar e un palco, per quando facciamo feste o celebriamo matrimoni».
Hai definito Western Stars una lettera d’amore per tua moglie.
«Patti è una donna fantastica ed è fonte di grande ispirazione: se fossi stato più intelligente le avrei chiesto di partecipare al disco o di cantare di più nel film. Siamo sposati da 28 anni e, ogni volta che ci esibiamo insieme, tornano a galla tutti i momenti che abbiamo condiviso. La sua presenza e il nostro percorso sono il cuore del film».
È per questo che hai inserito il filmino della vostra luna di miele?
«È stata un’idea del co-regista Thom Zimny. Volevo raccontarmi e far capire meglio al pubblico chi sono oggi. Thom mi aveva regalato, per Natale, alcuni miei vecchi filmini che aveva catalogato: tutte cose che non vedevo da decenni, è stato emozionante ritrovarli».
Tu e Patti state insieme da 30 anni. Il segreto?
«Chiunque sia sposato da molto ti dirà che è un’esperienza da vivere giorno per giorno, sperando che funzioni. Non c’è mai la garanzia che il giorno dopo sarà come volevi tu, ma fai del tuo meglio e speri che le cose che hai costruito ti sostengano. La parte più dura è alla fine di un tour, quando torno a casa: richiede un po’ di adattamento, ma negli anni sono migliorato».
Cosa significa trovare un equilibrio tra vita on the road e vita privata?
«La quotidianità mi riserva le stesse difficoltà di tutti. Il palco è un luogo unico, dove cerco di condividere con gli spettatori i valori, i sogni e gli interessi di cui parlo con loro da 45 anni o per la prima volta: abbiamo anche nuovi fan, che hanno appena iniziato ad ascoltarci. Il film esplora la tensione tra libertà individuale e vita in comune e parla dei compromessi che tutti noi dobbiamo fare. Sono fortunato, la famiglia che mi sono creato mi ha dato enormi felicità».
Sei sempre stato così saggio?
«No! (ride). La saggezza nasce proprio dal non avere avuto ben chiare le priorità. I personaggi di cui canto in alcuni brani sono spesso un catalogo dei miei errori, hanno fallito o preso la strada sbagliata. Scrivo di quelle esperienze e del prezzo da pagare, sperando di riuscire a condividere queste lezioni con i miei fan, in modo che non commettano gli stessi sbagli».
Hai da poco compiuto 70 anni. Bilanci?
«È un’età in cui ripensi a tutto ciò che hai imparato. Apprezzo quanto sia vitale la mia creatività: negli ultimi 5 anni ho fatto alcuni dei lavori migliori della mia carriera, tra il libro, lo show e il film. Molti artisti perdono l’entusiasmo o l’interesse. È un mistero, ma sono rimasto curioso nei confronti del mondo e di come possa usare il mio talento: questa è una cosa che ti tiene vivo».
A quando il prossimo tour?
«Presto, ho voglia di suonare di nuovo con la E Street Band e di tornare al mio lavoro quotidiano. E poi ci sono le bollette da pagare!».
La prossima sfida, dopo il cinema?
«Probabilmente diventare astronauta!».