Carlo Conti è il conduttore zen capace di restare imperturbabile anche su quel “tritatutto” che è il palco del Festival di Sanremo (che ha condotto per 3 edizioni, dal 2015 al 2017). Il volto garbato e nazional popolare della televisione per le famiglie. Un fedelissimo del servizio pubblico. Carlo Conti mi risponde al telefono mentre prepara la nuova stagione: ha mille impegni che lo pressano, ma per tutta la chiacchierata resta rilassato e cordiale. Gli domando come gli piacerebbe essere ricordato nella storia della tv. Dice: «Come “uno di famiglia”. Quando la gente mi ferma per strada, mi dà del “tu”. Poi si scusa e mi spiega: è perché sei sempre in casa con noi. Per me è il riconoscimento più grande».
L’11 settembre Rai1 manda in onda per la seconda volta il tuo show teatrale con Giorgio Panariello e Leonardo Pieraccioni. «L’avevamo pensato come una sorta di “reunion” per 3 date nei palasport: sono diventate 84. Se va così anche in tv…».
Siete 3 giganti dell’intrattenimento, colleghi e amici da sempre. «Perché per anni abbiamo fatto insieme la cosa che più conta in una carriera: la gavetta. Decine di feste di paese, serate in provincia, Festival dell’Unità, senza mai vergognarci, anzi, al contrario, divertendoci molto e soprattutto imparando il mestiere. Tra noi si è creato un legame fortissimo, personale e professionale, e ancora oggi sul palco ci capiamo al volo».
Un aneddoto degli inizi? «Una volta a Grosseto parcheggiammo per sbaglio le macchine in divieto di sosta: le multe superarono l’incasso della serata».
In tanti anni mai uno screzio? «Soltanto piccole agitazioni momentanee, come accade in tutte le famiglie: io sono l’ago della bilancia, sto nel mezzo e cerco di mediare. Del resto, siamo diversi. Giorgio è estremamente professionale, ma ha mille paure, Leonardo si lancia, però a volte è pigro. A descriverci basterebbero i nostri camerini: quello di Giorgio è silenzio, concentrazione e musica lounge; da Leonardo e da me c’è sempre chiasso, figlioli che entrano ed escono, gente, cibo».
È vero che, quando hai annunciato che ti sposavi, loro non ci hanno creduto? «Vero, ormai ero “l’Alberto Sordi” del gruppo».
Hai “ceduto” al matrimonio (con la stilista Francesca Vaccaro, ndr) dopo i 50 anni. Che cosa era cambiato? «Superata quell’età ho cominciato a sentire il bisogno fortissimo di costruire una famiglia, di condividere. Mi sono reso conto che nel mio cuore c’era una persona, che per fortuna mi aspettava ancora. Prima passavo da una storia all’altra, ero innamorato di tutte le donne, forse anche troppo».
A casa, quando togli la “casacca” da conduttore, come sei? «Sempre lo stesso, non prendo mai le cose troppo sul serio e mi piace organizzare (ride, ndr). Scaletto tutto, come in tv».
Torniamo lì. Venerdì 18 settembre riparti con Tale e Quale Show, il programma in cui i vip imitano i grandi cantanti. Festeggiate la decima stagione. «Sarà un’edizione particolare, per via delle restrizioni sanitarie abbiamo un sacco di vincoli, mentre quello è uno show che vive di contatti, di abbracci. Ma ci stiamo adeguando: la cosa più complessa è stata organizzare la sala trucco in modo da distanziare i concorrenti».
E a ottobre debutti in versione cartoon nella serie per bambini 44 Gatti, su Rai YoYo. Sei Gatto Carlo, un conduttore felino col terrore del palco. «Mio figlio Matteo (6 anni, ndr) è appassionato del cartone e mi aveva fatto notare che la band musicale dei gatti non aveva un presentatore, così ho fatto una proposta alla produzione. Ne è uscito fuori un gatto con gli occhiali, abbronzato come me e tormentato dal singhiozzo. Io gli presto la voce».
A te invece il palcoscenico non ha mai fatto paura. «È una questione caratteriale: io mi diverto, è il premio di tanto lavoro di preparazione. Come per un calciatore, che dopo gli allenamenti finalmente gioca la partita».
Non perdi mai la calma? Ci sarà stato un momento in cui ti sei chiuso in camerino a lanciare oggetti… «Mai. Neanche quella volta, tanti anni fa, che stavo per firmare un contratto per la tv dei ragazzi in Rai e all’ultimo momento presero un altro. Dissi: pazienza, doveva andare così. Mi chiamarono l’anno dopo».
Hanno scritto di te che sei l’incarnazione dell’italiano medio. Che cosa rispondi? «Lo ritengo un complimento: l’italiano medio è uno che lavora con onestà e rispetta gli altri».
L’anno prossimo ti aspetta il giro di boa dei 60 anni. «Come? Non ho sentito… (ride, ndr). Scherzi a parte, ne parlavo con Pieraccioni qualche giorno fa: il problema è che ce ne sentiamo ancora 30. Io mi accorgo di avere una certa età solo quando prendo in braccio mio figlio e la mia schiena protesta!».