Roma? Una città in inarrestabile declino dove il senso civico latita e il problemi legati a spazzatura, trasporto pubblico e decoro sembrano irrisolvibili. Parola di un romano doc come Carlo Verdone che confessa la tentazione di andarsene dalla “Città eterna”. «Ci penso davvero, due o tre volte a settimana: famme scappà via. – dice l’attore e regista in un’intervista a Il Fatto Quotidiano -. Non è un problema solo mio, conosco tanti amici che stanno valutando concretamente di andarsene da Roma. È la prima volta che succede».

«Il declino non è stagionale ma costante»

«Il caldo rende ancora più invivibile una città così complicata. Ma il declino di questa città non è stagionale, è costante», riflette il regista di “L’amore è eterno finché dura”.

Carlo Verdone

«Incastrato in una specie di bolgia infernale»

Verdone si sofferma sul recente incendio scoppiato a Monte Mario: «Stavo lavorando in piazzale Clodio. Ho provato a tornare a casa, ma tutte le strade erano chiuse per far passare i pompieri e la polizia. Ero pure in scooter, in teoria doveva essere più semplice venirne fuori, invece sono finito incastrato in una specie di bolgia infernale: come mi muovevo trovavo una strada chiusa. Ero ostaggio, non riuscivo più a tornare a casa». «Ho scoperto che a Roma ci si può ancora perdere alla mia età», ha aggiunto il regista e attore.

«Abituati a un sistema burocratico spaventoso»

Per quanto riguarda i cantieri, Verdone sottolinea i tempi biblici dei lavori pubblici: «Ben vengano, probabilmente quando saranno finiti la città sarà più bella. Ma siamo nel 2024: le cose andavano fatte molto, molto prima». «Il problema è che abbiamo tutti paura che i cantieri si possano allungare oltre misura. Allora no, diventerebbe l’ennesimo guaio. Siamo abituati a un sistema burocratico spaventoso: si rompe un arco, una galleria, arrivano le transenne, ti sequestrano una strada e non sai quando te la ridanno. Entrano in ballo una, due, tre soprintendenze».

Bagni pubblici, «impensabile per altre capitali europee»

Attore simbolo della romanità, Carlo Verdone esprime tutto il suo sconforto per la mancanza di decoro che caratterizza la sua città, i bagni pubblici inesistenti e i comportamenti incivili di residenti e turisti. «Provi ad affacciarsi per una ventina di minuti da Ponte Garibaldi o da Ponte Sisto, vedrà qualcuno che si cala i pantaloni e lascia un bel ricordo. Glielo garantisco al cento per cento. Mica solo pipì, eh, pure qualche regalo più sostanzioso. Dalla mia finestra vedo ragazzi, ubriaconi – romani e turisti – che si nascondono dietro macchine, statue, alberi. Ogni volta che torni a casa, ti devi controllare le suole delle scarpe. È indecoroso, impensabile per le capitali europee ‘normali’. C’è un concorso di colpa, è chiaro: c’entra pure il senso civico delle persone. Ma cara amministrazione, che ci vuole a mettere dei vespasiani?».

«Roma è sporca da troppo tempo»

L’attore ritorna sull’annosa questione dei rifiuti che invadono Roma e del livello di sporcizia ormai endemico che si registra per le vie della città: «Pure il gabbiano è il risultato di una città sporca. Ci sono sempre stati, ma un numero così incredibile non l’avevamo mai visto. E poi i piccioni. Nel nostro condominio non sappiamo più come fare: non vogliamo ammazzarli, poveracci, ma arrivano in gruppo, dieci alla volta, non hanno più paura di nulla; stanno massacrando i nostri balconi. Roma è sporca da troppo tempo e questa è la conseguenza. Guardi, le assicuro che non mi trovo a mio agio in questo ruolo. Quale? Quello di chi critica la sua città. Poi mi dicono ‘hai parlato male di Roma’. Ma come fai? Come ti giri, non vedi più una strada normale. Non c’è un centimetro di muro che sia stato risparmiato. Tag, firme, scritte, brutture, sfregi. Questa città deve essere considerata come la nostra casa. Quando una casa è tenuta bene, quando ci entri stai attento, cammini in un certo modo, ti siedi composto, fumi fuori dalla finestra. Mostri attenzione. Quando una casa è trascurata, invece, ognuno si sente in diritto di trattarla male».

«Ci vorrebbero più agenti in borghese in metrò»

«Sotto la metropolitana ci vorrebbero più agenti in borghese, non è un lavoro che può fare chi conta di prendere i like. Certo Roma è talmente grossa, talmente affollata. Ormai, bisogna dire la verità, ci sono più turisti che romani. Mi rendo conto che è tutto complicato, siamo in un momento di declino da tutti i punti di vista. Sappiamo benissimo dove operano i borseggiatori, si conoscono perfettamente le stazioni sensibili, con tanti turisti: dovrebbe essere la città a prendersi cura della sicurezza, non questa specie di Robin Hood improvvisato».