Candidata agli Oscar 2023 come miglior attrice protagonista per Tár, la sera del 12 marzo Cate Blanchett potrebbe tornare a casa con un’altra statuetta, dopo la Coppa Volpi alla Mostra del Cinema di Venezia, il Golden Globe e il BAFTA.
Cate Blanchett: direttrice d’orchestra in Tár
«Non puoi arrivare a questi livelli senza avere alle spalle un esercito di persone che ti sostiene. Ecco perché i successi vanno condivisi» ha detto Cate Blanchett ritirando il premio come miglior attrice agli ultimi Critics’ Choice Awards per Tár, adesso al cinema. E il tema della natura mutevole del potere è centrale nel film scritto e diretto da Todd Field, in cui lei veste i panni di Lydia Tár, direttrice d’orchestra di fama mondiale e prima donna a guidare la Filarmonica di Berlino.
MeToo al femminile
Abituata a stare sul podio, vede la sua vita con la moglie Sharon (Nina Hoss) e la figlia Petra andare in frantumi quando viene accusata di aver sfruttato la sua posizione per ottenere favori sessuali. La pellicola esplora il tema del MeToo da un punto di vista non comune: il predatore, stavolta, è una donna. «Ma non ho mai pensato alla sessualità o al genere del personaggio. Lydia è una musicista all’apice delle sue capacità, però avrebbe potuto anche essere un architetto o il ceo di una grande società. Questa storia è una meditazione sul potere: quello istituzionale e quello che regola le dinamiche tra il singolo e il gruppo, in questo caso l’orchestra» riflette Cate Blanchett quando la incontro a Londra. «Il percorso di Lydia mostra il modo in cui il potere ci cambia: cosa accade a chi viene messo in una posizione importante? Non importa che ad abusarne ci sia una donna: il potere può corrompere tutti, indistintamente».
Cate Blanchett e il suo metodo
La 53enne interprete australiana non ha modellato il personaggio, fittizio, su alcuna figura in particolare. Per prepararsi, oltre ad aver studiato il tedesco, ha imparato a suonare il pianoforte e a dirigere un’orchestra. «È stato un ruolo così fisico e impegnativo che, una notte, mi sono svegliata di colpo e mi sono resa conto che avevo il braccio alzato. Come se stessi conducendo davanti ai musicisti» esclama con una risata.
Tár: la musica come salvezza
I quesiti sollevati dalla storia di Lydia, che sfrutta la propria posizione per ottenere favori sessuali da una componente della sua orchestra, sono universali. Tár non è il ritratto di una persona specifica, bensì di un intero sistema. «Lydia si sente perseguitata dal suo passato, o forse dalle proprie azioni. Ha cercato di mettere da parte la persona che era e di reinventarsi grazie al proprio talento, sperando di essere salvata dalla musica. Resta però una persona tormentata che non ha fatto i conti con se stessa. Mi piace il fatto che il film sia enigmatico e, non offrendo risposte facili, consenta al pubblico di trarre le proprie conclusioni. Mi imbatto spesso in persone che hanno punti di vista diversi dal mio, e sono aperta all’ascolto.
Tuttavia viviamo in un’epoca in cui devi sempre avere un’opinione su tutto, altrimenti smetti di essere considerato rilevante. Invece abbiamo bisogno di tempo per riflettere e capire come ci sentiamo rispetto a determinati argomenti» prosegue l’attrice. Grazie a questo ruolo Cate Blanchett ha già conquistato la Coppa Volpi al Festival di Venezia e il Golden Globe come migliore attrice. Ora si candida a ricevere il suo terzo Oscar dopo quelli vinti per The Aviator nel 2005 e Blue Jasmine nel 2014.
Dall’Australia a Hollywood
Una carriera straordinaria che dopo gli esordi negli anni ’90 sui palcoscenici australiani l’ha portata a lavorare con alcuni dei registi più celebrati, come Steven Spielberg, Martin Scorsese e Peter Jackson.
«Eppure, uscita dalla scuola di recitazione, temevo che il mondo del cinema mi fosse precluso. All’inizio pensavo che, se fossi stata fortunata, avrei potuto avere una carriera teatrale in Australia».
Blanchett, che è diventata una star nel 1998 grazie al ruolo della regina Elisabetta I in Elizabeth di Shekhar Kapur. «Credo che il modo in cui il nostro successo viene misurato dagli altri sia spesso diverso da come lo misuriamo dentro di noi. Il modo in cui accogliamo ogni vittoria e trattiamo il prossimo, soprattutto, rivelano tanto della nostra personalità».
A teatro con il marito Andrew
Tra il 2008 e il 2013 lei e suo marito, il drammaturgo e regista teatrale Andrew Upton (con il quale ha avuto 3 figli maschi e adottato una bambina), hanno gestito la Sydney Theatre Company, importante organizzazione culturale in Australia. «Una delle prime cose che ha fatto Andrew, quando siamo entrati in ufficio, è stata sbarazzarsi della scrivania e sostituirla con dei divani. Alcune persone abituate al precedente direttore artistico e a un certo tipo di gerarchia pensavano che non avessimo idea di cosa stavamo facendo. Perché non stavamo trattando la nostra autorità in modo tradizionale. Noi, però, volevamo comportarci come parte di un gruppo, non come i capi di turno» ricorda Cate.
Forse Lydia Tár non si accorge fino in fondo del modo in cui tratta gli altri in quanto accecata dal proprio successo: le chiedo se lei sia sempre consapevole dell’effetto che ha sulle persone che la circondano, quando lavora. Ci pensa su. «Credo che, mentre sei impegnato a creare qualcosa, non pensi tanto alla percezione che gli altri hanno di te. Sul set do retta a poche persone perché là fuori ci sono mille opinioni e, se le ascoltassi tutte, rischierei di impazzire. Per vivere bene devi avere una sana consapevolezza di te stessa e saper tenere a bada le insicurezze, continuando a coltivare la capacità di dubitare.
Ogni giorno sul set è ancora come il primo giorno di scuola: ogni volta che inizio a girare, ho il terrore di non saper fare niente» ammette con un sorriso. Un’umiltà che si riflette anche nel modo in cui descrive il suo rapporto col potere: «Ho ricevuto un’educazione, godo di ottima salute e non vivo una relazione tossica. Da questi punti di vista mi reputo incredibilmente potente».
Progetti del cuore
Presto la ritroveremo in 5 titoli molto attesi, tra cui il film Borderland, accanto a Jamie Lee Curtis, e la serie Disclaimer, in cui reciterà insieme a Sacha Baron Cohen. Il progetto del cuore, però, non ha a che fare con Hollywood, bensì con i suoi affetti: «Se penso al futuro mi piacerebbe imparare ad essere più calma e paziente. Mia nonna curava il giardino di casa sua in modo meraviglioso e anche mia madre, che vive con noi, ha il pollice verde. Ecco, vorrei trascorrere più tempo con lei, magari a occuparmi delle piante in giardino. E poi, chissà, magari imparare a fare il pane: sono sempre stata un disastro, il giorno che ci riuscirò arriverà la fine del mondo!».
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