Il principe Harry ha chiesto oltre 440.000 sterline al Mirror Group Newspapers come risarcimento nell’ambito di una causa che vede l’editore accusato di pirateria informatica. Il processo, durato sette settimane, ha preso in esame 33 articoli pubblicati tra il 1996 e il 2009. Secondo Harry, le informazioni contenute nei pezzi, sarebbero state ottenute illegalmente, attraverso l’intercettazione di messaggi telefonici o altre attività non lecite. Il giudice dovrebbe emettere il suo verdetto in autunno.
La causa contro il Daily Mirror
Il processo ha riportato alla cronaca gli eccessi dei giornali scandalistici britannici e puntato il dito contro l’ex editore del “Daily Mirror” Piers Morgan e la rete di investigatori privati disposti a tutto pur di avere una storia esclusiva.
Depressione e paranoia: le accuse di Harry
Harry è diventato il primo reale in 130 anni a comparire in un banco dei testimoni, descrivendo come l’intrusione della stampa abbia distrutto le sue relazioni e gli abbia causato “attacchi di depressione e paranoia”. È arrivato vicino alle lacrime, insistendo sul fatto che c’erano “prove concrete” che era stato preso di mira illegalmente dai giornalisti del “Mirror” e che avrebbe provato “ingiustizia” se avesse perso la causa.
Nessuna prova concreta né ammissioni
Non sarebbero tuttavia emerse prove che i messaggi vocali sul cellulare di Harry siano stati intercettati dai giornalisti che lavoravano per il “Daily Mirror”, il “Sunday Mirror” o “People” e nessun giornalista ha ammesso di aver scovato informazioni sul principe in modo illegale. Allo stato dei fatti, è pertanto difficile provare che siano state commesse attività illegali da parte dell’editore del “Mirror”. Il numero di cellulare di Harry è stato comunque trovato nell’agenda personale di un giornalista. Sono state portate agli atti una serie di chiamate ai suoi amici e fatture emesse a investigatori privati per ricerche sul principe e sui suoi soci.
Informazioni riservate sul principe
L’accusa fa leva sull’esistenza di informazioni riservate sul principe apparse in molti articoli e sulla tendenza diffusa negli anni 2000 all’hacking telefonico da parte del tabloid britannico nei confronti di molte celebrità. Innegabile il fatto che i giornali del Mirror abbiano pubblicato molti articoli sulla vita privata del principe, che il figlio di Carlo III ha trovato invadenti.
Il paragone con lo spazzacamino del ‘700
Nel corso del processo David Sherborne, l’avvocato di Harry, ha citato il caso di uno spazzacamino vissuto nella Londra georgiana. L’apprendista Armory, nel 1722, dopo aver trovato un gioiello lo portò a un orafo per farlo valutare. L’orafo, però, rubò il gioiello allo spazzacamino restituendogli la scatola vuota. A quel punto il Giudice che aveva affrontato la causa stabilì che, in assenza del gioiello originale, si dovesse presumere che fosse del valore più alto possibile che si adattasse agli incavi vuoti dove un tempo si trovavano i gioielli. In assenza di prove, anche secondo i legali di Harry, il risarcimento dovrebbe equivalere al valore del danno massimo.