Conserva il fascino malandrino del seduttore Mimì Augiello, il poliziotto “vice” del commissario Montalbano che lo ha reso famoso. Intanto, però, Cesare Bocci è tornato in tv nella nuova edizione di Viaggio nella grande bellezza, la serie doc di Canale 5 (in onda il giovedì in prima serata) che ci racconterà città d’arte come Orvieto, Assisi, Torino insieme a grandi storie d’amore e personaggi straordinari come Padre Pio. «Lavorando al programma ho scoperto una grande passione» ci racconta lui. «Se da giovane avessi studiato l’arte e la storia, oggi sarei più felice. E invece mi ritrovo un “ignorante” pentito».
Così hai deciso di rubare il mestiere ad Alberto Angela?
«Per carità (ride, ndr), io posso avvicinami a lui al massimo per chiedergli l’autografo, sono un fan. Quello che faccio in Viaggio nella grande bellezza è diverso, sono un narratore-spettatore che osserva le cose e si emoziona insieme al suo pubblico».
E che cosa ti ha emozionato in questa stagione?
«Soprattutto il racconto della relazione tra Gabriele D’Annunzio ed Eleonora Duse, lui genio folle ed egocentrico, lei attrice famosissima. Si amavano, si lasciavano, si tradivano, ma sono sempre rimasti legati».
Gli Angela hanno creato una sorta di “marchio” di famiglia, tu hai mai pensato di coinvolgere in questo lavoro tua figlia (Mia, 21 anni, ndr)?
«Mia ha tutt’altre idee, studia all’Istituto europeo di design ed è molto versata per l’arte, la grafica, la fotografia, non farà mai l’attrice. Però in Viaggio nella grande bellezza mi è stata accanto sul set come truccatrice, regolarmente assunta dalla produzione. E si è presa cura di me, perché condurre un programma del genere è massacrante, chiedetelo anche agli Angela. Sei solo sul set per 14 ore al giorno a parlare e parlare, e io ero talmente concentrato da dimenticarmi perfino di mangiare. Allora interveniva Mia: papà siediti, mettiti all’ombra, bevi un po’ d’acqua».
«Facendo Viaggio nella grande bellezza ho scoperto che, se da giovane avessi studiato arte e storia, sarei più felice. Invece mi ritrovo un “ignorante” pentito».
Qualche anno fa hai raccontato in un libro, Pesce d’aprile (Sperling & Kupfer), il dramma che ha fatto seguito alla sua nascita. Pochi giorni dopo averla partorita, la tua compagna Daniela Spada ha avuto un ictus che le ha impedito di occuparsi della figlia per moltissimo tempo.
«Io e Daniela abbiamo scritto quel libro proprio per mandare un messaggio forte, quello di una coppia che la vita ha messo in ginocchio, che però trova la forza di rialzarsi, per sé e per la propria creatura. E abbiamo avuto tante testimonianze di persone che ci hanno ringraziato per aver dato loro una speranza. Volevamo coinvolgere anche Mia nella scrittura, ma lei si è tirata indietro».
Quando era piccola le hai fatto tu da madre e da padre.
«E come tutti i genitori, continuo a chiedermi se ho fatto bene o male, anche se spero di averle trasmesso dei principi. Daniela non era in grado di avere rapporti con la figlia, fino ai suoi 3 anni non riusciva neanche a prenderla in braccio, e io ero pieno di ansie che mi portavano a voler controllare tutto, cosa che sicuramente ci ha creato qualche problema. Quando finalmente siamo andati in terapia mi dissero: signor Bocci, ora lei deve fare due grandi passi indietro e lasciare che la signora si riappropri della sua vita».
Com’è oggi il rapporto con tua figlia?
«Un misto di grande affetto e scontri: alla sua età credo sia normale».
E Daniela come sta?
«La nostra battaglia non è finita, lei ha ancora diversi problemi, però la vita se l’è riconquistata. Durante la riabilitazione si è appassionata alla cucina, poi ha frequentato una scuola professionale e fondato un’associazione, Cucina amore mio, per tenere dei corsi. Ultimamente sta collaborando con un istituto che si occupa di ragazzi con disagi mentali, insegna loro a preparare qualche piatto molto semplice».
A casa vostra si mangerà in modo meraviglioso.
«Pensare che un tempo Daniela entrava in cucina solo per farsi un caffè. Ma anche io me la cavo bene ai fornelli, e mi piace fare la spesa».
Raccontaci com’è la vostra vita “casalinga”. «Io mi occupo delle piante, lei dell’arredamento. Quando cucino io lei suona il sax per tenermi compagnia».
Principali motivi di bisticcio?
«Io sono un “precisetti” e lei una disordinata cronica, quando si veste lascia l’intero contenuto del suo armadio sparpagliato sul letto, ma se trova un mio calzino in terra dice che la casa è un disastro. Per non parlare poi del classico “non mi stai ascoltando”, anche se in realtà è proprio lei che non ascolta».
Sembrate una coppia deliziosa.
«Ci vuole pazienza, lo dico sempre e dovrei tatuarmelo sulla pelle».
Torniamo al tuo lavoro, dopo Viaggio nella grande bellezza che farai?
«Ritorno nella seconda stagione della fiction Rai Imma Tataranni, e a luglio girerò una docufiction che racconta la storia del Milite ignoto, un fatto davvero commovente che ha unito l’Italia in un momento in cui era un Paese distrutto. Andrà in onda a novembre per il centenario dalla tumulazione».
Intanto Montalbano continua a macinare ascolti anche in replica e tutti si chiedono se tornerai nei panni di Mimì.
«Ormai sono due anni che non giriamo un episodio, e non ho notizia che se ne faranno altri. Sono rimasti solo due romanzi, Il cuoco dell’Alcyon e l’ultimo, Riccardino, in cui Augiello non c’è. Ma dopo la morte di Andrea Camilleri e del regista Alberto Sironi ho la sensazione che si sia conclusa un’epoca».
Ormai sono due anni che non giriamo nuovi episodi di Montalbano. Ci sono ancora due libri da adattare, ma dopo la morte di Camilleri e del regista Alberto Sironi credo che si sia chiusa un’epoca
È vero che Mimì non ti assomiglia per nulla?
«Verissimo, quale donna vorrebbe dividere la propria vita con un “femminaro” seriale?».
E invece il tuo rapporto con Luca Zingaretti com’è?
«Luca è un uomo dalla scorza dura, ma ha un cuore tenerissimo. Ci vogliamo un gran bene, e abbiamo costruito una bella fiducia reciproca. Nel corso degli anni ci sono state due o tre scene in cui Salvo e Mimì si abbracciano, cosa che noi uomini in genere nella vita non facciamo. Ecco, in quei momenti ho percepito davvero l’affetto che ci lega».