Cos’è successo: Chiara Ferragni è candidata per l’Ambrogino d’oro. Cos’è l’Ambrogino d’oro: un premio. È il modo in cui la città di Milano ringrazia chi dedica la propria vita al bene comune. Motivazioni: è una professionista con un fatturato di 10 milioni di dollari, attraverso i social dà lavoro a una ventina di persone e a decine di consulenti. Risultato: polemica ovunque. È come dice Alessandro Baricco: non siamo ancora tagliati per stare dentro il periodo in cui viviamo. Abbiamo inventato Internet ma non ci siamo ancora abituati. Non sappiamo decidere se i social siano un gioco o un lavoro. Prendiamo i dati del matrimonio dei Ferragnez. Gli analisti di Launchmetrics hanno ideato un sistema, il Media Impact Value (MIV), che traduce la diffusione di contenuti sul web e le interazioni in valori monetari. Ne è venuto fuori che con 67 milioni di interazioni dei post – like, commenti, condivisioni e menzioni – quei 2 ragazzi avrebbero generato un MIV di 36 milioni di dollari (per capirci, Harry e Meghan hanno fatto la metà).
Insomma la risposta al dubbio di prima è che i social sono sempre un gioco, ma un gioco pagato. E quindi l’obiezione della “vecchia guardia” cominciamo a capirla: è giusto, è morale dare a Chiara l’Ambrogino d’oro per questo? E quelli che faticano davvero? Ma soprattutto: la Ferragni che lavoro fa? Se un’impresa è quella cosa che si ottiene spezzandosi la schiena sulla scrivania per 30 anni, allora il modulo dell’influencer non va bene. Se i soldi vengono troppo facili, c’è qualcosa di sbagliato. Chi è un imprenditore di successo, nessuno lo sa. «Animal spirit» provò a dire l’economista John Keynes. Che significa tutto e niente: intuito, intelligenza, una certa voracità. Doti che non rientrano nel pacchetto “sudare per ottenere successo”. Conclusioni? Non è cambiato niente, è solo cambiata l’epoca. L’imprenditore adesso si fa con la rapidità, non con la pazienza. Vince chi arriva prima a capire certi meccanismi. Se ci fosse Charles Darwin, direbbe che il più adatto ai tempi è quello che sopravvive, ma non basta: dev’essere anche il più veloce. E la Ferragni è arrivata prima di tutti, tutto qui.