I grandi occhi scuri. la risata con cui ha sempre affrontato la vita. Quell’espressione da ragazza che ha saputo conservare di film in film, di anno in anno. Se esiste un modo per descrivere Claudia Cardinale, forse è proprio questo: una diva che non si è mai atteggiata a tale, una delle donne più belle del mondo che non ha mai messo una distanza tra sé e gli altri.
L’omaggio del Moma
Oggi che è una vivace signora di quasi 85 anni (ad aprile), il Moma di New York, in collaborazione con Cinecittà, ha deciso di omaggiarla con una retrospettiva – dal 3 al 21 febbraio – dei suoi film più celebri: dal Gattopardo a Il bell’Antonio, da C’era una volta il west a 8 ½, da La ragazza con la valigia a Rocco e i suoi fratelli. Venti pellicole firmate dai registi più grandi con cui ha lavorato: Luchino Visconti, Valerio Zurlini, Federico Fellini, Sergio Leone… Un’operazione importante, che riguarda anche il restauro di La ragazza di Bube di Luigi Comencini, L’udienza di Marco Ferreri e Atto di dolore di Pasquale Squitieri. Accompagna la retrospettiva un ricco volume, pubblicato da Electa e curato dalla figlia dell’attrice, Claudia Squitieri, che l’ha intitolato L’indomabile (è anche il titolo della rassegna newyorkese).
Claudia Cardinale l’indomabile
Perché l’indomabilità è il fil rouge che ha sempre connotato la vita e la carriera di sua mamma, il suo pubblico e il suo privato. «È una vita che rifletto su cosa mi ha dato, su cosa ha rappresentato» mi spiega Claudia Squitieri in videochiamata da Parigi. «Per gran parte della sua carriera non è stata indomabile, stava al gioco dell’industria del cinema. Però attraverso i film che faceva, e quello che ispirava a questi registi, la sua indomabilità veniva fuori». Come una fiamma che non si lascia spegnere.
Come si diventa Claudia Cardinale
Claudia Cardinale nasce a Tunisi il 15 aprile del 1938, da una famiglia di emigrati siciliani. L’italiano non lo parla fino ai 16 anni. In famiglia, e con la sorella Blanche, la lingua è l’arabo tunisino o il francese, a volte il dialetto siciliano. È irrequieta, scalpita per essere libera e, come tutte le ragazze della sua età, è affascinata da B.B., Brigitte Bardot, che ha appena girato E Dio creò la donna. Anche Claudia è bella, e si fa notare. Il regista René Vautier la vede fuori da scuola e le propone di partecipare al suo cortometraggio, Les Anneaux d’or, che girano ad al-Mahdiyya per celebrare l’indipendenza tunisina raccontando la storia delle donne in un villaggio di pescatori. È il 1956 e il film viene premiato al Festival di Berlino. Basta una sola inquadratura, col vento che le toglie il velo e le scopre il viso, per aprirle le porte del cinema: il regista Jacques Baratier la chiama per girare I giorni dell’amore con Omar Sharif. La svolta avviene però nel 1957 alla Mostra del Cinema di Venezia. Claudia ha 18 anni, ha vinto un viaggio premio per il concorso “La più bella italiana di Tunisi” e sul Lido tutta l’attenzione è puntata su di lei. Bruna, sorridente, allegra. Il critico Masolino D’Amico, che fa parte di quel gruppo incuriosito che la circonda, la descrive così: «Indossava un due pezzi verde smeraldo, e sembrava prendere quel piccolo mitragliamento di click come un gioco. Rideva e assumeva volentieri le pose richieste. Non cercava affatto di essere sexy, forse nemmeno attraente. Era contenta di trovarsi lì, tra persone ben disposte, in riva al mare, sotto un bel sole». Era una donna che si proponeva in modo diverso dalle star di quel periodo. E comunicava ottimismo.
Una vita di corsa
A Venezia inizia il sodalizio con Franco Cristaldi, colui che la rende una vera diva. È un giovane produttore che al Festival ha portato Le notti bianche di Visconti e sta mettendo su una scuderia di attori. Intuisce le sue potenzialità e la prende sotto la sua ala. Claudia Cardinale a poco a poco si trasforma in mito. Cristaldi la controlla: le spiega come deve comportarsi e cosa deve dire. All’inizio lei va e viene dalla Tunisia. In uno di quei viaggi viene stuprata da un uomo e torna incinta. Ha solo 20 anni e una carriera appena decollata. Cristaldi la protegge e le consiglia di dire che Patrick, figlio amatissimo, è suo fratello. Lui cresce con la famiglia che si stabilisce a Roma. Da quel momento il rapporto con Cristaldi diventa più forte. Diventano amanti e poi nel 1966 marito e moglie. Lei lavora in film importanti e la sua fama cresce. È una delle attrici più richieste anche a Hollywood. Però, «malgrado la minuziosa attenzione che la circondava, Claudia non cedette mai al ruolo della diva capricciosa e distante. Continuò a ballare scalza sulle terrazze, a ridere senza contegno e sfuggire a “predatori” come Marlon Brando, Alain Delon e tanti altri…» scrive la figlia nel libro e aggiunge, a voce: «In tutti i film mamma non ha mai interpretato ruoli sottomessi». Indomabile, appunto.
Femminilità e libertà
Che modello era per le donne di quegli anni? «Non credo che all’inizio della sua carriera si potesse parlare di emancipazione, era più la fidanzata d’Italia, con quei tailleur di alta sartoria e quell’immagine di giovinezza e purezza» mi risponde Claudia Squitieri. «Però poi, con gli anni ’60, acquista più consapevolezza». Nel 1968 con Sergio Leone gira C’era una volta il West ed è forse la prima volta che una donna ha un ruolo così importante in un western. L’emancipazione si vede anche attraverso la scelta degli abiti che decide di indossare fuori dal set, e che la figlia ha voluto documentare con le foto del volume. Roberto Capucci, Mary Quant, Nina Ricci… Per poi affezionarsi negli ultimi anni all’eleganza e praticità di Giorgio Armani. «Sento che il suo stile, il suo pensiero sulla donna, mi appartiene di più, mi fa sentire a mio agio, come se i suoi vestiti fossero una seconda pelle. Mi sembra che, fra tutti, sia quello che abbia capito e interpretato una donna di oggi come me: che lavora, che ha fretta, che ha bisogno di sentirsi libera dentro i vestiti e non condizionata da loro» ha detto Cardinale.
Il grande amore di Claudia Cardinale
È quello con Pasquale Squitieri. Per lui prende un volo di sola andata per l’America e gli si presenta con una telefonata. «Sono al JFK» gli dice. Lui corre e si trova di fronte una donna che per lui ha lasciato tutto. È il 1975, si erano incontrati sul set dei Guappi. Lui non amava le dive e non la voleva. In più, era la moglie del produttore. Ma la scintilla si accese e si sono amati a lungo (lui poi nel 2003 iniziò una relazione con Ottavia Fusco). La stampa grida allo scandalo, Cristaldi farà di tutto per farla tornare indietro, ma lei è decisa a dare una svolta alla sua vita. «Per anni mi sono sentita stupida, incapace. C’era sempre qualcuno che parlava al mio posto, che decideva per me quello che dovevo fare, dire e pensare» ha rivelato in un’intervista. Ora sceglieva la libertà. Da quell’unione è nata Claudia, lo stesso nome di mamma per sancire l’amore. «Lei mi ha insegnato che ognuno di noi può essere tante cose, tanti sogni» dice Claudia Squitieri. Ora insieme, mamma e figlia, hanno creato La Fondazione Claudia Cardinale, per continuare non solo a portare avanti l’immagine di C.C. ma soprattutto le sue battaglie per i diritti delle donne e la difesa dell’ambiente.
La mostra al Moma
20 pellicole da Il Gattopardo a Il bell’Antonio, da C’era una volta il West a La ragazza di Bube, da La ragazza con la valigia a Rocco e i suoi fratelli. Il Moma di New York, in collaborazione con Cinecittà, omaggia Claudia Cardinale dal 3 al 21 febbraio con la rassegna Claudia Cardinale. L’indomabile (www.moma.org/calendar/film/5550). La retrospettiva è accompagnata dal libro omonimo (Electa, sotto la copertina), curato dalla figlia Claudia Squitieri, che raccoglie foto bellissime della diva e testimonianze di critici e amici che raccontano la loro C.C.: Giorgio Armani, Barbara Corsi, Silvia D’Amico Bendicò, Masolino D’Amico, Sergio Toffetti, Julia Guillon, Jean A. Gili e tanti altri.