Lorenzo Urciullo e Antonio Di Martino hanno 37 e 38 anni e una lunga carriera cantautoriale alle spalle. In duo dal 2020 per il disco I mortali, portano al Festival Musica leggerissima, un inno per i vinti. Definiscono il brano pop esistenziale e nella serata delle cover canteranno Povera Patria di Franco Battiato. Entrambi siciliani, arrivano da una lunga gavetta e migliaia di concerti. Il 19 marzo uscirà la nuova versione del loro disco che conterrà, oltre ai brani di Sanremo, anche la nuova omonima canzone I mortali. La consapevolezza: si può anche non farcela, senza cadere in un buco nero.
Come è nata la vostra canzone?
Lorenzo: È nata a fine maggio, primi di giugno. Avevamo un giro di basso di Antonio, abbiamo cominciato a scrivere ma questo pezzo ci ha fatto sudare. Ho scritto il ritornello, ma lo abbiamo cercato per mesi perché sapevamo esattamente come lo volevamo, lo abbiamo cambiato tante volte per raggiungere il risultato preciso che per fortuna siamo riusciti ad ottenere. A volte le canzoni nascono di getto, altre volte invece le devi scovare, come la balena bianca.
Antonio: Ad ascoltare ora la prima stesura sembra un’altra canzone.
Agli ascolti della stampa il vostro brano è stato il preferito.
Antonio: Non ce lo aspettavamo. Non abbiamo mai veri feedback del nostro lavoro, vedere che anche gli addetti ai lavori hanno apprezzato ci ha fatto un bellissimo effetto.
Che effetto vi fa invece pensarvi sul palco dell’Ariston?
Lorenzo: Abbiamo calcato centinaia di teatri, ma questa è un’occasione particolare perché il palco è molto ambito. Fa un po’ paura visto da lontano, almeno a me. È una sorta di monumento. Lo hanno calcato molti artisti con cui sono cresciuto e ha cambiato le loro carriere. Venendo da migliaia di concerti e di gavetta lunga vent’anni non è tanto l’esibizione ma la dimensione di quel palco che è diversa.
Andate per ampliare il vostro pubblico?
Lorenzo: la visibilità è una buona conseguenza. Noi abbiamo un pubblico fedele da quasi un decennio, ma Sanremo ti fa cantare di fronte a milioni di persone. Ci sarà una diffusione quasi capillare di un testo a cui teniamo molto. Questo è un momento storico molto importante e il testo ci riguarda e riguarda moltissime persone. I momenti bui non vengono spesso raccontati nelle canzoni. Volevamo scrivere un inno per i vinti. Sottolineare che uno può anche non farcela. La musica leggerissima rappresenta il non cadere in quel buco nero.
Come vi state preparando?
Antonio: Io pratico mindfulness che insegna a guardare i pensieri come se ti passassero davanti.
Lorenzo: La pratichiamo entrambi. È stata forse il primo gradino che ci ha aiutato a superare i nostri momenti bui. La consiglio tantissimo. E dovrebbero insegnarci da piccoli a saper gestire la mente per evitare quei momenti.
Come mai avete scelto Povera Patria, per la serata delle cover?
Lorenzo: Perché ci rappresenta, esattamente come Musica leggerisima.
Antonio: Perché inserita in questo preciso contesto storico ha una valenza ancora più potente di quando è stata scritta. Battiato poi è un artista che amiamo particolarmente.
Guardavate Sanremo?
Lorenzo: Io da piccolo, a casa dei miei i nonni. Da adolescente ho avuto il rifiuto di tutto ciò che era la musica italiana. Ho scoperto il punk e altri suoni. Ma ricordo i Quintorigo, furono un gruppo deviante per Sanremo. O anche i Bluevertigo e i Subsonica. Ero affascinato dalla parte alternativa, anche se era la quota più piccola.
Antonio: Lo guardavo, sempre. Portava la musica in provincia, soprattutto negli anni 90, arrivavano artisti che non sarebbero mai arrivati in altro modo. I Blur li ho viti a Sanremo nel ’95. E poi portava storie che per un ragazzo della provincia di Palermo erano importanti.
Collezionate qualcosa?
Lorenzo: I dischi. Tra cd e vinile ne ho 4000, sparsi tra la casa di mio fratello e altre.
Antonio: Io non so collezionare. Avevo anche iniziato a portare dai viaggi le palle di neve… Ne avrò comprate due.
Sanremo senza feste e cene, un peccato o salutisti?
Lorenzo: Sembra fatto per noi, siamo salutisti. Andiamo a letto presto, con le tisane.
Antonio: Anche senza pandemia non avremmo fatto grandi serate. Non abbiamo più vent’anni dobbiamo prepararci a quelle giornate di interviste e live.
Vi sentite consapevoli di qualcosa?
Antonio: La consapevolezza del “qui e ora”. Dovremmo impararla da bambini, stare nel momento presente senza pensare al futuro.