Quante volte, a fine giornata, ti sei sentita spompata e arrabbiata con il partner perché ti senti addosso quasi tutto il peso – fisico e mentale – della famiglia? E i cambiamenti radicali imposti dal Coronavirus possono non aver mutato questa sensazione. Come osserva il Washington Post, infatti, il carico più pesante della pandemia sta ricadendo sulle donne: fanno il bucato, puliscono casa, cucinano, aiutano i figli a fare i compiti. Alcuni sociologi, però, hanno iniziato a chiedersi se gli uomini useranno il tempo extra da passare tra le mura domestiche per farsi avanti e diventare più propositivi nella spartizione delle incombenze.
Eve Rodsky, madre, moglie e donna in carriera, ancor prima che il Covid-19 stravolgesse le vite di tutti, aveva trovato il modo per far collaborare il suo compagno, rendendo la gestione famigliare più equilibrata. Lo racconta nel libro da poco uscito in Italia Come ho convinto mio marito a lavare i piatti, edito da Vallardi. Il sottotitolo sembra la promessa di un Eldorado: Il metodo che risolve per sempre la divisione dei lavori domestici e riporta la gioia in famiglia.
L’esperienza di Eve
Eve Rodsky, consulente aziendale di Los Angeles, pur avendo accanto un marito istruito, educato e rispettoso, alcuni anni fa si è resa conto che il suo matrimonio, contro ogni previsione, stava andando male: il suo Seth aveva cominciato a dare per scontato che fosse lei a occuparsi di tutto. Risultato? Vita di coppia al collasso tra recriminazioni, litigi e frustrazioni. A quel punto, ha contattato prima le amiche, poi centinaia di donne che vivevano situazioni simili alla sua, e ha buttato giù liste, elaborato statistiche, fatto calcoli e creato un metodo: il metodo Fair Play, che punta a creare maggiore efficienza, equità e armonia in casa.
Eve è arrivata alla consapevolezza che qualcosa doveva assolutamente cambiare nell’organizzazione domestica dopo che, appena nato il primo dei tre figli, si è accorta di essersi «trasformata – come scrive nel libro – nel genitore di default (o, per meglio dire, in quanto donna, nel genitore dato per scontato e predefinito)». Era diventata una “moglie single“, termine coniato dalla psicologa Sherry L. Blake per descrivere donne che hanno una relazione stabile ma che fanno la parte della leonessa per quanto riguarda le responsabilità famigliari.
Un po’ come succede anche nel film recente Figli con Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea, lui usciva per andare al lavoro e lei passava le successive otto ore a bollire biberon, lavare i piatti, piegare il bucato, comprare ciò che serviva al bambino, andare al negozio di alimentari, ritirare ricette mediche, fare da mangiare, riordinare, prendersi cura del figlio. E quando lui tornava dall’ufficio e provava a chiedere cosa potesse fare, lei non era in grado di articolare ciò di cui aveva bisogno. «Di solito replicavo stizzita: “Non lo so. Fai qualcosa!”». Seth si sforzava di dare una mano ma riceveva rimbrotti e finiva per lasciar perdere, dicendo: “Non ne faccio bene una”.
Il grosso fardello sulle spalle delle donne
Anche quando Eve ha ripreso il lavoro, pur lavorando entrambi, era sempre lei a sostenere quasi tutte le pratiche famigliari. Arrivava alla sera stremata. Eppure, quando cercava di chiedersi cosa avesse fatto tutto il giorno, non era più capace di rispondere alla domanda. Aveva perso il controllo sul suo tempo.
«Perché la nostra lista di cose da fare sembra non esaurirsi mai?», si chiede in un capitolo del libro. E perché, poi, pur avendo grossi problemi a fare tutto, tutte abbiamo difficoltà a identificare cosa esattamente facciamo? Eve trova la risposta nelle definizioni introdotte dalle sociologhe Arlene Kaplan Daniels e Arlie Hochschild. Loro parlano di “lavoro invisibile“, ovvero tutto ciò che si svolge dietro le quinte e permette alla casa, e alla famiglia, di funzionare senza intoppi, anche se di rado viene riconosciuto o apprezzato. Ad esempio? Non rimanere mai senza carta igienica.
E poi, nel pesante fardello portato dalle donne c’è il “carico mentale“: «l’interminabile lista di cose da fare per la tua famiglia che hai sempre in mente. Pur non essendo fisicamente sfiancante, avere il cervello sempre in attività è senza dubbio faticoso». Può causare stress, affaticamento e smemoratezza. E ti fa «allontanare dalle passioni e dagli scopi che ti rendevano unica e speciale».
Chi lavora, poi, ha irrimediabilmente a che fare con il “secondo turno“, cioè il lavoro casalingo svolto prima di andare al lavoro e, spesso, per diverse ore dopo il ritorno a casa. «È un turno non retribuito, che comincia presto e finisce tardi, e non puoi permetterti di perderlo».
Infine, l’impegno più estenuante a volte può essere la “manovalanza emotiva“, tutti quei compiti legati alla “manutenzione dei rapporti” e alla “gestione delle emozioni”: chiamare i suoceri, inviare biglietti di ringraziamento, comprare regali per le maestre, sedare i capricci.
In cosa consiste il metodo Fair Play
La soluzione a tutto ciò? Eve ha ideato un gioco di carte per coppie, Fair Play, adatto a famiglie allargate, coppie etero o omogenitoriali. Le regole sono semplici ma da rispettare, con rigore.
C’è un mazzo di 100 “carte” che rappresentano tutti i compiti invisibili che permettono a una famiglia di funzionare (si possono scaricare dal sito fairplaylife.com). Sono attività che suddividono con precisione l’ecosistema famigliare. Un esempio? Le carte del “set Casa” includono il bucato, la spazzatura, le liste della spesa e altre cosiddette “Rogne quotidiane”. Le carte del “set Cure” hanno attività come spannolinamento, cura degli animali domestici, faccende di casa, la messa a letto dei piccoli. Nelle carte del “set Magia” è contenuto tutto ciò che riguarda legami famigliari o sentimentali e cura delle relazioni: feste di compleanno, consolazione notturna, la monetina per la fatina dei denti.
Lo scopo del gioco? Sedersi a tavolino con la propria metà e suddividere le attività in modo equo, promuovendo un cambiamento sostenibile e concreto. Il che non significa per forza 50 e 50. Anzi, alcune carte si possono eliminare perché non indispensabili per il funzionamento del proprio ecosistema domestico: ed è proprio dialogando, con lucidità e comunità di intenti, che lo si può scoprire (ad esempio, è fondamentale partecipare a tutti, proprio tutti, i compleanni dei compagni di scuola del figlio?). Così si guadagna tempo prezioso.
La regola, però, è la sigla CPE, ovvero Concezione, Pianificazione ed Esecuzione. Ad esempio, chi prende la carta “Pasti (cena nei giorni feriali)”, non deve limitarsi a cucinare, ma prima deve programmare cosa si mangia e poi, se necessario, aggiungere gli ingredienti alla lista della spesa. E così potrebbe decadere lo status di Master Chef di molti mariti.
Perché il partner dovrebbe accettare di giocare e di alleviare il fardello del coniuge? Perché ne vale la pena, secondo Eve: così si lasciano andare frustrazioni e risentimenti inflitti a vicenda, rappresaglie, l’abitudine di litigare di continuo su “chi dovrebbe fare cosa”. E migliorerebbe l’efficienza domestica.
C’è un altro punto fondamentale nel Fair Play: sia moglie che marito devono riappropriarsi del personale “Regno dell’Unicorno” (che prevede infatti una carta per ciascun partecipante): si tratta del tempo e dello spazio per coltivare i doni e gli interessi che ci rendono unicamente noi stessi e guidano le nostre passioni. Darà uno scopo alla vita che non sarà limitato al rapporto di coppia o ai figli.
Le faccende domestiche ai tempi del Coronavirus
Intanto, mentre il Coronavirus stringe la morsa e ci fa barricare nelle nostre abitazioni, con le scuole chiuse, le mamme si sentono sempre più sopraffatte: non ci sono più pause, si è madri 24 ore su 24, c’è da aiutare i bambini con i compiti, limitargli l’esposizione alle notizie, far sembrare la vita il più possibile normale; e poi disinfettare casa, fare scorte, lo smartworking…
Ecco, la pandemia può essere l’occasione perché si ricalibrino certe asimmetrie domestiche. Perché tra una videoconferenza e una riunione via Hangouts Meet, i mariti siano più coinvolti nella quotidianità dei figli e nelle questioni di casa.
Gli uomini di oggi sono più attenti al ménage famigliare rispetto alle generazioni precedenti, ma le responsabilità di casa continuano a essere per lo più sulle spalle delle donne. Secondo l’International Labour Organization, le donne, a livello globale, svolgono il 76,2% di tutto il lavoro di cura domestica non retribuito (dati del 2018). E in Italia una donna trascorre 305 minuti al giorno (circa 5 ore) dietro a mansioni domestiche gratuite. Gli uomini? 108 minuti (meno di 2 ore).
Che si giochi a Fair Play o si adotti un’altra strategia, sempre fondata sul dialogo, che la ridistribuzione delle faccende abbia inizio!